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Visibilia, chi è Luca Ruffino (che si è suicidato e non aveva una grave malattia)

Carriera, attività imprenditoriali e relazioni politiche di Luca Ruffino, presidente e amministratore unico di Visibilia Editore, che si è tolto la vita: non soffriva di malattie gravi conclamate, secondo l'Ansa

Un suicidio si aggiunge alla vicenda Visibilia. Quello di Luca Giuseppe Reale Ruffino, manager sessantenne, presidente e amministratore unico di Visibilia Editore, rilevata dalla ministra del Turismo Daniela Santanché lo scorso 18 ottobre. Ruffino era fondatore, presidente e amministratore delegato di Sif Italia, una società di amministrazione e gestione di patrimoni immobiliari, quotata a Euronext Growth Milano, che gestiva oltre 80 mila immobili, non solo in ambito privato ma anche quelli del patrimonio pubblico della società regionale lombarda Aler.

LUCA RUFFINO: LA PROCURA DI MILANO INDAGA PER ISTIGAZIONE AL SUICIDIO

Il manager si è ucciso nella notte tra sabato e domenica, sparandosi un colpo di pistola con un’arma regolarmente registrata, nella sua abitazione nel capoluogo lombardo. A capire che c’era qualcosa che non andava nella vita del manager è stata la compagna, che sabato scorso, dopo una telefonata, aveva chiesto al figlio di passare a trovare il padre. È stato proprio il figlio Mirko a ritrovare il corpo in camera da letto, privo di vita, poco prima di mezzanotte. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per il reato di istigazione al suicidio. L’apertura dell’indagine è necessaria per procedere con gli accertamenti sul cadavere, tra cui l’autopsia sul corpo del manager. Il gesto, secondo quanto riportato dall’Ansa, sarebbe dovuto a questioni personali, ma non a gravi problemi di salute. E l’agenzia Agi ha sottolineato che Luca Giuseppe Reale Ruffino non era mai stato indagato né sentito dai pm in qualità di testimone in merito all’inchiesta sulla società Visibilia.

NESSUN PROBLEMA RILEVANTE DI SALUTE PER RUFFINO

L’Ansa aggiunge – secondo quanto risulta in ambienti giudiziari – che ai primissimi accertamenti svolti nell’indagine sul suicidio di Luca Ruffino, presidente di Visibilia Editore, non risulterebbe che il manager, a parte piccoli problemi salute, soffrisse di malattie gravi conclamate. Secondo le prime verifiche, negli ultimi giorni l’imprenditore sarebbe apparso giù di morale. Anche se era apparso giù di morale negli ultimi giorni, al momento non risulta che Luca Ruffino, presidente di Visibilia Editore, morto suicida sabato sera a Milano, soffrisse di problemi di salute mentale conclamati e diagnosticati, ha appreso l’agenzia di stampa da fonti giudiziarie. Al momento non vi sarebbero dubbi sul fatto che si sia trattato di un gesto volontario.

I MESSAGGI DI RUFFINO ALLA FAMIGLIA

Il manager avrebbe lasciato diversi bigliettini con alcune comunicazioni per la famiglia, a iniziare dai figli Mirko e Andrea, e per i suoi collaboratori, a cui comunicherebbe il suo dispiacere per il dolore che causerà loro il suo gesto ma non fa accenno a cosa lo abbia spinto a uccidersi. Su uno dei bigliettini, Ruffino spiegherebbe di aver scelto di suicidarsi nella sua dimora milanese di via Spadolini, e non nella sede dei suoi uffici, per non turbare colleghi e dipendenti. Nei fogli, lasciati sulla sua scrivania non ci sarebbero riferimenti alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto la società in cui era subentrato dieci mesi fa.

IL LAVORO DI RUFFINO IN VISIBILIA EDITORE

Lo scorso giovedì Ruffino ha partecipato per l’ultima volta a una riunione del Cda di Visibilia Editore. Il manager aveva acquisito la società da Daniela Santanchè con una cospicua iniezione di capitali, circa un milione di euro, salvandole dal dissesto finanziario. La ministra Santanchè e il compagno di quest’ultima, Dimitri Kunz, restano soci dell’azienda editoriale. Ruffino era impegnato a far fronte ai principali creditori della società, stava conducendo trattative con l’Agenzia delle entrate per un piano di rientro dai debiti fiscali e aveva anche pagato il Tfr e alcuni arretrati a Federica Bottiglione, la dipendente che aveva fatto causa perché avrebbe lavorato mentre a sua insaputa era stata messa in cassa integrazione a zero ore. Nei suoi ultimi messaggi scritti poco prima di suicidarsi non ci sarebbe alcun riferimento all’inchiesta che vede coinvolta la ministra Santanché, tra l’altro Ruffino non risulta né indagato, né oggetto di indagine degli inquirenti.

RUFFINO: “DANIELA SANTANCHÉ CI 1,5 MILIONI DI EURO”

“Daniela Santanchè ci deve 1,5 milioni e per questo ha messo a garanzia anche la sua casa. Non ho nulla da spartire con lei per il resto e stiamo sistemando le cose che abbiamo trovato qui”. A dirlo è stato lo stesso Ruffino nei giorni scorsi a Repubblica, spiegando perché avesse deciso di salvare dal fallimento l’azienda della ministra. “È stata una scelta imprenditoriale, guardavo a Visibilia da diversi anni e ne vedevo le potenzialità — aveva detto Ruffino —. Quando abbiamo deciso di entrare nella compagine societaria la capitalizzazione di Borsa era di 300 mila euro viene fatta confusione tra la posizione debitoria gigantesca che Santanchè ha nei confronti del mondo intero e la posizione della holding, di cui sono presidente. La holding ha solo un debito verso l’Agenzia delle entrate di 150 mila euro, che stiamo pagando. Santanchè è invece una mia debitrice, siamo creditori verso di lei di una somma importante, 1,5 milioni che lei sta ripianando con rate mensili da 50 mila euro”.

I RAPPORTI DI RUFFINO CON LA POLITICA

Nella vita di Ruffino ha occupato un posto importante la politica. Nel 2000 era stato candidato dell’Udc alle Regionali in Lombardia, era diventato poi segretario milanese del partito, ruolo per il quale era stato commissariato per aver appoggiato alle elezioni della Provincia di Milano il candidato del Pdl Guido Podestà. Ruffino aveva avuto un ruolo anche all’interno del Pdl: era stato anche membro del coordinamento regionale lombardo. Negli anni aveva mantenuto ottimi rapporti con esponenti di primo piano del centrodestra italiano, in particolare di Fratelli d’Italia. Nel 2010 aveva sostenuto la campagna elettorale alle regionali di Romano La Russa, oggi assessore regionale alla Sicurezza in Lombardia.

LE VICENDE GIUDIZIARIE (CONCLUSE CON UN’ASSOLUZIONE) DA SEGRETARIO DELL’UDC

Nel 2012, da segretario dell’Udc, era finito a processo insieme a Marco Osnato, oggi deputato FdI ma ai tempi consigliere comunale del Pdl a Milano e dirigente di Aler (Azienda di edilizia pubblica lombarda), e Romano La Russa, fratello del presidente del Senato, all’epoca assessore lombardo alla Sicurezza, per una vicenda che riguardava finanziamenti alla campagna elettorale di quest’ultimi e appalti all’istituto che gestisce le case popolari di Milano. Ruffino era stato indagato per 10 mila euro di finanziamento per la stampa di manifesti e materiale elettorale per le campagne di Osnato e La Russa. La vicenda si concluse con un’assoluzione con formula piena per tutti gli indagati perché “il fatto non sussiste”. “Un incubo durato sette anni, assolto da un reato assurdo, sono stato nel tritacarne mediatico dell’era Formigoni, durante i quali un’imputazione fantasiosa mi ha costretto alla vergogna”, aveva commentato Ruffino nel 2018, quando la Cassazione lo aveva assolto con formula piena.

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