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gas russo

Come finirà la vertenza fra Ue e Gazprom?

Perché è in corso una vertenza fra Commissione Ue e Gazprom. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

 

Il gruppo russo Gazprom è il maggiore fornitore di gas dell’Unione europea, con il 40 per cento del totale. A metà luglio, nel giro di pochi giorni, ha ridotto di due terzi le forniture, come dimostrano i tabulati del punto di arrivo in Germania del Nord Stream 1. Il prezzo del gas è così salito alle stelle. Sul mercato spot, complice la speculazione, nel giro di un mese si è passati dai 20 euro per megawattora di aprile a oltre 70 euro. Nei contratti per la consegna a novembre, il prezzo è salito del 23% rispetto al mese prima, arrivando a 117 euro per megawattora, il 400% in più rispetto all’inizio dell’anno. Di conseguenza, secondo l’Arera (Agenzia di regolazione per l’energia), in Italia le bollette sono aumentate del 29,8% per la luce e del 14,4% per il gas, incrementi mitigati da un intervento del governo, senza il quale gli aumenti sarebbero stati del 45 e del 30 per cento.

Di fronte a questo scenario, dove la manipolazione del prezzo del gas è stata palese, ci sono voluti tre mesi perché l’Antitrust Ue si svegliasse e facesse il suo dovere, sia pure con molta cautela. La commissaria Ue per l’Energia, Kadri Simson, lettone, durante il vertice Ue dei ministri dell’energia di martedì scorso, ha annunciato che «la polizia dell’Antitrust Ue ha iniziato a raccogliere le prove necessarie per dimostrare che l’impennata del presso del gas possa essere attribuita alle attività illegali da parte di uno dei principali fornitori dell’Europa». La Simson, con una cautela a dir poco singolare, si è ben guardata dal citare Gazprom, limitandosi a dire che l’inchiesta è partita con l’invio di questionari agli operatori del settore, così da verificare l’eventuale abuso di posizione dominante, sanzionabile con una multa fino al 10% del fatturato.

L’avvio dell’inchiesta è dovuto soprattutto all’insistenza della Polonia, che da anni accusa Gazprom di manipolare il mercato europeo del gas. Una protesta, quella polacca, iniziata nel 2011 contro il primo gasdotto Nord Stream, e intensificata contro il Nord Stream 2 per un evidente interesse nazionale: il gruppo Gazprom, controllato da Vladimir Putin, ora può rifornire la Germania e l’Europa con ben due gasdotti, senza più servirsi di quelli in Polonia e Ucraina, paesi che ne traevano benefici in forniture e royalties. Questa perdita, secondo gli accordi stipulati da Angela Merkel con Putin per il completamento del Nord Stream 2, dovranno essere compensate in parte da Mosca, con il versamento a rate di alcuni miliardi di euro ai governi di Polonia e Ucraina. Un impegno russo tutto da verificare. La mediazione tedesca, in ogni caso, non sembra avere fermato il contenzioso del governo polacco, guidato da Mateus Morawiecki, memore di una precedente delusione, causata dall’Antitrust Ue.

Riavvolgiamo il film. Il 4 ottobre 2013 l’allora commissario Ue per l’Antitrust, Joaquin Almunia, parlando a Vilnius, confermò che era in corso, dall’anno prima, una procedura d’infrazione contro Gazprom per ripetute violazioni delle leggi comunitarie sulla concorrenza, che, se confermate, avrebbero comportato una sanzione di 11 miliardi di euro, pari al 10% del fatturato di Gazprom (109 miliardi di euro all’epoca). Le violazioni contestate riguardavano Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, paesi nei quali il gruppo Gazprom, stando alle accuse, tramite contratti illegali, aveva separato i mercati, ostacolando il libero flusso del gas tra gli Stati e impedito la diversificazione delle forniture con il divieto di rivendere il gas russo ad altri paesi, imponendo per giunta prezzi legati solo al petrolio, giudicati iniqui. Un classico abuso di posizione dominante.

Risultato? Dopo anni di negoziati con Bruxelles, nel maggio 2018 finì tutto a tarallucci e vino: Gazprom evitò sia la condanna che la multa, stipulando un accordo con la Commissione Ue in cui riconobbe a Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia e Bulgaria il diritto di chiedere un prezzo del gas in linea con quelli di Germania e Paesi Bassi. Inoltre, sottoscrisse alcuni impegni: eliminazione degli ostacoli al libero flusso del gas fra Stati e stop al divieto di rivendere il gas a livello transfrontaliero. Un accordo che non fu affatto gradito da Polonia e Lituania, che chiedevano di applicare a Gazprom lo stesso trattamento antitrust già usato contro le multinazionali Usa del web, quali Apple e Google, con multe salate.

Con un simile precedente, nessuno si azzarda a fare previsioni su come andrà a finire la nuova vertenza tra l’Antitrust Ue e Gazprom. Gli accusatori hanno buon gioco nel sostenere che Putin sta usando il gas come arma geopolitica, soprattutto quando ammette che i flussi dalla Russia potrebbero aumentare in modo significativo se la Germania e l’Unione europea rilasciassero in tempi rapidi l’autorizzazione ad operare per il Nord Stream 2, tuttora bloccato dai controlli burocratici. E limitare le forniture di gas, facendo aumentare il prezzo, costituisce un abuso tipico di posizione dominante.

La difesa di Gazprom si basa su due considerazioni. Le sue forniture sono inferiori agli anni precedenti perché deve ancora completare lo stoccaggio domestico. Inoltre, accusa i paesi Ue di miopia: l’anno scorso, quando i prezzi del gas erano bassi, non ne hanno approfittato per sottoscrivere con Gazprom contratti a lungo termine, riducendo così le forniture di gas russo. Mentre ora, con i prezzi al top, vorrebbero vedere Gazprom offrire maggiori forniture, per abbassare i prezzi sul mercato spot, che è speculativo. «Ma questo non siamo obbligati a farlo», dicono i russi, giocando sulle tipologie contrattuali. Di certo, la querelle con l’Antitrust Ue non sarà breve.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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