A Elon Musk, si sa, piacciono solo le prestazioni eccellenti, fuori dal comune. Molto lontane, insomma, da quelle registrate dal suo X, ovvero il vecchio Twitter, rilevato in crisi senza che tale trend si sia mai realmente interrotto.
Anzi, più di un osservatore rileva proprio come le intemperanze di Musk abbiano ulteriormente acuito le difficoltà in cui versava il suo social, tra la fuga degli inserzionisti e di alcuni profili di spicco (per esempio di molti esponenti della comunità scientifica, che non hanno affatto gradito le nuove regole soft per chi fa disinformazione e veicola informazioni deliberatamente false, come per esempio sulla pericolosità dei vaccini).
Si spiega insomma quella improvvisa accelerazione che, scherzosamente (ma neanche troppo), qua su Start abbiamo definito “da X a XXX“, cioè verso i contenuti per adulti, tollerati da sempre ma adesso ufficialmente ammessi e irregimentati in un regolamento ad hoc. Perché, è noto, il porno tira sempre, specie sul Web.
X, LE DIMENSIONI CONTANO
Secondo stime rivelate dal Financial Times, il social di Elon Musk ha aggiunto solo circa 4 milioni di “Dau” (Daily Active Users) rispetto al medesimo periodo dell’anno scorso, passando da 247 a 251 milioni circa.
Se i numeri fossero confermati si tratterebbe di un incremento – di fatto inesistente – dell’1,6%. Sempre il quotidiano economico ricorda come tale trend assai poco lusinghiero prosegua di fatto dall’insediamento di Musk, confermando quindi indirettamente che proprio l’imprenditore sudafricano sia parte del problema.
Di certo, nessuna delle contromosse attuate finora ha dato a X rinnovato slancio, limitandosi a intervenire sui conti del Gruppo con un risparmio generale e generico sui costi dell’organico. Benché la piattaforma continui a crescere, il rallentamento è evidente, soprattutto per quanto riguarda il periodo della pandemia (falsato, meglio ricordarlo, da lockdown e dalla cosiddetta infodemia). La crescita su base annua del secondo trimestre 2020 era stata del 33,8%.
THREADS È UN PROBLEMA?
Non è comunque una situazione negativa nel proprio insieme, dato che i DAU per quanto in stallo sono di gran lunga superiori proprio al rispetto pandemico, quando toccavano quota 150 milioni. Difficile però credere che Musk si accontenti di una ventina di milioni di utenti in due anni. I numeri rivelano inoltre che – almeno al momento – Threads, il social di Meta in diretta competizione con X, non rappresenta un problema per il social un tempo contrassegnato dall’uccellino azzurro: Mark Zuckerberg ha festeggiato il raggiungimento di 170 milioni di utenti attivi mensili (MAU: Monthly Active Users), X ne vanta ben oltre mezzo miliardo.
Questo non vuole però dire che X sia al riparo dalla concorrenza di Meta, soprattutto considerato il grafico appena divulgato dal FT che mostra un rallentamento ormai arrivato persino a rappresentare uno stallo. Con ogni probabilità, anzi, questi dati sono il tassello mancante alla voce di corridoio, veicolata dalla stampa, secondo la quale il patron di Tesla, StarLink e SpaceX starebbe nuovamente affilando la mannaia dei licenziamenti in X.
ALTRI LICENZIAMENTI IN VISTA?
Si starebbero infatti addensando nuvoloni che minacciano tempesta soprattutto sulla Ceo, Linda Yaccarino (che pure aveva vaticinato uno sprint a stretto giro), almeno secondo quanto aveva riportato qualche giorno fa sempre il Financial Times.
Un incarico difficile, quello dell’amministratrice delegata di X, non solo perché Elon Musk ha dato il via a un repulisti senza precedenti nella realtà hi-tech che ha acquistato un annetto e mezzo fa per 44 miliardi di dollari instaurando una specie di impero del terrore, ma soprattutto in quanto l’imprenditore ha considerato da subito la piattaforma come “cosa sua” nel vero senso della parola, volendola gestire direttamente e senza la presenza di scomodi intermediari che invece gli sono stati imposti dagli azionisti delle sue realtà – Tesla in primis – preoccupati che l’ultimo acquisto distraesse eccessivamente dagli affari l’ex startupper. L’interim terminò dopo che fu sfiduciato dagli stessi utenti di X.
Come si legge sul Financial Times nell’ultimo periodo il rapporto tra la Ceo e l’ex startupper si sarebbe ulteriormente deteriorato. Musk avrebbe persino costretto l’Ad a ridurre le proprie spese aziendali, a cominciare da quelle per i viaggi di lavoro.
Un possibile preavviso di sfratto le è stato recapitato con il ritorno, in X, di Steve Davis, tra i papabili Ceo di Twitter prima che venisse scelta Yaccarino (Davis, lo ricordiamo, è uno strettissimo collaboratore di Musk, già amministratore delegato di un’altra impresa nel portafogli del patron di Tesla, The Boring Company), ma soprattutto temutissimo perché è stato responsabile della spending review draconiana che ha portato la Tech Company a licenziare soprattutto i manager, infischiandosene del ruolo e dell’anzianità maturata in azienda.
COSA STA DIVENTANDO X?
Fedele al suo nome, X è una incognita del web. Per alcuni è destinata a diventare una everything app sulla falsariga di WeChat. Ma la strada è lunga, sia perché Twitter ha sempre avuto una platea particolare, non trasversale e non giovanissima come quelle vantate da TikTok (ByteDance) e da Instagram (Meta), sia perché WeChat è agevolata dall’essere cinese e da sostanziarsi come una propaggine virtuale della Pubblica amministrazione. Il governo cinese la usa per dialogare coi cittadini (e controllarli, persino, malignano taluni). Durante l’emergenza sanitaria ha avuto un ruolo di prim’ordine anche nella gestione dei flussi e degli accessi in zone rosse.
X invece si muove in un mercato libero e deve vedersela con concorrenti sempre più agguerriti. Ma soprattutto l’ex Uccellino azzurro deve guadagnare pubblico per fare felici gli inserzionisti. Le ultime mosse con Grok vanno proprio in quella direzione, così come la già ricordata apertura ai contenuti per adulti. Quel che è certo, è che se vuole risollevare i numeri appena riportati dal FT Musk dovrà accelerare ogni progetto di cambiamento che ha in mente per non rendere la situazione irreversibile.