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Che cosa succederà all’ex Ilva

Novità, indiscrezioni e scenari su ex Ilva e Arcelor Mittal nel post di Giuseppe Sabella

Lunedì mattina è previsto un vertice tra governo, commissari Ilva, ArcelorMittal Italia e sindacati. C’è addirittura chi parla di una possibile penale da un miliardo da chiedere all’azienda nel caso in cui Mittal esplicitasse l’abbandono. Cosa sta succedendo a Taranto?

In realtà i problemi non sono solo nella città dei due mari ma anche sotto la lanterna, a Genova, dove la situazione è complicata, per via della cassa integrazione che ha raggiunto livelli molto alti: si è passati da una media di 800 lavoratori nel periodo luglio 2019-marzo 2020 ai 3.200 attuali, considerando anche che l’attuale picco è stato raggiunto superata l’emergenza sanitaria, cosa un po’ anomala.

Dal governo negano che ci sia il rischio di perdere Mittal e lunedì si dicono pronti a presentare dettagli del nuovo piano che, secondo accordo del 4 marzo, vedrà il pubblico – attraverso qualche società controllata – affiancare Mittal nella nuova struttura societaria che nascerà e che prevede, anche, di innovare la produzione attraverso forno elettrico e tecnologia DRI (gas).

La verità è che le perdite per Mittal, che prima del lockdown si attestavano attorno ai 2 mln di euro al giorno, sono aumentate. Secondo il Sole 24Ore, oggi ArcelorMittal Italia perde 100 mln di euro al mese. Consideriamo che, a livello mondiale, il primo trimestre 2020 per ArcelorMittal ha voluto dire una perdita netta di circa 1 miliardo di euro. Inevitabile che la contrazione economica prodotta dall’emergenza sanitaria comporterà una ridiscussione delle intese di massima – che, secondo accordi, a fine maggio andrebbero dettagliate da piano industriale – raggiunte il 4 marzo.

Per quanto sia inevitabile che le contrazione dell’economia si riverberino in modo drammatico sulle industrie di queste dimensioni e sui loro lavoratori, l’aver dato la possibilità a Mittal – attraverso la revoca dello scudo penale – di ridiscutere gli accordi e gli impegni presi a settembre 2018 è stato un grande errore: la multinazionale franco indiana ha da quel momento aperto una vertenza alla quale non si riesce a mettere la parola fine.

Secondo chi scrive, Mittal non cerca il disimpegno a tutti i costi: l’interesse per le Acciaierie Speciali di Terni ne conferma la volontà a restare in Italia. Taranto, del resto, è un sito strategico per una grande fabbrica e per il suo commercio, soprattutto per l’importante presenza dell’area portuale che collega la ex Ilva in particolare ai mercati dell’Africa e del Medio Oriente. Se pensiamo, inoltre, al fatto che livelli occupazionali di settembre 2018 e piano industriale erano piuttosto ottimistici – già lo si è visto nel 2019 – e che la contrazione economica attuale non può non condurre a problemi gestionali di questo tipo, la dinamica è chiara: Mittal vuole condizioni per sé vantaggiose.

Tuttavia, la debolezza di questo governo e la gestione sin qui molto complicata della vicenda – anche per le già richiamate scelte non felici – aprono a qualsiasi scenario.

 

Twitter: @sabella_thinkin

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