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Cop28

Come il cambiamento climatico ci cambierà

Il cambiamento climatico è una minaccia da prendere sul serio. "Occorre mettere in atto strategie per il contenimento della produzione dei gas serra (in particolare della anidride carbonica) e per mitigare l’impatto delle attività umane sul nostro ecosistema. E farlo al più presto". L'appello di Luca Longo, blogger di Start Magazine

Chiariamo subito una cosa: il clima della Terra è cambiato diverse volte nel corso della sua storia…

Sappiamo che negli ultimi 650.000 anni ci sono stati sette cicli di grandi glaciazioni separati fra loro da periodi caldi in cui i ghiacciai si ritiravano. Queste alternanze fra glaciazioni e periodi interglaciali sono state provocate soprattutto da piccole variazioni della quantità di luce solare che colpiva il pianeta, causate a loro volta da minuscoli mutamenti nella sua orbita. Alcune oscillazioni termiche di periodo più breve sono state provocate da periodi di intensa attività solare evidenziata dalle macchie solari, altre volte, la temperatura globale è diminuita a causa dell’immissione di grandi quantità di polveri finissime negli strati alti dell’atmosfera. Queste sono state prodotte da ceneri eruttate dai vulcani che hanno bloccato la luce solare rimanendo poi in sospensione per diversi anni prima di precipitare di nuovo a terra.

Ogni oscillazione ciclica fra climi estremamente rigidi e climi caldi è sempre durata decine di migliaia di anni. Così, tutti gli ecosistemi sono riusciti facilmente a compensare la lentissima variazione di temperatura o migrando lentamente verso aree più temperate oppure riconquistando altrettanto lentamente territori prima inaccessibili a causa delle basse temperature.

Poi, circa settemila anni fa, è terminata l’ultima Era Glaciale ed è iniziato il ciclo climatico attuale.

UN RAPIDO AUMENTO DI TEMPERATURE

Dopo alcuni millenni di clima abbastanza costante, il riscaldamento globale a partire dalla metà del XIX secolo ha assunto caratteristiche completamente diverse. Questa volta, secondo l’Istituto Goddard della Nasa, l’evento è stato rapidissimo: 0,98 gradi centigradi solo dal 1880 al 2019. E non cresce solo la temperatura media di terre e oceani ma anche la velocità con cui questa si alza: negli ultimi tempi, registriamo aumenti di temperatura di 0,3 C ogni dieci anni e ogni anno, praticamente ovunque, si registrano i mesi più caldi nella storia.

Questi dati sono accettati dall’intera comunità scientifica internazionale e sono verificati attraverso il carotaggio di ghiacciai perenni, dall’analisi degli anelli di accrescimento di piante secolari o di barriere coralline altrettanto antiche oltre che, negli ultimi 200 anni, da misurazioni dirette.

Mentre in tutta la storia del Pianeta, le oscillazioni termiche avevano origini naturali e si estendevano su periodi enormi su scala umana, l’innalzamento della temperatura che stiamo vivendo ora è iniziato solo 100-150 anni fa ed è molto più rapido. Stavolta, però, la colpa è delle civiltà umane. L’industrializzazione, l’urbanizzazione, l’intensificarsi dei commerci su lunghe distanze, l’agricoltura intensiva e l’aumento del benessere nei Paesi più evoluti hanno richiesto e richiedono enormi quantità di energia. Questa è stata ricavata soprattutto estraendo e bruciando combustibili fossili liberando una grande quantità di anidride carbonica in poco più di un secolo e mezzo: la stessa quantità che era stata sottratta al ciclo della vita e che si era accumulata nel sottosuolo in centinaia di milioni di anni a partire dal Paleozoico.

UNA MINACCIA CONCRETA

Quindi stiamo parlando di un aumento della temperatura di un grado in un secolo e molti si chiederanno quale sia il problema.

Purtroppo non è un aumento trascurabile. Anche se un grado centigrado in più sembra poca cosa, variazioni anche impercettibili alla temperatura media globale possono provocare enormi squilibri nell’ambiente. Nella storia della Terra, diminuzioni di temperatura comprese fra soli 5 e 9 centigradi hanno provocato le più rigide ere glaciali e coperto il continente europeo e nordamericano con ghiacciai alti fino a un migliaio di metri.

Allo stesso modo, secondo la maggiore autorità internazionale sul cambiamento climatico riconosciuta dai governi di tutto il mondo, il gruppo Intergovernmental Panel on Climate Change, (IPCC), l’aumento della temperatura media provoca lo scioglimento di 3 mm di ghiaccio all’anno, compreso l’Artico – ma se ne è sciolto mezzo millimetro solo nel caldissimo mese di luglio 2019.Questo porterà a un innalzamento delle acque compreso fra mezzo metro ed un metro entro la fine del secolo.

Ma lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe provocare danni non ancora facilmente quantificabili. Le terre non più coperte dalla massa di ghiaccio si solleveranno provocando frane e terremoti, mentre lo scioglimento del permafrost oceanico e la liberazione degli idrati di gas intrappolati lì sotto potranno aumentare la frequenza di tsunami.

Il permafrost copre solo il 9% del suolo terrestre, ma al suo interno sono intrappolati dal 25% al 50% dell’intera quantità di carbonio accumulato in tutta la crosta terrestre. Gli idrati di gas che verranno liberati sono costituiti da grandi quantità di anidride carbonica e da metano. Ma quest’ultimo ha un impatto sull’effetto serra ottanta volte maggiore della CO2 su un periodo di venti anni.

Mentre la comunità scientifica non ha dubbi sull’esistenza del cambiamento climatico e sulle sue cause, le previsioni sugli effetti variano molto. Ma nessuna di queste previsioni è positiva.

Il cambiamento climatico in atto provoca già sia un aumento della frequenza di periodi di grande siccità alternati ad altri di intensa piovosità. Ondate di calore e cicloni stanno aumentando sia come frequenza che come intensità.

Si prevede che la maggior parte degli ecosistemi sarà influenzata sia dall’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera che dall’aumento della temperatura. Mentre piante e animali stanno migrando verso i poli e verso le montagne, in pianura e nelle zone equatoriali e tropicali si vanno espandendo i deserti.

Negli oceani le cose non vanno meglio, l’aumento della CO2 disciolta nelle acque ne aumenta l’acidità danneggiando barriere coralline, il plancton (che sta alla base di intere catene alimentari) e le grandi colonie di pesci.

E NOI?

Anche le società umane saranno fortemente influenzate dal cambiamento climatico in atto; specialmente quelle a basse latitudini e con un minor tasso di sviluppo. Le infrastrutture vitali e gli insediamenti realizzati in isole, zone costiere e delta di fiumi (proprio dove si trovano i più grandi insediamenti) potranno essere gravemente compromesse dall’aumento del livello delle acque, dalla diminuzione delle aree coltivabili e dalla maggiore scarsità di pesci e animali, provocando, di conseguenza, forti ondate migratorie. Questo provocherà migrazioni di popolazioni senzatetto che si riverseranno nelle aree meno colpite entrando in competizione sociale con le popolazioni autoctone più ricche.

Anche per queste ultime, quindi, il cambiamento climatico avrà forti ripercussioni. Ad esempio, su Nature nel 2019, scienziati del Centro Ricerche Ambientali di Lancaster (UK) hanno quantificato il danno per l’economia mondiale causato dallo scioglimento dei ghiacciai arrivando a indicare la cifra di 70 mila miliardi di $. Per confronto, il prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti nel 2019 è stato 21 mila miliardi di $, quello dell’Unione Europea 19 e quello della Cina 14.

Lo sconvolgimento degli ecosistemi diminuirà la disponibilità di cibo (colture, animali e pesci) così come la quantità di acque potabili utilizzabili. Ed è facilmente prevedibile che questo innescherà competizioni violente per accaparrarsi le risorse ancora disponibili fra le popolazioni che sopravviveranno all’aumento delle epidemie diffuse da roditori, zanzare ed acari.

Nel 2014, una meta-analisi basata sulla combinazione di 56 studi scientifici ha portato a stimare che l’aumento dei conflitti sociali e delle azioni violente per accaparrarsi le risorse ancora disponibili aumenteranno del 20% per ogni innalzamento di 1 grado di temperatura.

E non possiamo nemmeno sperare che il disastro umanitario provocato dalla pandemia COVID-19 ci poterà almeno un beneficio a lungo termine rallentando il riscaldamento globale. L’economia di tutto il mondo ha subito una brusca frenata per buona parte del 2020, ma la struttura economica di tutti i Paesi coinvolti è rimasta inalterata e dovrà presto recuperare il terreno perduto rimettendo in moto tutte le risorse energetiche tenute a freno nei primi mesi dell’anno.

Per evitare che questi scenari catastrofici degni dei migliori distaster movies si avverino, occorre mettere in atto strategie per il contenimento della produzione dei gas serra (in particolare della anidride carbonica) e per mitigare l’impatto delle attività umane sul nostro ecosistema. E farlo al più presto.

(Una sintesi dell’articolo è stata pubblicata su Eni.com)

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