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Usa, perché sembra un buon momento per il mercato del lavoro

L’occupazione negli Usa sta registrando un trend di forte crescita, con un aumento di 500.000 posti di lavoro negli ultimi tre mesi, un dato che si avvicina alla media mobile a 12 mesi. Il commento di Jeffrey Cleveland, Chief economist di Payden & Rygel

 

Nonostante il Pil statunitense del primo trimestre sia stato negativo e nonostante i comprensibili timori di recessione, attualmente i dati relativi a salari e occupazione continuano ad essere piuttosto positivi. L’occupazione negli Usa sta registrando un trend di forte crescita, con un aumento di 500.000 posti di lavoro negli ultimi tre mesi, un dato che si avvicina alla media mobile a 12 mesi. Tra l’altro, la crescita degli impieghi è il miglior indicatore in tempo reale dell’andamento dell’economia; quindi, a nostro avviso, l’economia statunitense gode ancora di un buono slancio.

Non sorprende che i settori che stanno registrando i maggiori profitti siano il tempo libero, l’ospitalità e i trasporti, dal momento che i consumatori stanno tornando a godersi la vita all’aperto dopo i lockdown. La domanda di lavoro negli Stati Uniti è elevata: c’è un’enorme richiesta di manodopera nei più svariati settori, dalle piccole imprese fino alle grandi multinazionali, ed è complicato reperire personale in grado di coprire tutte le posizioni aperte. I dati relativi al mese di marzo evidenziano, infatti, un gap tra i posti di lavoro vacanti (quasi 12 milioni) e il numero di disoccupati (5,9 milioni): in pratica, per ogni disoccupato ci sono circa due posti di lavoro disponibili.

Nel primo trimestre del 2022 la produttività è scesa del 7,5% circa, un livello record negli ultimi 75 anni, facendo impennare il costo del lavoro. Il calo del Pil del primo trimestre si è verificato per ragioni abbastanza controintuitive. Negli Usa il livello delle importazioni ha superato quello delle esportazioni, come conseguenza dell’andamento economico globale, influenzando la crescita complessiva. La domanda interna, tuttavia, è rimasta molto forte, pertanto crediamo che gli investitori non si debbano soffermare troppo sui dati che mostrano un declino della produttività nel primo trimestre.

Sul tema del divario tra domanda e offerta di lavoro, l’opinione pubblica statunitense si divide sostanzialmente in tre grandi gruppi: imprenditori, consumatori e banche centrali. Le aziende che cercano manodopera per soddisfare la domanda del mercato devono essere disposte a pagare di più i lavoratori; il numero di persone che hanno rassegnato le dimissioni ha raggiunto un livello record nei dati di marzo, proprio perché i lavoratori che si spostano ottengono un salario migliore altrove. Questa dinamica rappresenta un problema per gli imprenditori, ma è un grande vantaggio per i dipendenti e per il consumatore medio, che non assisteva ad una crescita salariale così forte da oltre due decenni. La terza categoria è rappresentata dai banchieri centrali, che temono il fatto che la crescita salariale più elevata e rapida possa alimentare l’inflazione. Per questo motivo la Fed sta cercando di frenare la domanda per ridurre la richiesta di lavoro, far scendere i costi salariali e tenere sotto controllo l’inflazione. L’esito di questa manovra, però, non è per nulla scontato.

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