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Biomasse

Perché la Ue discrimina l’energia da biomasse?

L'Unione europea presta grande attenzione al tema delle "case green", eppure trascura una fonte dall'impronta carbonica neutra: le biomasse.

 

Bisogna aspettare ancora fino a ottobre affinché a Bruxelles i rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione si incontrino ancora per sciogliere alcuni nodi della direttiva “case green” che vorrebbe ridurre del 55% entro il 2030 e emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990 e raggiungere le emissioni zero entro il 2050.

Nobile lo scopo: riqualificare il parco immobiliare europeo e migliorarne l’efficienza energetica, con un problema, però, che incombe sull’Italia: i tempi e i costi. L’Unione europea vorrebbe intervenire rapidamente sul 15% degli edifici più energivori (collocati nella classe energetica G), che però nel nostro paese sono la bellezza di circa 1,8 milioni, contando solo quelli residenziali.

La questione non è da poco perché il processo di riqualificazione è ineludibile, ma dovrà anche essere vantaggioso economicamente per essere accettato da un’utenza giù duramente colpita dagli aumenti di costo delle fonti fossili. Insomma, un cambiamento che porti benefici diffusi, tangibili e immediati. Per poter fare scelte adeguate serve sgomberare il campo da ogni pregiudizio e cattive informazioni, come quelle che – ad esempio – ancora gravano sul tema dell’utilizzo degli impianti a biomasse, intese come materiali legnosi e scarti agricoli.

I COSTI DEL GAS E DELLE BIOMASSE

Per fare un po’ di chiarezza, val la pena cominciare dai costi, rapportandoli al gas. Sappiamo che l’anno scorso il gas è aumentato del 650% in pochi mesi. Ma negli anni il costo sopportato dalla collettività, tra incentivi e investimenti statali, è stato enorme. Nel 2021 13,4 miliardi di euro erano riconducibili a sussidi diretti alle fonti fossili, mentre 28,4 miliardi a sussidi indiretti.

È vero che la crisi ha causato di riflesso anche l’aumento di prezzo delle rinnovabili, comprese la biomasse, ma al massimo del 10%. E si tratta di aumenti immediatamente assorbibili con un incremento della produzione, quindi della disponibilità sul mercato. La domanda trascina l’offerta: già in un anno e mezzo sono stati avviati 11 nuovi stabilimenti di produzione di biomasse in Francia e 7 in Austria e per l’autunno che è alle porte si prevede non solo un riassorbimento degli aumenti, ma una sensibile riduzione.

Una produzione tutta europea, che costituisce quindi un mercato che segue regole condivise, al riparo da speculazioni e da ricatti da parte di Paesi monopolisti”, precisa Paolo Giarda, responsabile sviluppo energie rinnovabili di Carbotermo, società che si occupa di biomasse.

In termini comunitari va anche considerato l’aspetto dell’approvvigionamento della materia prima, tema sul quale i dati smentiscono ogni timore di impatto ambientale. “Le superfici boschive europee da cinquant’anni sono in costante crescita – continua Giarda – il patrimonio boschivo europeo è aumentato negli ultimi cinquant’anni del 220% e quello italiano del 100%. Abbiamo 12 milioni di ettari di bosco su una superficie complessiva italiana di 35 milioni di ettari. Il bosco cresce in Italia di 900 m² al minuto. Una cosa è chiara: avere una risorsa in crescita e non pianificarne la valorizzazione economica è un errore.”

LE BIOMASSE POSSONO SOSTITUIRE IL GAS

Considerando poi anche i residui agricoli, la paglia del riso, il nocciolo della dell’oliva, le potature dei frutteti eccetera, i dati dicono che sono disponibili materiali di scarto sufficienti a sostituire 10 miliardi di metri cubi di gas.

In tutti i settori dell’energia, e in particolare nel comparto termico, privilegiare le fonti rinnovabili disponibili sul territorio, come le biomasse legnose, determina importanti ricadute positive in termini economici e occupazionali, con un valore aggiunto che rimane sul territorio, oltre a garantire benefici ambientali in termini di emissioni di CO2 – afferma Annalisa Paniz, direttrice generale di AIEL, Associazione italiana energie agroforestali – Non solo, la produzione a scopo energetico di biomasse solide da filiere locali assicura anche continuità, stabilità e programmabilità: tre aspetti centrali per rendere la transizione ecologica realmente sostenibile e inclusiva, ma soprattutto in grado di garantire la necessaria sicurezza energetica per i cittadini europei”.

LE BIOMASSE E LA DECARBONIZZAZIONE

Fin qui si è parlato di convenienza, ma le biomasse sono una importante risposta all’altro obiettivo della decarbonizzazione, cioè l’abbattimento delle sostanze inquinanti.

Le emissioni climalteranti dipendono dai combustibili, cioè da quello che si brucia. In questo senso le biomasse producono un impatto sostanzialmente uguale a zero, poiché la CO2 che rilasciano è già parte dell’ecosistema, perché era riferita in origine alla pianta da cui la biomassa – qualunque essa sia– deriva.

Le emissioni inquinanti dipendono invece dalla tecnologia di combustione. “L’esempio più lampante – aggiunge Giarda – è quello del mercato automobilistico, dove con il medesimo combustibile un’autovettura euro 6 inquina il 95% in meno di una euro 0. Un processo analogo vale per le caldaie a biomassa: c’è una enorme differenza tra un camino, una stufa e una caldaia di ultima generazione. Esiste già una tecnologia applicata alle più moderne caldaie che porta le emissioni di particolato vicino allo zero.”

Su questo tema La Regione Lombardia nell’ottobre del 2022 ha emanato la CR 53 60 che va esattamente in questa direzione; recentemente è uscito un nuovo addendum alla 53 60 che chiarisce quali sono le tecnologie che è possibile applicare.

LA NEUTRALITÀ TECNOLOGICA

L’aspetto che ci preme sottolineare – prosegue Annalisa Paniz – è quello della necessità di mantenere un approccio di neutralità tecnologica in sede di discussione politica, l’unico che consente complementarità e sinergia tra le diverse tecnologie esistenti. Per vincere le sfide lanciate dal Green Deal europeo, le politiche di incremento dell’energia da fonti rinnovabili devono basarsi su una strategia complessiva di decarbonizzazione dell’economia in linea con gli indirizzi comunitari e nazionali in materia climatica, ambientale, di economia circolare e bioeconomia, puntando su soluzioni sostenibili anche dal punto di vista economico e sociale.”

C’è infine un tema importante a favore dell’adozione di impianti di riscaldamento alimentati a biomasse, nell’ottica dell’interesse diretto del cittadino, oltre a quello del risparmio nei costi di utenza: il valore dell’immobile. L’adozione di un impianto moderno consente un avanzamento di classe energetica che se porta da G ad A può attribuire un maggior valore tra il 30% e il 40%, sicuro nel tempo perché non soggetto a probabile usura come le soluzioni di isolamento termico.

Dati certi, incontrovertibili. Davanti ai quali viene da chiedersi perché sulle biomasse debba gravare una sorta di stigma, che appare quasi ideologico.

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