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Nuovo Mes

Vi racconto come e perché Spagna e Portogallo evitano il Mes sanitario

Flop di Klaus Regling: il direttore del Mes aveva indicato i risparmi in termini di minori interessi con il ricorso al Mes sanitario. Ma Spagna, Portogallo e Grecia hanno detto "no grazie". L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

L’offensiva mediatica di Klaus Regling è stata un flop clamoroso. Il direttore del Mes, il discusso fondo salva-Stati, qualche giorno fa si è fatto intervistare da cinque agenzia di stampa europee (l’italiana Ansa, più quelle di Germania, Francia, Spagna e Portogallo) per offrire ai paesi del Sud Europa il Mes sanitario, assicurando che i paesi che avessero aderito alla nuova linea di credito avrebbero risparmiato molti soldi sugli interessi da pagare. Per esempio, due miliardi in dieci anni la Spagna, e sette miliardi l’Italia su un eventuale prestito di 36 miliardi. Il tutto, a suo dire, senza le «rigorose condizionalità» previste dal trattato Ue che ha dato vita al Mes. Un’offerta mediatica senza precedenti, con la quale il tedesco Regling, noto falco, ha recitato la parte del piazzista di buon cuore. Ma, a giudicare dai risultati, con scarsa credibilità.

I NO DI SPAGNA E PORTOGALLO AL MES SANITARIO

Nel giro di poche ore, infatti, gli hanno risposto «no, grazie» i governi di Spagna, Portogallo e Grecia. Guarda caso, proprio tre dei cinque paesi (gli altri sono l’Irlanda e Cipro) che negli anni scorsi hanno avuto a che fare con il Mes quando si sono trovati in crisi e hanno avuto difficoltà bancarie, oppure per collocare sui mercati i loro titoli pubblici. Ma ora, hanno tenuto a precisare i ministri economici dei tre paesi, le loro emissioni di bond non hanno nessun problema di accesso ai mercati finanziari, in quanto i loro debiti pubblici sono considerati sostenibili. Concetto ribadito perfino dal governo della Grecia, il paese più colpito dalla crisi post Covid-19, tanto che nel 2020, secondo le previsioni, dovrebbe registrare un crollo del pil del 9,7%, superiore a quello dell’Italia.

CHE COSA FARA’ L’ITALIA SUL MES SANITARIO?

Già, l’Italia. Che farà? Accetterà di attivare il Mes sanitario, o no? Finora il premier Giuseppe Conte è apparso dubbioso, e su pressione dei grillini, finora indecisi su tutto, figuriamoci sul Mes, ha rinviato la decisione al Parlamento. Più deciso sul da farsi è invece il Pd, che sta facendo di tutto per arrivare a dire sì. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è da sempre un fautore del Mes, visto che da eurodeputato ne è stato il relatore davanti al Parlamento Ue. E Paolo Gentiloni, commissario Ue per l’Economia, in una recente intervista alla Stampa, nel dirsi favorevole al Mes sanitario, ha convenuto che una richiesta di gruppo sarebbe stato un buon segnale. Forse sperava che gli altri paesi del Sud Europa facessero gruppo con l’Italia nel dire sì, ma si è sbagliato di grosso.

CHE COSA SI CELA DIETRO AL MES

Piaccia o meno, il secco no a Regling di Spagna, Portogallo e Grecia costituisce una cartina di tornasole sulla vera natura del Mes. In base al trattato Ue che l’ha istituito, questo fondo può concedere prestiti soltanto con «rigorose condizionalità». E perché questa condizionalità non abbiano luogo, non bastano le dichiarazioni politiche dell’Eurogruppo, o quelle dei commissari Ue, ma è necessario modificare il trattato. Il che richiederebbe l’unanimità dei paesi Ue, cosa oggi impossibile per l’ostilità di Germania e Olanda, paesi leader dell’austerità Ue, perciò fautori di un Mes gestito con severità, specie nei confronti dei paesi indebitati del Sud Europa.

IL RUOLO DI REGLING

Che Regling sia l’interprete perfetto per questo ruolo, lo ha ammesso lui stesso nelle interviste più recenti, in cui ha lasciato intendere che il Mes leggero potrebbe restare tale solo per i primi due anni, ma poi, come ogni banca che si rispetti, anche il Mes dovrà esercitare una «sorveglianza» sui paesi debitori, monitorandone le capacità di rimborso. Per cui se la periodica analisi sulla sostenibilità del debito pubblico (Dsa) dei vari paesi, condotta dai funzionari di Bruxelles, dovesse riscontrare elementi critici proprio sulla sostenibilità, in automatico scatterebbe la richiesta di misure correttive, con tanti saluti al Mes leggero, e insediamento al governo dello stesso Regling, insieme a Bce e Commissione Ue.

I RISCHI PER SPAGNA E NON SOLO

Una situazione in cui l’Italia, se avesse il Mes in casa, potrebbe trovarsi tra pochi mesi, quando l’ammontare del debito pubblico in rapporto al pil, con ogni probabilità, sarà sopra il 160% a causa della crisi post Covid-19: una soglia da allarme rosso per le agenzie di rating, che da quel momento potrebbero declassare i bond italiani al rango di titoli spazzatura. A quel punto, accesso ai mercati addio, governo esautorato, e mano libera a Regling per stabilire le «misure correttive» . Un’esperienza che Grecia, Spagna e Portogallo hanno già provato sulla loro pelle e non hanno alcuna intenzione di ripetere, ben sapendo che le correzioni imposte da Regling, attuate con migliaia di micro-decreti asfissianti, hanno comportato più tasse, tagli degli stipendi e delle pensioni, massacro del welfare, svendita degli asset migliori. Sacrifici durissimi a cui, per esempio, la Grecia dovrà sottostare fino al 2070, quando avrà finito di rimborsare i prestiti del Mes, cioè per altre due generazioni.

(estratto di un articolo pubblicato su Italia Oggi; qui la versione integrale)

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Aggiornamento:

Nemmeno la Francia chiederà un prestito al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Lo ha chiarito il 14 maggio il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire in un briefing con la stampa alla vigilia della riunione dei board dei governatori dell’Eurogruppo che finalizzerà il pacchetto di 540 miliardi di aiuti europei: Mes, iniziativa della Bei e piano Sure della Commissione Ue di sostegno alla disoccupazione. Almeno in prima battuta, l’Italia potrebbe dunque ritrovarsi da sola a chiedere aiuto al Salva Stati, anche se il ricorso al Mes ancora divide la maggioranza di Governo. La Francia si aggiunge a Spagna, Grecia, Portogallo. (fonte: Huffington Post Italia)

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