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Chi sfiderà la Cina sulle terre rare

Il monopolio della Cina sulle terre rare costituisce un serio problema di sicurezza, ma emanciparsi dal Dragone e non è una cosa semplice. L'analisi di Giovanni Brussato per Rivista Energia.

È ormai noto alle cronache che la Cina detiene un monopolio sulle ‘terre rare’, Rare Earth Elements (REE), elementi definiti anche ‘vitamine industriali’ perché insostituibili in molti ambiti strategici.

In realtà, non tutte le terre rare rivestono la stessa importanza, e non sono nemmeno così rare: sono semplicemente complesse da separare per ottenere dei prodotti commerciali poiché, non essendo metalli puri, si trovano in basse concentrazioni nelle rocce.

Con una produzione annua di poco superiore a 150.000 ton, il giro d’affari delle terre rare impiegate nei settori hi-tech e degli armamenti raggiunge cifre pari a qualche miliardo di dollari.

Tra questi 17 elementi, solo alcuni rivestono un ruolo centrale nelle tecnologie verdi, in particolare neodimio (Nd), praseodimio (Pr), terbio (Tb) e disprosio (Dy), altrimenti noti come ‘terre rare magnetiche’. Non è infatti possibile costruire una turbina eolica senza magneti permanenti in neodimio-ferro-boro (NdFeB).

La Cina produce oltre l’85% dei magneti che entrano nelle turbine eoliche, comprese quelle dei suoi concorrenti. Per capire le ragioni del monopolio cinese e ipotizzare eventuali strategie di approvvigionamento indipendenti per UE e USA, è necessario analizzare distintamente due aspetti: l’attuale catena del valore e i brevetti relativi agli utilizzi di questi metalli e leghe.

LA SUPPLY CHAIN DELLE TERRE RARE

La catena del valore delle terre rare si può condensare in tre parti:

(I) estrazione e produzione dei concentrati;
(III) separazione e conversione in metalli e leghe;
(III) realizzazione in prevalenza manifatturiera di prodotti commerciali (es. magneti permanenti).

Nella prima parte, dopo la frantumazione del minerale grezzo, solitamente con una percentuale inferiore al 10% TREO (total rare earth oxides), si passa ai processi di arricchimento per rimuovere i minerali di ganga, producendo un concentrato oggetto di ulteriori trattamenti.

In questa fase la percentuale passa al 40-70% REO (rare earth oxide basis) ma il suo valore commerciale è ancora limitato: sensibilmente inferiore a 10.000 euro/ton. Questo è dovuto al fatto che gli ossidi non sono ancora stati separati e pertanto sono presenti anche elementi con un limitato valore commerciale. Oggi molti impianti estrattivi nel mondo, come quello storico di Mountain Pass, devono inviare il minerale a questo stadio in Cina perché venga completata la produzione.

La seconda parte inizia con la separazione degli ossidi al fine di ottenere ossidi puri al 99,9%, dove per elementi come il neodimio il valore passa a oltre 37.000 euro/ton e si completa con la produzione di polveri metalliche, metalli, come lantanio e neodimio, o leghe come neodimio-praseodimio-ferro-boro (NdPrFeB).

Questa fase è oggi completamente controllata dalla Cina, che sostiene la ricerca in questo ambito con massicce sovvenzioni governative. È da questa fase che derivano quelle polveri utilizzate nella fabbricazione di oggetti mediante sinterizzazione, un processo che rispetto alla metallurgia tradizionale consente di ottenere leghe che diversamente segregherebbero durante la fusione.

LA GUERRA DEI BREVETTI

La Cina rilascia ogni anno più brevetti per la produzione e l’impiego di terre rare rispetto all’insieme degli altri paesi. Entro il 2021 avrà accumulato più brevetti di quanti il resto del mondo abbia mai rilasciato.

Le domande di brevetto sono un indicatore della spesa in ricerca e sviluppo e possono prefigurare i progressi incrementali e di prossima generazione nei prodotti derivati dalle terre rare della Cina.

Le applicazioni brevettate dalla Cina coprono ormai i più svariati ambiti di utilizzo: dalle formulazioni che consentono di abbassare il contenuto di elementi delle terre rare mantenendo la medesima potenza magnetica dei suoi prodotti, alle leghe di magnesio dove l’aggiunta di elementi come lantanio, praseodimio, cerio e ittrio migliora in modo determinante la loro duttilità e resistenza alle alte temperature.

Queste leghe, oltre ad essere facili da riciclare, sono fino a un terzo più leggere di quelle di alluminio e con la loro resistenza alle vibrazioni e alle radiazioni elettromagnetiche trovano uso in applicazioni aerospaziali, nelle auto, nelle attrezzature ferroviarie, in telefoni cellulari e computer.

Non c’è dubbio che la Cina sia molto più avanti di chiunque altro al mondo in termini di proprietà intellettuale e conoscenza sulle terre rare, sia sul lato della lavorazione dei materiali che sulle applicazioni a valle, ma anche il Dragone ha la sua spina nel fianco: l’azienda giapponese Hitachi Metals.

Oggi, infatti, esistono due brevetti originali per produrre magneti NdFeB sinterizzati utili nell’industria eolica: uno di Hitachi Metals, l’altro detenuto dalla Neo Materials (Magnequench) di proprietà cinese, acquisito dalla General Motors.

La produzione giapponese rimane leader in termini di qualità del prodotto, anche se i produttori cinesi hanno rapidamente raggiunto i produttori giapponesi sin dal 2010, superandoli poi in capacità produttiva e costi di produzione, inferiori grazie all’efficienza della loro catena di approvvigionamento, minori costi energetici e di manodopera.

Il mondo ha tremato quando l’Hitachi Metals è stata messa in vendita, poiché tra i possibili acquirenti si è presentato Zhong Ke San Huan Hi-Tech di Pechino. La vendita al gruppo guidato da Bain Capital, che fa parte di un consorzio che comprende Japan Industrial Partners e Japan Industrial Solutions, ha allontanato la possibilità che la Cina conquistasse il monopolio assoluto per i magneti NdFeb.

Quanto all’attività produttiva, la Cina resta invece l’unico paese in grado di separare le terre rare pesanti.

L’investimento per la creazione di una catena di approvvigionamento alternativa a quella cinese per la produzione di magneti richiede un forte sforzo economico da parte di un gruppo di clienti che, con il supporto del governo, possano impegnarsi a un accordo di prelievo per un periodo medio lungo includendo un prezzo minimo garantito oltre al tempo necessario a completare l’assetto industriale.

È necessaria una catena integrata: le sei fasi del processo dalla materia prima all’ossido, dal metallo alla lega fino al magnete non devono essere in competizione economica tra loro perché questo potrebbe rendere insostenibile l’intera operazione.

(Estratto di un articolo pubblicato su Rivista Energia; qui la versione completa)

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