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Berlino

Come e perché Merkel non molla sul Nord Stream 2

Che cosa si dice in Germania sul Nord Stream 2. L’analisi di Pierluigi Mennitti

Si annuncia un mese di giugno intenso per le questioni strategiche che corrono lungo l’asse centro-orientale europeo. Attorno al vertice Biden-Putin confermato per il 16 a Ginevra ruoterà anche l’incontro tra il presidente americano e Angela Merkel, che vedrà al centro dei colloqui la questione di Nord Stream 2. Non un vertice vero e proprio, ma un faccia a faccia a margine di due appuntamenti cui i due leader parteciperanno: il vertice del G7 a Londra o quello della Nato a Bruxelles.

In quell’occasione, ha detto la cancelliera al termine del Consiglio europeo, c’è la disponibilità di Berlino a tentare una comunicazione diretta con il governo statunitense sul raddoppio del gasdotto del Baltico: “Ci saranno sicuramente ancora discussioni e colloqui con l’America sul Nord Stream 2”, ha detto testualmente la cancelliera, aggiungendo di “essere compiaciuta” del passo compiuto dal presidente Biden di rinunciare a punire la società costruttrice del secondo tubo del gasdotto (la Nord Stream 2 AG, controllata di Gazprom con sede in Svizzera) e il suo amministratore delegato tedesco, Matthias Warnig.

Le dichiarazioni di Merkel indicano tuttavia chiaramente che la Germania non ha alcuna intenzione di rinunciare al progetto, cosa che sarebbe economicamente disastrosa per lei più che per la Russia. Innanzitutto la cancelliera ritiene un atto dovuto e non un favore americano la rinuncia ad estendere le sanzioni economiche alla società costruttrice e al suo Ceo. Le sanzioni extraterritoriali, che come nel caso di Nord Stream 2 per colpire la Russia intendono dissuadere partner economici sotto la giurisdizione dell’Ue dall’impegnarsi nella realizzazione del progetto, sono sempre state criticate da Bruxelles e giudicate “inaccettabili” dalla Germania. Merkel lo ha ripetuto ancora questa volta, sono misure inammissibili nei confronti di Paesi alleati e attaccano la sovranità europea.

Quella che a livello internazionale è stata considerata una mano tesa di Biden a Berlino, Merkel la considera una correzione scontata, sebbene sia già costata una levata di scudi da parte dei deputati repubblicani a Washington.

Di più, la cancelliera ha fatto esplicito riferimento a una dettagliata relazione preparatoria dell’alto rappresentante Ue per la politica estera Joseph Borrell, presentata proprio nel summit appena concluso, secondo cui in tema di sicurezza energetica l’Europa non soffre alcuna dipendenza unilaterale dalla Russia. “Naturalmente ci sono robusti legami energetici con Mosca”, ha aggiunto Merkel, “ma questi ci sono sempre stati anche nell’era della guerra fredda e personalmente credo che quel che era possibile durante la guerra fredda debba essere possibile anche oggi”.

È la posizione tedesca ribadita cento e cento volte nel corso di questi anni: il Nord Stream 2 non è un progetto con valenza politica ma economica, Mosca è un fornitore affidabile, rapporti in campo energetico sono stati creati e rispettati anche in un periodo in cui la Russia era l’Unione Sovietica e il mondo diviso in due blocchi ideologicamente contrapposti. Da qualche tempo i tedeschi (politici e stampa) rilevano anche come negli ultimi tempi gli stessi Stati Uniti abbiano aumentato le forniture di petrolio dalla Russia e dunque non si capisce perché quel che è permesso a Washington non debba essere permesso all’Europa (i tedeschi amano sempre diluire i propri interessi nazionali in una dimensione europea, anche in questa vicenda, nella quale in realtà l’Europa stessa è divisa e i Paesi dell’area centro-orientale sono fortemente contrari).

Sarà dunque curioso capire quali siano i margini di trattativa che la cancelliera ha detto di voler offrire a Washington. Analisti Usa in Germania, ascoltati dal quotidiano economico Handelsblatt, ritengono che se non si vuole finire in un vicolo cieco, che non gioverebbe neppure a Berlino e rischierebbe di minare sul nascere i tentativi di riallineamento transatlantici della nuova amministrazione Usa, Merkel dovrà offrire a Biden qualche carta credibile e spendibile nella polemica interna con i deputati repubblicani, ma anche con quelli del suo stesso partito. L’opposizione parlamentare al Nord Stream 2 salda negli Usa democratici e repubblicani e non è impossibile che i due fronti tornino compatti e varino una nuova legge sulle sanzioni con potere di veto: i danni per i rapporti tedesco-americani sarebbero immensi.

Nei mesi scorsi si è avanzata l’ipotesi di introdurre nei contratti una sorta di meccanismo di blocco, che permetterebbe di sospendere i rifornimenti in caso di aggressione politica o economica della Russia ai suoi vicini. Ne aveva parlato il ministro degli Esteri Heiko Maas. Uno strumento di tutela dell’Ucraina, economicamente danneggiata dal raddoppio del gasdotto baltico, ma anche un meccanismo difficile da introdurre in un contratto e comunque passibile di future e continue controversie politiche. Chi giudicherebbe un’azione di Mosca come aggressione? Già oggi le speculazioni su un ruolo russo nell’azione di intelligence dei servizi segreti bielorussi contro il volo di Ryanair lasciano intendere l’incertezza che creerebbe una tale soluzione.

C’è sul tappeto anche una “soluzione Merz”, prospettata qualche mese fa dal politico Cdu più inviso alla cancelliera (ma oggi entrato nel team elettorale di Armin Laschet, il candidato alla cancelleria e presidente del partito che lo ha sconfitto nell’ultimo congresso). Una soluzione che parte dal riconoscimento di un errore politico della Germania sul gasdotto, ma anche dall’impossibilità economica di liquidarlo (anche perché si tratta di un progetto di privati). E che giunge alla proposta di una moratoria di due anni sull’apertura del gasdotto da concordare con Russia, Usa e Polonia: 24 mesi di tempo per tornare a discutere, valutare il quadro delle risorse energetiche necessarie, capire come uscire fuori dallo stallo. Insomma spegnere il cerino prima che infiammi definitivamente i rapporti e provare a riaccenderlo, se sarà necessario, in una diversa cornice geopolitica.

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