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Merkel Von Der Leyen Recovery Fund

Ecco gli ultimi giochetti di Merkel e Von der Leyen

Idee, proposte e mosse di Merkel e Von der Leyen commentate da Tino Oldani per Italia Oggi Sembra l’uovo di Colombo. Ma la sostanza è che, da gran furbona quale è sempre stata, Angela Merkel ha trovato la quadra per gli eurobond chiesti a gran voce da Emmanuel Macron e Giuseppe Conte, ovviamente senza gravami…

Sembra l’uovo di Colombo. Ma la sostanza è che, da gran furbona quale è sempre stata, Angela Merkel ha trovato la quadra per gli eurobond chiesti a gran voce da Emmanuel Macron e Giuseppe Conte, ovviamente senza gravami eccessivi per la Germania, meno che mai una condivisione del debito con i paesi «cicala».

La cancelliera, in una conferenza stampa, si è detta infatti disponibile a valutare l’introduzione nell’Unione europea un nuovo strumento finanziario, in chiave di solidarietà con i paesi più colpiti dal Coronavirus, purché ciò avvenga nel rispetto dei trattati.

Tutto ciò, ha tenuto a ribadire, non dovrà ovviamente comportare alcuna condivisione dei debiti con i paesi più colpiti dalla crisi economica, nel pieno rispetto non già di un trattato, bensì di un tabù ideologico ordoliberista molto sentito e rispettato in Germania. Il che, a prima vista, fino a pochi giorni fa sembrava impossibile da realizzare, un ostacolo insuperabile per gli eurobond.

Invece, grazie a una mossa astuta di Merkel, ora si può. E gli euroburocrati di Bruxelles, da sempre pronti alla execution dei suoi desiderata, sono prodighi di spiegazioni.

In buona sostanza, senza violare alcun trattato, il compito di emettere gli eurobond spetterà alla Commissione Ue, guidata da Ursula von der Leyen, che per prima cosa li battezzerà Recovery bond, o qualcosa di simile, per fare capire che si tratta di obbligazioni destinate a finanziare la ripresa post Covid-19, e non altro.

L’obiettivo è di raccogliere sui mercati circa mille miliardi di euro, che sommati ai 500 miliardi già messi in campo con il Mes, la Bei e il Sure dovrebbero portare il totale delle risorse disponibili per i 27 paesi Ue a 1.500 miliardi. Dunque, un arsenale ben munito, che dovrebbe accontentare tutti, a cominciare da Francia, Italia e Spagna, i primi a chiedere con forza gli eurobond.

Domanda d’obbligo: il bilancio annuale dell’Ue è pari a 158 miliardi di euro, grazie al fatto che ciascun paese membro versa l’1% del proprio pil nelle casse di Bruxelles.

Ma questi 158 miliardi sono già stati impegnati per altre spese, con i fondi regionali e con quelli strutturali. Come sarà mai possibile che la Commissione Ue riesca a raccogliere mille miliardi nel giro di pochi mesi senza avere nulla in cassa? Il suggerimento della Merkel alla sua amica Ursula è stato semplice quanto efficace: basterà raddoppiare il bilancio Ue, portando dall’uno al due per cento il contributo annuo di ciascun paese. In questo modo la Von der Leyen potrà risolvere non uno, bensì due problemi. Potrà finalmente stilare il bilancio Ue dei prossimi sette anni, finora in alto mare a causa di interminabili discussioni tra gli Stati membri seguite alla Brexit. Non solo: grazie al raddoppio delle entrate, potrà usare i 158 miliardi in più (a Bruxelles dicono che potrebbero essere 200) come garanzia per emettere i Recovery bond, e girare il ricavato ai paesi Ue che ne faranno richiesta come prestito agevolato, da restituire in tempi e a tasso d’interesse ancora da stabilire.

Con questo meccanismo di mercato, anche Merkel potrà superare in modo agevole due scogli. Il primo in Germania, dove l’aumento del contributo annuo al bilancio Ue, di cui l’economia tedesca beneficia non poco, sarà giudicato come un pedaggio tutto sommato utile per tenere insieme il mercato unico europeo, fondamentale per la ripresa industriale tedesca e della sua economia orientata all’export, e difficilmente potrà essere contestato come una condivisione di debito. Quanto al secondo scoglio, costituito dai suoi contestatori europei organizzati di recente intorno a Francia, Italia e Spagna, potrà dire di avere accolto la loro richiesta degli eurobond, confermando con i fatti, e non solo a parole, la solidarietà della Germania con i paesi maggiormente colpiti dalla crisi. Il che induce a considerare meno problematico per tutti il vertice Ue di giovedì 23 aprile.

(Estratto di un articolo pubblicato su Italia Oggi; qui la versione integrale)

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