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Wirecard

Tutti i nuovi guai per i vertici della tedesca Wirecard

Si allarga lo scandalo Wirecard. Le nuove accuse di insider trading e l'inchiesta del Financial Times su Jan Marsalek

 

Si allarga ancora lo finanziario attorno a Wirecard, la società fintech tedesca di pagamenti online che solo poche settimane fa ha annunciato un ammanco in cassa di 1,9 miliardi di euro e presentato istanza di fallimento a Monaco di Baviera (qui i dettagli).

Dopo le accuse di frode, manipolazione dei mercati, falsificazione di conti e documenti, i responsabili dovranno rispondere della accuse di insider trading.

Secondo un’inchiesta del Financial Times, sull’ex Coo Jan Marsalek pesano reati ben più gravi.

Andiamo per gradi.

LE NUOVE ACCUSE

Secondo quanto sritto dal quotidiano Handelsblatt nella ricostruzione di un annuncio-denuncia avvenuto su finanzen.net, il più grande portale degli investitori tedeschi, in casa Wirecard si sarebbe consumato anche il reato di insider trading, ovvero abuso di informazioni privilegiate e utilizzo di notizie ancora non pubbliche per ottenere dei profitti.

GLI INDIZI

I sospetti nascono da un post su un forum firmato con il nickname “Lilalaunebaer” e pubblicato otto giorni prima del crollo del titolo, avvenuto il 18 giugno (le azioni di Wirecard sono precipitate del 62%, una delle flessioni più elevate mai registrate per una società quotata nell’indice Dax di riferimento tedesco).

Nel messaggio si sosteneva l’impossibilità del revisore Ernst & Young di certificare il bilancio 2019 della tedesca.

INDAGINI GIA’ IN CORSO

La Bafin ha già avviato le dovute indagini, racconta Bloomberg, citando un portavoce della Bafin. La Consob tedesca avrebbe richiesto ai pubblici ministeri di Monaco di indagare su possibili operazioni di insider trading compiute sulle azioni Wirecard nel periodo immediatamente precedente il collasso.

L’INCHIESTA DEL FINANCIAL TIMES

Sulla vicenda Wirecard, in realtà, peserebbe un altro grosso macigno, secondo un’inchiesta del Financial Times. Sotto accusa per quanto fatto fino ad oggi sono finiti il fondatore e ex-ceo di Wirecard Markus Braun, arrestato e rilasciato su cauzione,  l’ex-coo Jan Marsalek, il cfo Alexander von Knoop e la chief product officer Susanne Steidl.

Jan Marsalek, sulla scia dell’implosione di Wirecard, è ora scomparso e le autorità hanno emesso un mandato internazionale per il suo arresto. I pubblici ministeri tedeschi lo considerano uno dei principali sospettati per quanto accaduto alla fintech. Secondo il quotidiano finanziario, che ha avviato un’inchiesta già sei mesi fa, Marsalek si macchia di reati ben più gravi di una contabilità non ortodossa.

LE ACCUSE CONTRO MARSALEK

L’ex Coo di Wirecard, infatti, secondo il FT, avrebbe condiviso rapporti e interessi con l’intelligence militare russa, “il GRU – l’agenzia accusata del tentativo di assassinio dell’ex spia Sergei Skripal a Salisbury, della guerra segreta in Ucraina e della manipolazione di le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti”, specifica il quotidiano.

Marsalek avrebbe cercato di organizzare e controllare l’immigrazione dalla Libia: “Dal 2015, la Libia è stata al centro del mondo di Marsalek al di là di Wirecard. Le sue attività lì – frammenti dei quali sono stati messi insieme dal Financial Times – sono una finestra sul suo lavoro alternativo: progetti segreti che lo hanno portato attraverso il Medio Oriente, spesso in zone di conflitto”, scrive il FT.

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