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Cosa ha causato il blackout in Spagna? Girotondo di analisti

Le cause del grande blackout in Spagna e Portogallo non sono ancora chiare: esclusa (pare) l'ipotesi dell'attacco hacker, gli analisti si concentrano sulle difficoltà di gestione delle rinnovabili per la rete elettrica.

Le cause del grande blackout che lunedì, verso le 12:30, ha interessato la Spagna e il Portogallo, non sono ancora chiare. Ree, l’azienda spagnola che gestisce la rete elettrica nazionale, ha escluso l’ipotesi di un attacco informatico, mentre il governo di Pedro Sanchez (che possiede circa il 20 per cento della società) non è stato altrettanto netto nella sua ricostruzione dell’accaduto.

Nell’attesa di capire con esattezza cosa sia successo e chi siano gli eventuali responsabili – si era parlato anche di un evento meteorologico, ma la congettura è stata poi scartata -, molti analisti hanno provato a dare delle spiegazioni.

Sappiamo che Ree ha identificato due episodi di perdita di generazione nella Spagna sudoccidentale, dovuti forse a dei guasti a degli impianti solari, che avrebbero reso instabile il sistema di trasmissione dell’elettricità e in qualche modo condotto al blackout: nel giro di cinque secondi il paese ha subìto una perdita di 15 gigawatt di generazione elettrica, ovvero il 60 per cento della domanda nazionale.

COSA C’ENTRANO LE RINNOVABILI CON IL BLACKOUT? L’ANALISI DI DURIGONI (BOCCONI/BICOCCA)…

Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente alle università Bocconi e Bicocca, ha detto al Corriere della Sera che “l’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili [come l’eolico e il solare, che dipendono dal meteo, ndr] rende i sistemi più complessi e più vulnerabili sia a eventi endogeni che esogeni. La loro integrazione nel sistema elettrico richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità”.

“Per la stabilità della rete”, ha aggiunto, “è cruciale avere anche una produzione programmabile, che possa aumentare o diminuire rapidamente la potenza in uscita per mantenere la frequenza entro certi limiti, come gli impianti a gas, l’idroelettrico e il nucleare. E il fatto che questi ultimi rappresentassero una piccola parte del mix ha contribuito a causare l’estensione del blackout e a ritardare la rimessa in funzione della rete”.

A detta di Durigoni, la colpa non è “direttamente” delle rinnovabili, però è necessario “saperle e poterle integrare nel mix di generazione”.

… E L’ANALISI DI TODESCHINI (KING’S COLLEGE)

Pare che, in prossimità del momento del blackout, il mix di generazione elettrico spagnolo fosse composto per quasi l’80 per cento da fonti rinnovabili intermittenti (dal 60 per cento di solare e dal 12 per cento di eolico, nello specifico); la quota del nucleare (una fonte pulita e stabile) era intorno all’11 per cento e quella del gas naturale (una fonte stabile ma emissiva) al 3 per cento. Si è ipotizzato che lo squilibrio tra fonti stabili e intermittenti possa aver portato al collasso della rete; il presidente di governo Sanchez, tuttavia, ha negato che il blackout sia stato causato da un eccesso di generazione fotovoltaica.

“Anche altre regioni, penso ad esempio alla California, hanno una produzione solare abbondante, ma non sono soggetti a questi eventi”, ha detto a Repubblica Grazia Todeschini, professoressa di Ingegneria elettrica al King’s College di Londra. “Se i due impianti scollegati hanno subito un guasto tecnico che si è propagato all’intera rete, destabilizzandola, bisognerebbe prima capirne la natura. Non è detto che sia legato al fatto che fossero impianti rinnovabili”.

IL TEMA DELL’INTERCONNESSIONE ELETTRICA: L’ANALISI DI DE LA PUENTE GIL (UNIVERSITÀ DI LEON)

Álvaro De La Puente Gil, professore di Ingegneria all’Università di Léon, ha invece evidenziato il problema delle scarse interconnessioni elettriche tra la penisola iberica e il resto d’Europa: lunedì si è verificato il collasso dell’interconnessione tra Spagna e Francia.

“La rete di distribuzione attuale”, ha spiegato, “è stata disegnata con un modello centralizzato, basato su pochi impianti di grandi dimensioni. Ora deve gestire un sistema molto più decentralizzato e variabile in base al meteo. Anche i meccanismi di protezione, disegnati per disconnettere alcune parti del sistema quando si rischia un danno, hanno bisogno di essere perfettamente coordinati, se si vogliono evitare reazioni a catena non volute”.

“Per stabilizzare il sistema in un momento di crisi servirebbero sistemi di accumulo tradizionali, come le batterie. La transizione energetica richiede nuove infrastrutture, che però sono molto costose”.

LE RINNOVABILI E L’INERZIA: L’ANALISI DI TORLIZZI

Molto più critica nei confronti delle rinnovabili è stata l’interpretazione del blackout offerta da Gianclaudio Torlizzi, esperto di materie prime e fondatore di T-Commodity.

“Il collasso”, ha scritto sul Giornale, “non è stato un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di una vulnerabilità strutturale. La Spagna, con il 78% della sua energia da solare e eolico, l’11,5% da nucleare e appena il 3% da gas, aveva ridotto al minimo la ‘generazione rotante’ tradizionale, quella che garantisce inerzia alla rete. L’inerzia, generata dalle turbine di centrali fossili o nucleari, è il cuore pulsante che mantiene stabile la frequenza della rete a 50 Hz. Senza, basta un piccolo squilibrio un guasto, errore di programmazione in sala controllo o anche un attacco informatico per innescare un effetto domino. E così è stato”.

LE RINNOVABILI VANNO LIMITATE? IL PARERE DI TESTA E GILIBERTO

Secondo Chicco Testa, presidente di Assoambiente, è una “buona scelta” limitare la penetrazione delle rinnovabili intermittenti nel mix elettrico “a una soglia alta ma controllabile – intorno al 60% -” in modo da poterne gestire meglio gli eccessi o i difetti di generazione e contenere le spese per l’adeguamento delle reti e per l’installazione di capacità di accumulo.

Il giornalista Jacopo Giliberto, similmente, ha voluto sottolineare che “la rete elettrica spagnola aveva avvisato più volte il governo che con questo eccesso di centrali rinnovabili non programmabili è un rischio chiudere carbone e nucleare”.

LA PRONTEZZA DEGLI OPERATORI, SECONDO STAGNARO

“Sul blackout in Spagna e Portogallo si è detto (e si dirà) di tutto: le cause non sono chiare e le responsabilità neppure. Tuttavia è importante dare atto di quello che ha funzionato sorprendentemente bene: il black start della rete [cioè il ripristino del funzionamento, ndr] dopo il suo collasso”, ha scritto su X Carlo Stagnaro, direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni.

“Rimettere in esercizio da zero la rete è un’operazione complicatissima di cui nessuno ha (ovviamente) esperienza”, ha aggiunto. “Il modo in cui si sono svolte le operazioni lascia intendere che Ree e ‘los operadores privados’ attaccati da Pedro Sanchez erano pronti”.

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