L’annuncio a sorpresa è arrivato dalla Casa Bianca nel tardo pomeriggio. Erano le 17, e Donald Trump stava incontrando il Consigliere per la Sicurezza Nazionale della Corea del Sud Chung Eui-yong e gli altri inviati di Seul che qualche giorno fa hanno incontrato Kim Jong un in Corea del Nord. Affacciandosi nella briefing room, Trump ha rivelato che più tardi i suoi ospiti avrebbero fatto un annuncio importante alla stampa.
Sono arrivate le 19, e Chong ha formulato le parole che nessuno si attendeva: parlando prima con Trump, il Consigliere gli ha rivelato che Kim Jong-un ha “espresso la sua impazienza di incontrare il presidente Trump il prima possibile”. E Trump ha acconsentito, ha aggiunto Chong, “ad incontrare Kim Jong-un a maggio per ottenere la denuclearizzazione permanente” della penisola coreana.
La notizia è stata confermata più tardi dalla stessa Casa Bianca attraverso la portavoce Sarah Huckabee Sanders. Un membro del governo ha intanto rivelato anonimamente a Reuters che l’incontro potrebbe avvenire “entro un paio di mesi, con l’esatto tempo e luogo da determinarsi”. Non è escluso nemmeno un invito di Kim a Washington.
Come di consueto, Trump è ricorso a Twitter per annunciare agli americani e al mondo la notizia. “Un incontro è in programma”, scrive il tycoon. Che precisa come Kim Jong Un abbia “parlato di denuclearizzazione con i rappresentanti della Corea del Sud, non di un congelamento” del programma nucleare. “Inoltre”, aggiunge il presidente fissando un paletto, “niente test missilistici dalla Corea del Nord durante questo periodo di tempo. Sono stati fatti grandi progressi ma le sanzioni rimarranno in piedi fino a che non sia stato raggiunto un accordo”.
Notizia bomba da Washington, dunque, che giunge al culmine di un percorso di distensione avviato dalla Corea del Nord in questo 2018, assecondato con entusiasmo dai cugini del Sud. Si era cominciato con un discorso conciliante del Maresciallo a capodanno; poi la riapertura della linea rossa di comunicazione diretta tra Nord e Sud che era stata tranciata di netto due anni prima: quindi la disponibilità di Kim a far partecipare degli atleti del Nord alle Olimpiadi invernali di PyeongChang in Corea del Sud: poi la presenza, alla cerimonia di inaugurazione dell’evento sportivo, della sorella del dittatore del Nord, che reca con sé l’invito a Pyongyang per il presidente del Sud Moon ad aprile. Infine, la missione degli inviati del Sud a Pyongyang a colloquio con Kim, di cui ieri hanno fatto un resoconto alla Casa Bianca.
L’idea di un faccia a faccia tra i due leader appare convincente a molti. Anzitutto, perché porrebbe fine ad un lungo periodo in cui Trump e Kim hanno preferito scambiarsi insulti e minacciarsi reciprocamente di distruzione nucleare. In secondo luogo, per stemperare la tensione tra due Paesi che negli ultimi mesi sono sembrati sull’orlo di guerra. Terzo, nell’interpretazione di un membro del governo americano fornita a Reuters, “ha senso (per Trump) accettare un invito per incontrarsi con una persona che può effettivamente prendere delle decisioni”, cosa che permetterebbe al presidente di approfittare della sua “reputazione di tessitore di accordi”.
Ma ci sono delle incognite, che potrebbero vanificare le speranze maturate in queste ore. Kim per esempio potrebbe cercare semplicemente nella realizzazione di un bilaterale la ratifica dello status del suo paese di potenza nucleare, ovvero la gratificazione del suo ego. In secondo luogo, Kim potrebbe usare il tempo passato a negoziare con l’America per potenziare ulteriormente il suo apparato nucleare e missilistico, in linea con quanto hanno fatto i suoi predecessori all’epoca di precedenti colloqui. In terzo luogo, Kim potrebbe cercare semplicemente un addolcimento del regime delle sanzioni, senza mostrare nel frattempo la volontà di mutare la postura militare. Infine, se la Corea del Nord in questa occasione parla effettivamente di volontà di denuclearizzazione, non è chiaro cosa possa chiedere in cambio di un passo del genere: la smobilitazione dei 28.500 militari americani che stazionano da oltre sessant’anni in Corea del Sud, o la fine delle esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seul?
Tutto dipende, dunque, dal credito che si vuole dare a Kim e alla sincerità della sua proposta. Significativa, in questo senso, la dichiarazione di fermezza del primo ministro del Giappone Shinzo Abe, altro paese direttamente interessato alla partita nucleare. “Il Giappone e gli Stati Uniti non oscilleranno dalla loro ferma posizione di voler continuare a esercitare la massima pressione fino a quando la Corea del Nord non prende azioni concrete verso la completa, verificabile e irreversibile cessazione dello sviluppo nucleare e missilistico”.
Al di là dell’aspetto pirotecnico della notizia di ieri, è chiaro che il diavolo sta nei dettagli, e i dettagli del negoziato tra Stati Uniti e Corea del Nord sono complessi. Certo è che l’annuncio di ieri, oltre a far volare le borse di Tokio e Seul, ha iniettato un seme di speranza in una regione che fino a qualche settimana fa aveva la sensazione di vivere sulla soglia dell’inverno nucleare.