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Vi spiego fini e casini del federalismo fiscale. L’audizione di Tria in Parlamento

Che cosa ha detto oggi il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, in audizione alla Bicamerale sul federalismo fiscale

“L’assenza dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), la mancata riforma del catasto e la carenza di risorse finanziarie rende poco agevoli le scelte per un progressivo abbandono della spesa storica in favore di fabbisogni e capacità fiscali standard”.

E’ la frase clou pronunciata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, in audizione sull’Autonomia davanti alla Bicamerale sul federalismo fiscale: “L’attuazione della delega – ha aggiunto Tria – è stata pesantemente condizionata dalla crisi economica e dai conseguenti vincoli di bilancio che hanno richiesto l’imposizione di significative manovre finanziarie a carico degli enti territoriali. Gli interventi succedutisi a partire dal 2011 hanno privilegiato l’equilibrio dei conti pubblici e ridotto i trasferimenti statali. Conseguentemente il disegno riformatore ha registrato un sostanziale rallentamento”.

Un tema complesso e importante per il futuro del Paese che finora è stato applicato solo parzialmente e in parte violandone i principi ispiratori, quello affrontato dal titolare del Tesoro in Parlamento.

CHE COSA HA DETTO TRIA IN PARLAMENTO

Tria, reduce dall’audizione sul Def di ieri, ha oggi parlato davanti alla commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. Secondo il titolare di via XX Settembre, il disegno va completato “sotto il profilo degli strumenti perequativi sulla base dei fabbisogni standard e della capacità contributiva” e bisogna porre “più attenzione sulle Regioni e sugli Enti locali che hanno difficoltà nel trovare un equilibrio di bilancio”.

A parere di Tria, “la difficoltà di riscossione è la causa principale di dissesto e di predissesto” e migliorare la “qualità dei servizi incide pure sulle competenze del sistema economico”. Di sicuro, ha poi concluso, “la finanza locale nel suo complesso ha fatto molto per aumentare l’autonomia finanziaria con la riforma della contabilità e la semplificazione delle regole di finanza pubblica e il venir meno dal 2019 del blocco della manovrabilità fiscale”.

CAPACITÀ FISCALE COMUNI-REGIONI 475 EURO A CITTADINO

Durante l’intervento, Tria ha menzionato la capacità fiscale dei Comuni e delle Regioni, cioè il gettito tributario che spetta al territorio, che “ad oggi è stimata in 25,5 miliardi di euro di cui quasi il 50 per cento si riferisce al gettito standard di Imu e Tasi. La capacità fiscale pro capite per il totale dei Comuni e delle Regioni a statuto ordinario è di 475 euro”. Ha evidenziato poi che “i Comuni e le Regioni del Centro Sud hanno una capacità ben al di sotto del valore medio totale”.

IL PERCORSO DEL FEDERALISMO FISCALE

Nell’ottica di un federalismo fiscale vero occorre puntare sull’abbandono della spesa storica per favorire fabbisogni standard ma si tratta di un percorso non semplice. Infatti, ha chiarito il ministro, “l’assenza dei Livelli essenziali delle prestazioni, la mancata riforma del catasto e la carenza di risorse finanziarie rendono poco agevoli le scelte per un progressivo abbandono della spesa storica in favore di fabbisogni e capacità fiscali standard”.

Peraltro, ha aggiunto, “l’attuazione della delega è stata pesantemente condizionata dalla crisi economica e dai conseguenti vincoli di bilancio che hanno richiesto l’imposizione di significative manovre finanziarie a carico degli enti territoriali. Gli interventi succedutisi a partire dal 2011 hanno privilegiato l’equilibrio dei conti pubblici e hanno ridotto i trasferimenti statali. Conseguentemente il disegno riformatore ha registrato un sostanziale rallentamento“.

LA LEGGE DI BILANCIO 2019

Tria ha poi menzionato la legge di Bilancio per il 2019 che, “anche a seguito delle sentenze della Corte costituzionale, ha semplificato le regole di finanza pubblica applicate da Regioni ed Enti locali, completando in questo modo il percorso avviato alcuni anni fa”. Sempre nell’ultima Manovra, sul fronte degli investimenti, per rilanciarli “è stata prevista la possibilità di utilizzare, senza limiti, gli avanzi di amministrazione e i fondi pluriennali vincolati, correggendo così uno dei limiti principali dell’assetto precedente. L’impatto in termini di maggiori investimenti è dato dall’entità dagli avanzi potenzialmente utilizzabili che, in un arco temporale pluriennale, è stimabile in circa in 23 miliardi (14,6 miliardi per i Comuni, 3,3 miliardi per le Province e Città metropolitane e 5,5 miliardi per le Regioni)”. Si tratta di cifre, ha evidenziato “concentrate in prevalenza nel Nord del Paese”.

Comunque, “una parziale verifica degli effetti delle nuove regole contabili sulla dinamica dei pagamenti per spese d’investimento sembra confermare, a partire dall’ultimo trimestre dello scorso anno, un’accelerazione della spesa per gli investimenti. Tra ottobre 2018 e febbraio 2019 si registra un 17,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

 

(estratto di un articolo pubblicato su Policymakermag.it, qui per leggere la versione integrale)

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