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Dati Bilancio Banche

Vi spiego rischi ed effetti dei conti correnti a tassi negativi. L’analisi di Seminerio

Ecco che cosa può succedere a livello sistemico per clienti e investitori con la politica dei tassi negativi sui conti correnti. L'analisi di Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net

Dal 2020 Unicredit, seconda banca italiana, applicherà tassi negativi ai conti correnti con saldo “ben superiore” a 100 mila euro. Lo ha annunciato l’a.d. della banca, Jean Pierre Mustier, dando di fatto il calcio d’avvio italiano ad un processo che altrove in Eurozona è già in atto. Le banche cercano disperatamente di non subire ulteriori erosioni della loro redditività, e trasferiscono ai clienti l’onere di detenere riserve presso la Banca centrale europea. Quali conseguenze possiamo attenderci, da questa mossa?

Nei giorni scorsi Mustier, nel suo ruolo di presidente della Federazione bancaria europea, l’Abi delle banche del continente, aveva mandato un messaggio ed un invito alla Bce: veniteci incontro e comprate obbligazioni bancarie. In questo modo aiuterete le banche ad abbattere il costo della provvista, magari sotto lo zero, vista la tendenza generale. Ma per la Bce comprare obbligazioni bancarie ordinarie è anatema, e questa via resta preclusa.

Mustier ha quindi rotto gli indugi in Italia. Resta da quantificare quel “molto superiori a centomila euro” di saldo di conto corrente, ma è evidente che il problema maggiore si pone per le aziende, più che per i privati. Questi ultimi, per quei livelli di saldo di conto, di solito o dispongono di sufficiente competenza per investire oppure vengono “presi per mano”, e a volte più propriamente strattonati, dalle reti di vendita delle banche e dai loro private banking.

Per le imprese, invece, il discorso è del tutto differente. Le imprese possono giungere a detenere ampi saldi di liquidità sul conto per motivi legati al normale ciclo di affari, cioè alla sfasatura tra incassi e pagamenti, anche senza avere particolari stagionalità. Se la liquidità in conto si accumula e risulta strutturalmente elevata ed eccedente i fabbisogni correnti, le aziende possono decidere di usarla per ripagare debiti o per investirla in modo più o meno duraturo.

Ma tale liquidità potrebbe essere restare sul conto anche per la forte incertezza di contesto economico, che induce a non dare corso a piani di investimento. Insomma, attenzione a non pensare che le tesorerie aziendali siano una sorta di scrigno da indurre, con le buone o le cattive, ad “investire”, non è chiaro in cosa e perché.

Eviterei quindi di balzare a conclusioni assurde come quelle contenute in questo articolo, che sono del tipo “rendiamo un inferno la gestione della tesoreria e le aziende investiranno”. Ah, la magia. A volte non basta essere macroeconomisti o avere lauree in lettere e filosofia, per parlare di finanza aziendale. Incredibile, vero?

Mustier ha anche detto: i clienti colpiti dai tassi negativi potranno gestire la liquidità ricorrendo a fondi d’investimento collocati dalla banca. Saranno prodotti a commissioni basse e legate ad un risultato che punta ad un ritorno non negativo. Detta così, significa tutto e nulla. Ma una cosa dovrebbe essere chiara, sin d’ora: se i rendimenti di mercato monetario ed obbligazionario sono pesantemente negativi, per ottenere almeno rendimento zero occorre aumentare pesantemente il rischio dei prodotti in cui si investe.

Questo significa investire, ad esempio, in carta commerciale di altre aziende, che finisce in un calderone di fondi “monetari” che in realtà hanno una rischiosità elevata. Siamo certi che una tesoreria aziendale, che punta ad avere disponibilità prontamente liquidabili senza rischio, possa accettare di investire in “scatole nere” che magari ficcano in portafoglio obbligazioni spazzatura e di mercati emergenti, e che hanno anche evidenti rischi di liquidità, quando ad esempio molti sottoscrittori cercano di ottenere il rimborso?

Attenzione alle illusioni ottiche, dunque. Non si può impedire a giornalisti ed economisti di congetturare che tassi negativi di conto sono la via per aumentare gli investimenti aziendali (sic), ma le tesorerie aziendali possono e devono restare ancorare alla realtà. Quanto alla spiegazione “funzionale” e “nobile” di questa misura, cioè “migliorare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria”, beh, vorrei tanto che fosse così ma non lo è.

Provate a percuotere a sangue un cavallo che non intende bere. Finirete col dare l’acqua, magari mischiata a sostanze eccitanti, ai cavalli che in qualche modo ancora bevono, dopandoli. O facendone degli zombie in attesa di stramazzare al suolo.

La mossa di Mustier, con l’offerta di fondi di breve e brevissimo termine che puntano almeno al rendimento zero, ha un’altro evidente obiettivo: quello di rivitalizzare con grandi masse le reti di vendita delle banche, che soffrono sempre più per il ricorso a strumenti d’investimento passivi ed a basso costo, come gli Etf, con cui investitori accorti costruiscono portafogli.

Se i fondi a gestione attiva, costosi e spesso impegnati in gestioni assai poco attive, finiscono ad essere erosi dalla consapevolezza di risparmiatori ed investitori, sono guai seri per banche, società di gestione e tutta la costosa sovrastruttura delle reti di vendita, molte delle quali specializzate in eventi in location esclusive, Christmas Party ed assimilati. Che c’è di meglio che piazzare miliardi di fondi cosiddetti “monetari” pieni zeppi di debiti di qualità infima ed attaccarci una bella commissione di gestione, anche di pochi centesimi ma su masse molto elevate?

Attenzione, quindi, alle unintended consequences dei tassi negativi sul conto corrente. Questo è l’ordine “naturale” delle cose, quando una banca centrale applica tassi sempre più negativi alle riserve libere delle banche commerciali. Del resto, l’idea di tassi negativi è proprio quella della “ricomposizione di portafoglio”, cioè di spingere gli investitori alla ricerca di rendimenti positivi verso investimenti progressivamente più rischiosi, e far giungere, per questa via, risorse all’economia reale.

Oppure distruggere il valore segnaletico di tassi e prezzi degli attivi, e spingere l’aumento di rischiosità degli investimenti, non remunerata a sufficienza. Tanto, poi, se qualcosa va storto, arrivano le banche centrali e salvano il mondo riducendo ulteriormente i tassi, no?

Ultimo punto: l’iniziativa di Unicredit produrrà un effetto contagio? Si, nella misura in cui i clienti, privati facoltosi e corporate, mostreranno di essere sensibili al fattore prezzo, cioè ai tassi negativi. In quel caso, essi sposteranno grandi masse verso le banche che non hanno ancora tassi negativi sul conto corrente, costringendole a difendersi ed applicare a loro volta i tassi negativi. No, nella misura in cui i clienti accetteranno senza fiatare che i loro saldi liquidi siano spostati su prodotti “monetari” opachi, a rendimento promesso almeno nullo. Ed altri servizi a valore aggiunto, più o meno.

Vedremo quindi cosa faranno le grandi tesorerie aziendali, ma cominciate a eradicarvi dalla testa l’idea che i tassi negativi di conto siano la strada per spingere gli investimenti aziendali. Quelle cose lasciatele dire e scrivere a quelli che girano con un’ampia cartucciera di proiettili d’argento. Io nel frattempo ho sempre più forte l’impressione che questa storia dei tassi negativi ci stia sfuggendo di mano, e che non finirà bene.

 

Articolo pubblicato su phastidio.net

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