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Università

Università, ecco perché i prof. sbuffano contro la legge di bilancio

Tutti i dettagli sul documento critico predisposto dai professori riuniti nel Movimento per la dignità della docenza universitaria sul disegno di legge di bilancio

Ai professori universitari non piace per niente il disegno di Legge di Bilancio predisposto dal governo e ora all’esame della Camera dei Deputati lo scorso 18 novembre. Finanziamenti di carattere estemporaneo e non strutturale, poche risorse per gli studenti e nessuna lungimiranza per la stabilizzazione dei ricercatori precari.

Sono questi i punti salienti del documento di protesta redatto dal Movimento per la dignità della docenza universitaria, un’associazione di docenti universitari guidati dal prof. Carlo Ferraro, docente del Politecnico di Torino. Il Movimento universitario non si è fermato alla protesta ma ha anche delineato un quadro di proposte che puntano a dar affluire più risorse all’università per il personale universitario, per la ricerca e per il diritto allo studio.

Movimento per la dignità della docenza universitaria: lo stato di agitazione

Due anni fa il Movimento per la dignità della docenza universitaria fece sentire forte la sua voce proclamando uno sciopero degli esami di profitto cui aderirono oltre 5mila docenti. Allora come oggi a non passare l’esame fu la Legge di Bilancio, carente, secondo i docenti, di misure adeguate in merito a scatti di anzianità, borse di studio per gli studenti e assunzioni di docenti associati e ricercatori.

Le rimostranza dei professori: “L’Università è la Cenerentola di sempre”

I professori lamentano di non aver visto confermate nella Legge di Bilancio le buone iniziative messe in campo con il Decreto Rilancio. “Quello che per ora si può dire è che l’Università è tornata ad essere la cenerentola di sempre, dopo la fiammata del Decreto Rilancio che aveva fatto sperare in un segnale di cambio di passo” – si legge nella lettera appello del Movimento – “Ora sembra invece che il Governo e il Ministro intendano gestire l’esistente e l’ordinaria amministrazione, con solo qualche ritocco, anziché programmare una fase di vero rilancio, ignorando quasi tutte le legittime aspettative del personale e tutti gli altri problemi strutturali (problemi che le nostre proposte avevano evidenziato e cercato di risolvere) e dedicando invece molta attenzione, in continuità con le pratiche di amministrazioni precedenti, a un incremento dei fondi per la valutazione”.

La Legge di Bilancio stanzia 30 milioni per i Ricercatori a tempo Indeterminato

Il Movimento universitario lamenta la scarsità di risorse messe a disposizione per il piano straordinario per il passaggio da Ricercatori a Tempo Indeterminato (RTI) a Professore Associato (PA): 30 milioni di euro, prima erano 15 milioni. “Non è un granché neanche per gli RTI. Passare da 15 a 30 milioni di euro fa passare da 650 promozioni (preesistenti) a 1.300” – si legge nel testo del Movimento. Una delegazione di docenti aveva incontrato a Roma il Ministro dell’Università e della Ricerca, il prof. Gaetano Manfredi, discutendo proprio di questo piano. “Certo aumentano i posti da 650 a 1.300, che non dispiace ma resteranno in attesa ancora migliaia di RTI già abilitati. E non c’è nessuno spiraglio per tutti gli altri RTI. Non parliamo poi dei Professori Associati e dei Ricercatori a Tempo Determinato. Per loro nulla”.

Nessun finanziamento strutturale per la ricerca

Piatto forte delle rimostranze è l’assenza di un piano di finanziamenti strutturali per il mondo della ricerca. “È stato rifinanziato il Programma Nazionale per la Ricerca (PNR), preesistente, con 200 milioni di euro per il 2021 e il 2022, poi 50 nel 2023. Quindi niente di strutturale, come non c’era nulla di strutturale per i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale nel Decreto Rilancio (finanziati solo per il 2021 e il 2022)”. Sebbene i docenti riconoscano lo sforzo economico compiuto dal Governo in parziale discontinuità rispetto agli anni passati, sottolineano come la ricerca sia stata finanziata in modo “occasionale e non strutturale” nonché “essenzialmente destinate ad aree particolari”. Il sospetto degli accademici è che i fondi saranno utilizzati solo per i progetti di ricerca “necessari” per far fronte al coronavirus”.

Più fondi alla burocrazia

Se da un lato la Legge di Bilancio non riesce ad essere generosa tanto quanto desiderato dal corpo docente, dall’altro aumenta al 7% “il limite massimo della quota dei fondi dei programmi e progetti di ricerca destinata ai compensi per attività di selezione, di valutazione e di controllo dei risultati ottenuti e destinata a esperti tecnico-scientifici e professionali per le attività di analisi tecnico-scientifiche, finanziarie e amministrativo-contabili e per le conseguenti attività di verifica, monitoraggio e controllo”. In buona sostanza più fondi al disbrigo delle pratiche burocratiche. Il Movimento del prof. Ferraro pone l’attenzione su una deriva negativa del sistema universitario italiano “dove la parte amministrativa di gestione, di valutazione, di verifica e monitoraggio assume sempre più un aspetto preponderante per cui, anziché procedere alla sburocratizzazione dei processi, si incentiva l’opposto”.

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