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Vi racconto le ultime novità su Mes e Recovery (con le figure barbine di Gualtieri)

L'approfondimento di Giuseppe Liturri su Mes, Recovery Fund e sortite del ministro Gualtieri

Il Mes ed il Recovery Fund continuano ad occupare il centro della scena del dibattito parlamentare ed è presumibile restino a lungo sotto i riflettori.

Ieri, quando ancora non si era spenta l’eco delle parole, forse dal sen fuggite, del ministro Roberto Gualtieri a proposito dello status di creditore privilegiato del Recovery Fund, una risoluzione di maggioranza in occasione del voto del Senato sullo scostamento di bilancio ha gettato lo scompiglio nelle linee, già piuttosto agitate, della maggioranza politica.

Nel documento, firmato da tutti i capigruppo dei partiti che appoggiano l’attuale governo, si impegna l’esecutivo a “a prevedere l’utilizzo, sulla base dell’interesse generale del Paese e dell’analisi dell’effettivo fabbisogno, degli strumenti già resi disponibili dall’Unione europea per fronteggiare l’emergenza sanitaria e socio economica in atto”. Non c’è bisogno di una esegesi particolarmente approfondita per scorgere il chiaro riferimento al Mes e questo rende sempre più vicino il momento in cui il M5S dovrà confrontarsi con la linea rossa apparentemente invalicabile, oltre la quale c’è l’utilizzo di questo strumento.

Come se non bastasse la pressione sul fronte interno, è poi giunto anche il direttore finanziario del Mes, Kalin Janse, ad illustrare in un intervento sul sito del Mes, le presunte virtù salvifiche dell’istituzione che gli paga lo stipendio. La totale inconsistenza degli argomenti portati per dimostrare il presunto risparmio per Italia e Grecia derivante dalla richiesta di quel prestito, lascia intendere la seria difficoltà per il Mes di giustificare la sua esistenza. Oggi l’Italia non ha rischio di liquidità (tutte le aste registrano un’abbondante offerta su tutte le scadenze), non ha rischio di tasso (ieri l’asta del Bot a 6 mesi ha fatto registrare un tasso pari al -0,28%) e quindi non sa che farsene di prestiti offerti da un creditore privilegiato come il Mes, strutturato per Paesi la cui stabilità finanziaria è a rischio e che hanno perso l’accesso ai mercati. È un dibattito che non dovrebbe nemmeno esistere.

Avantieri era invece toccato al ministro Gualtieri, in audizione presso le commissioni Bilancio e Finanze riunite, esibirsi in un intervento che non ha mancato di suscitare scalpore.

Il casus belli è stato scatenato dalla domanda del senatore Alberto Bagnai, finalizzata a sapere se fossero vere le voci riportare dal Sole 24 Ore circa tensioni di cassa a settembre, nel caso di mancato ricorso al Mes. Inoltre il senatore chiedeva anche di conoscere se fosse stata esplorata dal Mef l’eventualità di emettere debito con privilegio a favore del creditore, ottenendo così condizioni migliori rispetto ai Btp che sono “pari passu”, i cui detentori concorrono cioè alla pari con gli altri creditori dello Stato nel soddisfacimento del loro credito.

Riguardo al primo punto, il ministro ha testualmente affermato che “il tema non esiste”, con ciò derubricando a retroscena senza alcun fondamento il titolo di prima pagina del principale quotidiano economico-finanziario italiano. Non a caso i mercati non avevano fatto una piega.

Sul secondo tema, Gualtieri ha affermato, in scioltezza, che un eventuale privilegio non consentirebbe tassi più bassi rispetto a quelli già attualmente praticati da creditori privilegiati come Mes, Recovery Fund (RF) e fondo Sure.

Il presidente Claudio Borghi non ha perso l’occasione di rimarcare questa affermazione del ministro che non appare affatto come una “normalità”, così come da egli stesso definita. Infatti il Mes è creditore privilegiato per esplicita previsione inserita nel suo Trattato istitutivo, ma da nessuna parte abbiamo trovato scritto che i prestiti del RF godranno dello stesso status, né il regolamento istitutivo del Sure fa alcun cenno a tale status. Né alcuna delle 67 pagine dell’accordo politico dell’ultimo Consiglio Europeo del 21 luglio riportano alcunché, eppure di spazio ne avevano. A questo punto, delle due, l’una: o lo status di creditore privilegiato non esiste e quindi il ministro ha davvero detto un’inesattezza, o lo status esiste ed è allora davvero grave che sia rimasto finora nascosto.

L’aspetto curioso della vicenda è che il ministro ha risposto mentre scorreva lo schermo del suo telefonino, dando l’impressione di leggere un testo, cercare di comprenderlo e, contemporaneamente, formulare una risposta. Ed è parsa davvero una voce dal sen fuggita quella del ministro. Qualche collaboratore gli ha forse rivelato ciò che si apprestano a scrivere nei regolamenti (ammesso e non concesso che sia sufficiente) e cioè che anche i prestiti del RF avranno status di creditore privilegiato, alla maniera del Fondo Monetario Internazionale e del Mes. Ed infatti Borghi ha preso subito la palla al balzo, definendo il Recovery Fund un “super Mes”.

Ma questo è ancora il meno, infatti il RF presenta almeno 4 profili critici:

  1. Continua ad essere incerto nel suo ammontare, in quanto tutti dati sui presunti miliardi destinati all’Italia sono finalmente accompagnati dal modo verbale condizionale. La Commissione non ha rilasciato dati, quelle che circolano sono solo stime dei governi.
  2. La Commissione non può riversare sui mercati circa 850 miliardi di titoli in un attimo. Il Financial Times ha pubblicato stime secondo le quali il grosso delle emissioni si concentrerà tra il 2021 ed il 2024, con il RF in particolare concentrato tra 2022 e 2024. E se la Commissione non raccoglie denaro con le sue obbligazioni, i bonifici agli Stati non possono partire. Quindi i fondi a prescindere dal loro ammontare, arriveranno con relativa lentezza.
  3. Infine, la stima del beneficio netto. Oggi non è possibile calcolare alcun beneficio netto per il nostro Paese. Come detto, è perfino in dubbio il calcolo del beneficio lordo. Il denaro preso in prestito dalla Commissione per erogare 390 miliardi di sussidi e 360 miliardi di prestiti, dovrà essere restituito facendo affidamento sulle cosiddette “risorse proprie”, cioè nostre, in quanto trattasi di tasse (a partire da quella sulla plastica). I contributi al bilancio Ue, che determineranno il saldo netto per il nostro Paese del RF, saranno noti solo quando sarà noto o stimabile il gettito delle nuove imposte o i contributi aggiuntivi richiesti di anno in anno per chiudere in pareggio il bilancio UE. Risultano quindi premature ed affrettate tutte le stime circolate in questi giorni, dalle quali emerge un presunto beneficio netto positivo per il nostro Paese, come se oggi fossimo chiamati ricevere sussidi con una base di ripartizione del 20,4% sul totale ed a versare contributi in proporzione al PIL, come accade per il bilancio pluriennale ordinario 2021-2027. I conti si faranno alla fine e le sorprese potrebbero essere numerose. A partire, da un lato, dall’effettivo tiraggio da parte dell’Italia dei sussidi disponibili e, dall’altro, da come sarà ripartito il gettito delle nuove imposte tra i diversi Stati membri.
  4. Preoccupa il potenziale effetto recessivo indotto dal rispetto delle raccomandazioni Paese e delle altre condizioni poste per beneficiare dei fondi. Si tratta della solita litania fatta di tagli alla spesa ed aumenti di imposte che ci ha già mandato in recessione nel 2012-2014.

Di sicuro, oggi c’è una sola cosa: è stato elevato dal 1,4% al 2% del Reddito Nazionale Lordo l’ammontare massimo di risorse che la Ue può richiedere ai Paesi aderenti. Si andrà così a costituire un plafond annuo di circa 81 miliardi, ritenuto sufficiente dai mercati e dalle agenzie di rating, per concedere il rating tripla A alle emissioni obbligazionarie della Commissione.

Altro che status di creditore privilegiato, alla Commissione ed ai mercati interessa la certezza che i debitori paghino tempestivamente e la rete di sicurezza messa in piedi è di tutto rispetto. Anche perché il 2058, ultima data prevista per il rimborso delle obbligazioni, è molto lontano e, fino ad allora, non è detto che la Ue sia così com’è ora.

In fondo, anche l’Impero Romano e l’Unione Sovietica hanno avuto una durata limitata.

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