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Solare

Chi stronca la svolta verde in Germania

L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Lo shock provocato in tutta Europa dal forte aumento del prezzo del gas, con ricadute disastrose sull’inflazione e sull’andamento generale dell’economia, sta portando alla luce la profonda delusione di economisti e manager di fronte alla superficialità della cosiddetta transizione verde, voluta dall’Ue e assecondata, per amore o per forza, dai governi nazionali. Esemplari, in proposito, l’analisi con cui un autorevole economista tedesco, Heiner Flassbeck, stronca la svolta verde del nuovo governo della Germania, e l’intervista rilasciata a un gruppo di giornali europei da Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, gruppo dell’auto nato un anno fa dalla fusione di Fiat e Peugeot, con previsioni funeste per il ceto medio e il mercato dell’auto elettrica.

Flassbeck, 71 anni, docente all’università di Amburgo e fondatore di Macroskop, società che fornisce analisi e consulenze macroeconomiche, sostiene che «la transizione energetica tedesca, su cui è imperniato il programma della coalizione semaforo, non è credibile, cosa che i Verdi sanno molto bene». Il motivo? Sotto l’impulso ideologico dei Verdi, ricorda l’economista, il governo di Olaf Scholz ha deciso una transizione energetica basata in modo massiccio sul solare e sull’eolico: «Scholz e i Verdi sono convinti che la Germania debba solo mostrare come si fa, poi molti la seguiranno, così la Germania potrà vendere la sua tecnologia in tutto il mondo». Pura illusione, sostiene Flassbeck. È da venti anni che la Germania sta puntando sul solare e sull’eolico, ma il risultato è sconfortante: bastano giornate di poco vento e poco sole per avere la prova matematica che senza carbone, gas e nucleare l’intero paese resterebbe senza energia elettrica.

Attualmente, spiega l’economista, la Germania ha bisogno di 70 gigawatt di energia elettrica. Ma in un giorno di vento assente e senza sole, l’eolico e il solare «ne producono una frazione quasi trascurabile. E questo accade venti anni dopo che in Germania è iniziata la transizione energetica. Come si fa a dire a un paese in via di sviluppo che deve cambiare, quando in Germania non siamo stati in grado di raggiungere una vera svolta neanche dopo così tanto tempo?». Eppure, i lobbisti dell’eolico e del solare insistono, convinti che nel 2040 l’80 per cento dell’energia sarà fornita in Germania da fonti rinnovabili. Previsione che Flassbeck stronca di netto: «Nel 2040 la Germania avrà bisogno di molta più energia di oggi, circa 100 gigawatt. Ma in un giorno senza sole e senza vento, anche la capacità massima di approvvigionamento dell’eolico e del solare serviranno a ben poco: in giornate simili, verranno a mancare circa 80 gigawatt di elettricità, che equivalgono alla produzione di 40 grandi centrali nucleari, se esistessero. Ma oggi possiamo dire con certezza che non esisteranno nemmeno nel 2040».

Più avanti: «80 gigawatt non potranno essere importati da nessun altro paese, soprattutto se gli altri paesi seguiranno l’esempio tedesco, espandendo le rinnovabili». A sostegno della propria tesi, Flassbeck cita l’allarme lanciato da Leonhard Birnbaum, ceo di Eon: «Anche se in Germania venisse installato il triplo dell’energia eolica, in una settimana senza vento e senza sole non so come faremmo se non avessimo il carbone, il gas e il nucleare. Se il carbone e il nucleare venissero completamente eliminati dalla rete (come prevede il programma del governo semaforo; ndr), ci sarebbe un vuoto gigantesco da riempire, ovviamente con fonti che producano energia in modo affidabile». Conclude Flassbeck: «È incredibile che questi fatti e queste previsioni non vengano discussi in maniera più approfondita. Purtroppo, la politica è guidata più dai sentimenti che dal calcolo razionale».

Toni di delusione altrettanto forti si ravvisano nell’intervista di Carlos Tavares, 63 anni, ceo di Stellantis, uscita sul supplemento economico del Corriere della sera. Trova che la Commissione Ue abbia un approccio ragionevole alla transizione energetica? gli chiede Federico Fubini, ricordando che dal 2030 potranno essere vendute solo auto elettriche. Risposta: «Ovviamente rispettiamo le leggi, quindi combatteremo per essere i migliori con i fattori che ci vengono dati, o imposti. Ma l’elettrificazione è una tecnologia scelta dai politici, non dall’industria». Dunque, una scelta politica irragionevole, in quanto per Tavares «c’erano modi più economici e veloci di ridurre le emissioni».

Produrre un’auto elettrica, spiega il ceo di Stellantis, avrà costi più alti del 50% rispetto all’auto tradizionale. Questo comporterà dei rischi, sia sociali che industriali. Quanto ai primi, «rischiamo di perdere la classe media, la quale non potrà più comprare auto». Chiaro: chi ha stipendi da mille-1.500 euro al mese difficilmente potrà permettersi auto elettriche da 30 mila euro in su.

Poi c’è l’aspetto industriale: un aumento del 50% dei costi «comporta avere in cinque anni aumenti di produttività medi del 10% all’anno, mentre l’industria automobilistica, in particolare in Europa, raggiunge tra il 2 e il 3%». E passare dal 2-3% al 10% di produttività comporterà una sfida competitiva mortale: «Vedremo tra qualche anno quali produttori saranno sopravvissuti e quali no».

Per Tavares, gli incentivi pubblici per l’acquisto dell’auto elettrica dovrebbero essere mantenuti almeno fino al 2025. «Ma non credo che i governi potranno continuare a sovvenzionare la vendita dei veicoli elettrici ai livelli attuali, non è sostenibile dal punto di vista del bilancio. Quindi torniamo al rischio sociale. E la brutalità del cambiamento che lo crea». Una brutalità attribuita per intero a Bruxelles, dove la superficialità dell’ideologia verde ha prevalso sulla razionalità e sul buon senso.

 

Articolo pubblicato su italiaoggi.it

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