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Banche Italiane

Vi spiego il dilemma delle banche centrali

Il commento sul tema delle banche centrali a cura di Massimo De Palma, head of Multi Asset Team di GAM (Italia) SGR   In mercati dominati da anni dalla politica monetaria e dalla sicurezza sulla ‘put’ dei Banchieri Centrali, ha destato scalpore nei giorni scorsi il comportamento della BoC (Bank of Canada) che ha posto…

 

In mercati dominati da anni dalla politica monetaria e dalla sicurezza sulla ‘put’ dei Banchieri Centrali, ha destato scalpore nei giorni scorsi il comportamento della BoC (Bank of Canada) che ha posto fine al Quantitative Easing (QE) e si è dichiarata pronta ad alzare i tassi a inizio 2022 in caso di inflazione persistente. Al di là di tutte le congetture sulle mosse di politica monetaria globale dei prossimi mesi, quel che si può già commentare con ragionevole certezza è che entriamo in uno scenario decisamente diverso, in cui l’archetipo della Banca Centrale “necessaria-mente munifica” inizia a vacillare. Al contrario, quel che si osserva è che le Autorità si muovono in ordine sparso, aumentando la volatilità delle curve e, di conseguenza, anche di tutte le altre asset class.

Ad accompagnare la decisione della BoC c’è stata infatti anche la Banca Australiana, protagonista di un equilibrismo fra l’abbandono della strategia di con-trollo di curva (YCC), percepito come restrittivo, ma senza modificare i piani relativi a QE e non anticipando il primo rialzo, che per ora resta stimato al 2024. Nella nuova impostazione con cui ci apprestiamo a convivere, si può quindi distinguere innanzitutto un gruppo di Banche Centrali più avanti nel processo di uscita dalle politiche monetarie ultra-espansive, dalle quali ci si attende una sorta di presa d’atto di un’inflazione difficilmente definibile transitoria e dunque un’accelerazione sui piani del tapering e dei rialzi dei tassi.

Fra queste, oltre alla già menzionata Banca Canadese e a quella inglese, vi è anche la Fed. Jerome Powell ha annunciato l’inizio immediato del tapering, già a novembre gli acquisti di titoli verranno ridotti di 15 miliardi. Se verrà mantenuto questo ritmo il programma terminerà il prossimo giugno. Tuttavia, ha precisato che l’inizio del tapering non implica alcun automatismo sui tassi di interesse. Fino a quando il mercato del lavoro non raggiungerà la piena occupazione la FED intende mantenere la più ampia flessibilità.

All’altro estremo dello spettro ci sono invece la BCE, la Banca Centrale Svizzera e quella giapponese. Al momento non ci sono avvisaglie di un cambio di rotta, a dispetto di dati d’inflazione in continua salita. Al contrario, le ultime dichiarazioni ufficiali confermano gli impegni su QE e, soprattutto, sul non toccare i tassi nel 2022, anche se i mercati attualmente dimostrano di non credere fino in fondo a questo assunto.

D’altro canto, lo stato dell’arte è tale per cui ogni sorpresa in senso più restrittivo, in quanto per definizione inattesa, porterebbe grande scompiglio sui mercati dei tassi e delle valute. Al momento non se ne ravvisano i presupposti, ma sappiamo bene dal passato quanto le Autorità monetarie possano essere rapide nei cambi di rotta.

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