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Macron

Vi spiego le differenze fra Piano Biden e Recovery Plan Ue. Parla Sapelli

Quali sono gli obiettivi del Piano Biden? Quali effetti avrà sull'economia Usa? E che differenze ci sono con il Recovery Plan in Europa? Ecco le risposte di Giulio Sapelli, economista e storico dell'economia, a Start Magazine

 

2300 miliardi di dollari in otto anni per un programma di investimenti statali incentrati su infrastrutture e nuovi posti di lavoro, il tutto strizzando l’occhio alle energie rinnovabili e alla transizione ecologica. Professor Sapelli, come valuta l’American Jobs Plan di Joe Biden?

Penso che si tratti di una decisa inversione di rotta per quantità dell’investimento. Emerge però un tratto di continuità con la linea adottata dall’amministrazione Trump: usare la Federal Reserve come finanziatore della riproduzione sociale.

Chi saranno i beneficiari del piano Biden?

Il piano Biden è un formidabile impulso al reddito delle famiglie, al sostegno ai disoccupati, ma quello che colpisce maggiormente di questo finanziamento è che interessa le fasce di reddito fino a 70000 dollari e le coppie fino a 150000 dollari. Questo è dunque un finanziamento che non sostiene la povertà ma aiuta le classi medie. La middle class che nella classificazione della sociologia nord americana comprendeva anche la classe operaia.

E’ ancora così?

Oggi nei fatti non è più così; gli operai, anche a causa della forte immigrazione e della mano d’opera a basso costo, hanno visto peggiorare le loro condizioni e hanno bisogno di sostegno. Operazione anticiclica di grande interesse se guardiamo a quello che sta succedendo in Europa che quello che emette in discussione la ripresa del ciclo e la tenuta stessa della democrazia è l’impoverimento delle classi medie”.

Come accennava, la middle class e gli operai, i cosiddetti utility workers, non sono stati trascurati dal piano di rilancio di Biden anche se a riguardo non mancano opinioni contrastanti: Sean McGarvey, presidente del sindacato costruttori stelle e strisce, sostiene che il passaggio alla green economy potrebbe costare una calo del salario fino al 75% per milioni di operai

Il grande problema dei sindacati americani oggi non è solo l’abbassamento dei salari, ma soprattutto quello del livello di occupazione che si prevede intorno al 20%. Sopratutto nel settore automotive, perché una macchina elettrica non è altro che un frigorifero messo su quattro ruote, non ha più quell’input-output di 500/600 componenti che una macchina a scoppio ha. Tralasciando il grande problema che pone per le batterie, perché molti di questi minerali che servono per assemblarle sono cancerogeni e difficilmente smaltibili. In questo senso però, anche a fronte dei 16 miliardi stanziati per chi perderà il lavoro, vedo il piano Biden come un sostegno al reddito in questa complessa transizione”.

L’intervento nelle infrastrutture e l’incremento della tassazione alle imprese si compensano nelle politiche di rilancio?

Sì, anche perché riguardo l’aumento della tassazione alle imprese bisogna sempre tenere presente quello che poi accade realmente: la capacità di evasione fiscale delle multinazionali e delle imprese medie americane è elevatissima. Negli Usa tutti i cittadini pagano le tasse, ma anche in questo caso ci sono trucchetti come spostare la residenza in stati dove il regime fiscale è maggiormente vantaggioso e Biden lo sa benissimo.

L’aumento delle imposte sarà rilevante?

L’ incremento delle tasse sulle società non è poi così rilevante, se ne parla per dare un contentino alla sinistra del partito democratico, agli ex elettori di Sanders e a quei pochi deputati che sono riusciti a reggere. Credo che sia un grosso tentativo di eliminare quello che Robert Raich, economista del lavoro, chiamava i “working poor”. La scomparsa dei working poor sarebbe un pericolo mortale per la democrazia americana perché questa si basa su due pilastri: il sostegno della classe operaia e delle classi medie, e via via nell’integrazione dei neri e dei gitanos, messa a dura prova con l’esperienza Trump. Non è sicuramente con le manifestazioni “Black Lives Matters” che si risolve il problema e Biden sa bene che se apre a quel fronte lascia troppo spazio al filone di sinistra democratica di Ocasio-Cortez.

Quindi il piano rischia di non avere un robusto sostegno politico?

Vedo questo piano come il primo tentativo di ricucitura sociale americana. Non sono sicuro però che Biden abbia nella vicepresidente Harris una persona in grado di favorire questa ricucitura sociale avendo un passato di aggravamento delle diseguaglianze come procuratore, dove non si è certo distinta per lungimiranza e per comprensione della necessità di questa integrazione. Sul piano politico non mi pare che questo piano economico di intervento pubblico per il rilancio abbia un sostegno politico sufficiente, soprattutto a guardare la cuspide della democrazia americana”.

È possibile fare un confronto tra il Recovery Plan europeo e il Piano Biden?

No, è incomparabile proprio perché viene da una struttura economica profondamente diversa. Qui la deflazione secolare è il dogma, la questione del pericolo dell’inflazione oltre il 2%, che è una cosa ridicola, è qualcosa che accomuna l’ordoliberismo europeo con quello nord americano: vengono da storie intellettuali molto diverse ma sono forme di capitalismo/liberismo economico a leva finanziaria dispiegata. Gli Stati Uniti però hanno una banca centrale e una costituzione. È uno stato federale, si sa quello che devono fare i singoli stati e ciò che deve fare il potere centrale.

Il piano Biden è keynesiano?

L’American Jobs Plan non è un piano keynesiano classico, è qualcosa di più, lo definirei neokaleschiano, da Michael Kalecki, grande economista che si occupava di teoria della disoccupazione, perché questo piano mira a respingere l’occupazione non soltanto con l’aumento del reddito, il moltiplicatore keynesiano, ma con nuovi investimenti, capitale fisso. Fare strade, fare costruzioni sostenere la vita delle imprese è molto diverso da un progetto keynesiano. È un progetto tipico delle tradizioni più schumpeteriane che c’è in un corrente degli economisti americani il cui interprete maggiore è Paul Krugman.

Il problema in Europa dunque è anche quello di non avere una Bce in stile Fed?

Quello che colpisce è che gli stati membri sono uniti solo da trattati. Non avendo una costituzione, non avendo una banca centrale che funziona come tutte le altre ma bensì un ente pubblico dell’economia governato da trattati che quindi non può erogare finanziamenti direttamente sui conti correnti ma deve limitarsi a comprare dei titoli di stato per sostenere le banche e auspicare in questo modo che si riavvii la circolazione capitalistica e anche il reddito.

Chi zavorra le politiche economiche in Europa?

L’Europa viene trascinata nella terra della povertà dalla stupidità democristiana tedesca. Finché non finisce il dominio cristiano-democratico in Germania, l’Europa non si salva. Penso che il piano Biden si farà sentire anche nel Vecchio continente cambiando le regole del gioco. L’aumento dei verdi in Germania è la prova di questo, perché i verdi voglio la riscrittura del patto di stabilità e chiederanno di farlo sulla base dell’American Jobs Plan.

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