L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha emesso una sanzione di oltre 936 milioni di euro alle sei principali compagnie petrolifere attive in Italia, tra cui Eni, per aver stretto “un’intesa restrittiva della concorrenza nella vendita del carburante per autotrazione”.
Le società accusate di aver formato un cartello sono, oltre alla già citata Eni (controllata dal ministero dell’Economia), le italiane Ip (verrà prossimamente acquisita dall’azera Socar) e Saras (ceduta dalla famiglia Moratti al gruppo olandese Vitol), l’emiratina Q8, l’olandese Tamoil e la statunitense Esso (sussidiaria di ExxonMobil).
LE MULTE, NEL DETTAGLIO
Delle sei, Eni è l’azienda ad aver ricevuto la multa più grande, da 336 milioni di euro: seguono Q8 per 172 milioni, Ip per 163 milioni, Esso per 129 milioni, Tamoil per 91 milioni e Saras per 43 milioni. Le sanzioni, in totale, ammontano a 936.659.087 euro.
L’ISTRUTTORIA DELL’ANTITRUST
L’istruttoria, che l’autorità antitrust ha definito “complessa” e che ha riguardato anche Iplom e Repsol (escluse però dalla sanzione), è stata avviata a seguito della denuncia di un whistleblower, cioè un informatore interno o legato in qualche modo alle parti denunciate.
Dall’indagine è emerso Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil “si sono coordinate per determinare il valore della componente bio inserita nel prezzo del carburante (componente introdotta dalle compagnie per ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa in vigore)”. Il cartello tra le sei aziende è iniziato il 1 gennaio 2020 e si è protratto fino al 30 giugno 2023: in questo periodo, il valore della componente bio nei carburanti è passato da circa 20 euro al metro cubo nel 2019 a 60 euro al metro cubo nel 2023.
IL RUOLO DI STAFFETTA QUOTIDIANA
Secondo la ricostruzione dell’autorità, le sei compagnie “hanno attuato contestuali aumenti di prezzo – in gran parte coincidenti – determinati da scambi di informazioni diretti o indiretti tra le imprese interessate”.
Sembrerebbe inoltre che il coordinamento tra i membri del cartello sia stato facilitato “dalla comunicazione del valore puntuale della componente bio in numerosi articoli pubblicati su Staffetta Quotidiana, noto quotidiano di settore, grazie anche alle informazioni inviate direttamente da Eni al giornale”.
In risposta all’istruttoria dell’antitrust, Staffetta Quotidiana ha precisato che il valore della componente biologica nei carburanti è “un dato di chiaro interesse giornalistico, in quanto riguarda il prezzo dei carburanti e il costo delle politiche di sostenibilità”. “Più che veicolo di cartello”, prosegue il quotidiano, “la Staffetta è stata veicolo di informazione essenziale per mettere a fuoco la questione. Gli articoli in questione non sono, come pure si legge nella delibera Antitrust, ‘periodici annunci pubblici’, quasi a far intendere che qualcuno abbia pagato per uscire su Staffetta Quotidiana o insufflato in qualche modo le informazioni. Sono articoli giornalistici. Notizie”.
Staffetta Quotidiana è edito da Giovanni Goffredo Borromeo, socio della Società Estrattiva Monterosi (estrazione di lapillo vulcanico) e proprietario di B&G Consulting (affitto appartamenti nel centro di Roma per turisti).
LA REPLICA DI ENI
Eni, in un comunicato, si è difesa dalla sanzione dell’autorità affermando che “l’impianto accusatorio dell’Agcm si fonda su una ricostruzione artificiosa che ignora le logiche di funzionamento del mercato e travisa la realtà dei fatti, decontestualizzando comunicazioni legittime legate ai rapporti di fornitura reciproca tra gli operatori. L’Agcm ignora le evidenze emerse nel corso dell’istruttoria, che dimostrano come Eni e gli altri operatori abbiano sempre agito in autonomia e spesso in disallineamento, così come infondate risultano anche le valutazioni riguardo alla pubblicazione dei prezzi sulla stampa di settore, dato che le informazioni relative alla variazione dei prezzi della componente bio erano già note al mercato e, quindi, non in grado di condizionare le dinamiche concorrenziali”.
“Un simile approccio, purtroppo non nuovo da parte dell’Autorità, rischia di penalizzare ulteriormente gli investimenti industriali italiani nella transizione energetica”, aggiunge la società. “Eni, pertanto, come già fatto in passato in relazione alla sanzione già ricevuta per asserite pratiche commerciali scorrette proprio in relazione ai propri biocarburanti (caso Diesel+), annullata definitivamente dal Consiglio di Stato dopo oltre 5 anni dalla sua irrogazione, tutelerà con determinazione le proprie ragioni e la propria immagine in ogni sede competente”.