AiCARR lancia progetto nazionale sulla qualità dell’aria interna. Mobilità elettrica può dare importante contributo
Le dichiarazioni Marchionne sull’auto elettrica riaprono il dibattito.
“Le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissione nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio. Forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale, senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabili, rappresenta una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta. Quella dell’elettrico è un’operazione che va fatta senza imposizioni di legge e continuando nel frattempo a sfruttare i benefici delle altre tecnologie disponibili, in modo combinato”. “E’ certamente piu’ utile concentrarsi sui miglioramenti dei motori tradizionali e lavorare alla diffusione di carburanti alternativi, soprattutto il metano, che per la sua origine e le sue qualità é oggi il più virtuoso e più pulito in termini di emissioni”.
Questa dichiarazione di Sergio Marchionne, agli inizi di Ottobre, in occasione della laurea honoris causa in Ingegneria meccatronica che gli è stata conferita al Polo tecnologico di Rovereto, ha fatto molto discutere non solo nell’ambito, più stretto, del settore dell’automotive, ma anche tra coloro che si occupano a tempo pieno di ambiente, cambiamento climatico, trasporti, città del futuro, meglio conosciute come smart city.
Marchionne ha riconosciuto il valore dirompente della mobilità elettrica, che insieme alla guida autonoma sarà uno dei due potenti driver del cambiamento del futuro. Allo stesso tempo, però, il numero uno di FCA ha posto l’argomento di come si debba produrre l’energia per alimentare i veicoli di domani.
AiCARR lancia progetto nazionale sulla qualità dell’aria interna
AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento Aria Riscaldamento e Refrigerazione), che per missione si occupa di diffondere la cultura e la tecnica per l’energia e l’ambiente, si sente appieno all’interno del dibattito sulla mobilità elettrica, che riguarda non solo l’evoluzione della tecnologia, ma anche il tema del cambiamento climatico e quello della vita delle città – dove si concentra oramai la maggioranza degli uomini che vivono, lavorano, si incontrano, contribuiscono alla crescita economica dei paesi.
Il cambiamento climatico sta producendo effetti che sono visibili a tutti. Non entriamo, in questa sede, sulle cause di questo grande fenomeno. Il dibattito scientifico si divide tra chi ritiene che dopo l’era antropozoica di Stoppani siamo piombati nell’Antropocene di Crutzen e chi invece sostiene che le variazioni, anche drammatiche, di temperature siano un fenomeno ciclico che abbraccia intere ere. Dal suo canto, AiCARR è consapevole del ruolo, anche, sociale che ricopre: “il cambiamento climatico causa una più grande richiesta di climatizzazione negli spazi confinati, l’altra faccia della medaglia è che per ridurre gli effetti del cambiamento climatico bisogna risparmiare energia.”, dice la presidente di AiCARR, Francesca Romana d’Ambrosio, ricordando che la soluzione a questa apparente dicotomia è tra i temi principali affrontati dall’Associazione. “Non è un caso che il Consiglio e la Consulta di AiCARR stiano definendo per questo triennio di presidenza un progetto nazionale sulla qualità dell’aria interna che vedrà coinvolti i soci e il territorio”, punto programmatico che viene annunciato nell’ultimo editoriale di AiCARR Journal.
Il tema della qualità dell’aria si presenta costantemente ogni anno, a ogni autunno o inverno non piovoso. Le conseguenze di questo fenomeno hanno una ricaduta sanitaria e ambientale non indifferente. Quello attuale sembra essere il momento di sintesi peggiore, la tempesta perfetta dovuta a diversi fattori, che la Presidente di AiCARR individua in “maggiore inquinamento, cambiamento climatico più veloce del previsto, peggioramento della qualità dell’aria esterna, problemi seri e spesso sottovalutati di qualità dell’aria interna, ricadute negative sulla salute, costi sociali sanitari gravi, costi in termini economici ad esempio di riduzione della produttività”.
Mobilità elettrica e qualità dell’aria delle nostre città
Lo spunto che ci offre la riflessione di Marchionne, che guida una casa automobilistica storicamente non proprio favorevole all’introduzione dell’elettrico, riguarda il fatto che la generazione di energia elettrica necessaria alla ricarica avverrebbe ricorrendo ancora in buona misura a fonti fossili, cosa che potrebbe portare a un aggravio della produzione di CO2, ritenuta da gran parte della comunità scientifica come una delle concause del Cambiamento climatico. Per il Professor Gianfranco Rizzo, docente del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno: “Non si può negare che il problema sia in parte centrato. Ma va rilevato che la decarbonizzazione della produzione elettrica procede a ritmi più elevati rispetto a quanto molti prevedessero solo pochi anni fa. Ci sono però altri aspetti che meriterebbero di essere menzionati. L’impatto sulla CO2 è certamente uno dei principali driver che spinge verso la mobilità elettrica, ma non è l’unico aspetto che riguarda l’inquinamento da auto. Non meno importante è infatti la presenza degli inquinanti gassosi (ossidi di azoto, idrocarburi incombusti, monossido di carbonio) e delle polveri sottili (PM10 e simili), che impattano sulla qualità dell’aria e sulla salute umana. Questo aspetto è di particolare rilevanza nei centri urbani e costituisce una forte motivazione per l’adozione di mezzi che possano assicurare una mobilità a zero emissioni in città: come i veicoli elettrici, appunto, o anche gli ibridi, qualora dotati di una sufficiente autonomia per muoversi in modalità elettrica”.
Problemi aperti e questioni legate ad una maggiore diffusione dell’elettrico
L’introduzione dell’elettrico ha altri ostacoli che conviene tirare in ballo e che rendono difficile prevedere una transizione immediata verso la mobilità elettrica di massa: tra questi, l’autonomia limitata delle batterie e la mancanza di una rete infrastrutturale di ricarica su tutto il territorio nazionale. La potenza di ricarica della batteria attualmente varia tra i circa 3 kW di una ricarica “domestica” e i circa 22 kW disponibili alle colonnine. Anche qualora si arrivasse ai circa 100 kW delle ricariche veloci in corrente continua, resterebbe ancora un notevole gap rispetto ai circa 10 MW che si realizzano durante un tipico rifornimento di combustibile con gli attuali motori a combustione interna. Altro aspetto da considerare è l’impatto negativo sulla rete elettrica dovuto a un ricorso generalizzato e incontrollato alla ricarica dei veicoli elettrici e ibridi plug-in, come dimostrato da numerosi studi. Sono problemi superabili, ma non senza notevoli investimenti e non in tempi brevi.
Per il breve termine, il ventaglio delle possibili soluzioni, oltre a una iniziale diffusione della mobilità elettrica, comprende il ricorso ai combustibili alternativi come il metano, la diffusione dell’ibrido e anche soluzioni come l’elettrificazione e l’ibridizzazione delle vetture circolanti. Mentre per il medio/lungo termine, oltre alla crescente diffusione dell’elettrico, è prevedibile un uso delle vetture con fuel-cell alimentate a idrogeno, che abbinano il vantaggio della guida a zero-emissioni con l’autonomia e i bassi tempi di ricarica: non prima però di aver ridotto i costi delle fuel-cell e soprattutto risolto i problemi sulla produzione e sulla distribuzione dell’idrogeno. Bisogna ragionare, allo stesso tempo, sull’ influenza di una maggiore diffusione della mobilità elettrica sulla rete di produzione e distribuzione dell’energia. Nello specifico ragiona Michele Vio, ingegnere e Past President di AiCARR: “si supponga l’obiettivo di utilizzare 30 milioni di auto elettriche, ciascuna con una percorrenza media di 15.000 km all’anno. Ogni auto richiederebbe circa 2.775 kWh all’anno di energia elettrica, per un totale di oltre 83.000 GWh all’anno di energia elettrica prodotta. Se si riuscisse a dividere tutta l’energia in una produzione per 24 ore al giorno, per 360 giorni l’anno, quindi sfruttando al massimo accumuli di energia e logiche di distribuzione, servirebbero costantemente 9,5 GW di potenza sulla rete elettrica, al netto delle perdite. Poiché sarebbe impossibile – continua Vio – una suddivisione così perfetta, bisognerebbe prevedere un surplus, dovuto anche all’arrivo di auto elettriche da altri Paesi, cosa molto importante in una nazione a vocazione turistica: un 50% di potenza in più sarebbe necessaria, per un totale di circa 15 GW costanti. E si parla solo di auto, non di camion o autobus”.
Il tutto da aggiungere alle richieste di energia elettrica per le pompe di calore, i fornelli elettrici e la sempre maggior presenza di apparecchi di vario tipo nelle nostre case.
Si potrebbe sfruttare il fotovoltaico? Certamente, ma per produrre i 2.775 kWh richiesti ogni auto avrebbe bisogno di una superficie di circa 17 m2 di pannelli fotovoltaici (potenza pari a circa 2,4 kW di picco), per una superficie totale a livello nazionale di 510 km2, pari alla somma delle superfici dei Laghi di Garda e Como, tanto per farsi un’idea dell’impatto sul territorio.
La rotta per Livio de Santoli – docente presso le Facoltà di Ingegneria ed Architettura de La Sapienza di Roma e past president di AiCARR – è comunque segnata: “le strategie europee e italiane danno delle indicazioni precise: dobbiamo arrivare a 5 milioni di veicoli elettrici al 2030 nel Vecchio Continente. Abbiamo di fronte a noi gli obiettivi; c’è, almeno sulla carta, la volontà, ma manca, nel settore dei trasporti – settore in cui si potrebbero ottenere i maggiori benefici ambientali – una seria valutazione sociale e politica. Credere nelle rinnovabili e nell’elettrificazione dei consumi, che deve raddoppiare rispetto ai valori attuali, può contribuire al raggiungimento di quota 5 milioni di veicoli elettrici al 2030”.
L’opzione del motore elettrico, per de Santoli non è l’unica strada; bisogna guardarsi attorno, considerando anche altre soluzioni a emissioni zero o ridotte: “La mobilità sostenibile, comunque, non deve basarsi solo ed esclusivamente sul motore elettrico, ma possiamo individuare soluzioni anche nell’ibrido e nell’idrogeno, per non far cadere il processo di rinnovamento del parco auto in un monopolio. Per quanto riguarda la soluzione dell’alimentazione ad idrogeno, occorre sviluppare reti di distribuzione e vetture con modalità di trazione ad idrogeno. Bisogna però rompere il cortocircuito, sia per elettrico che idrogeno, secondo cui per la realizzazione delle colonnine si attende la diffusione delle auto, ma non si acquistano auto a emissioni zero perché non vi è ancora una rete per il rifornimento”.
Rete elettrica, in futuro non potrà essere come la conosciamo oggi
Secondo AiCARR non vi è dubbio che la mobilità elettrica può essere un tassello, molto importante, che contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico e contro l’inquinamento delle nostre città. Ma non è, e non può essere, l’unico. Il piano nazionale per il contrasto all’inquinamento e al cambiamento climatico deve essere trasversale, a lungo termine e con un’unica cabina di regia, per evitare che una strategia così prioritaria per lo sviluppo del Paese sia soggetta a continui cambiamenti di rotta. Le decisioni in materia devono essere di lunga durata, riguardare la politica industriale e il target che l’Italia deve raggiungere tramite politiche pubbliche in un sistema non ETS (Emission Trading System)”.
Senza voler entrare nello specifico dell’argomento sul come si può intendere la mobilità del futuro, dando un ruolo prioritario, per esempio, all’uso dell’auto privata negli spostamenti nell’ambito urbano e di piccola-media distanza, possiamo affermare che la mobilità elettrica e una sua maggiore diffusione aprono una serie di interrogativi che fanno parte del tema più grande della transizione energetica: non a caso si è tirata in ballo la questione del sistema elettrico che dobbiamo costruire per il futuro e il mix energetico per la produzione sempre più orientato ad una produzione da rinnovabili.
Il tema della rete elettrica non è secondario, perché da una parte apre a nuove sperimentazioni tecnologiche, come quella del “vehicle to grid” – vale a dire la possibilità che il veicolo elettrico possa restituire energia quando è fermo (per esempio di notte) – dall’altra ci riporta al tema degli investimenti che già da oggi bisogna disporre per una rete elettrica in grado di supportare la maggiore presenza di veicoli elettrici sulle nostre strade e le nostre città.
Investimenti che dovranno essere fatti, ma attualmente ci si sta interrogando ancora su chi dovrà pagare il costo, e questo è un tema che entra a far parte pienamente della transizione energetica.
Questo documento è il risultato di una tavola rotonda – organizzata da AiCARR- alla quale hanno partecipato Francesca Romana d’Ambrosio, Livio de Santoli, Gianfranco Rizzo e Michele Vio sul tema “Sviluppo della mobilità elettrica come contributo alla qualità dell’aria. Problemi aperti e soluzioni”.