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Dazi

Cosa può fare l’Europa contro i dazi di Trump?

Secondo Trump, l'Unione europea è una "mini-Cina". Come potrà reggere l’Ue ai dazi del presidente eletto? L'analisi di Sergio Giraldo tratta dalla newsletter Out.

Secondo gli ultimi dati di Eurostat, nel mese di settembre l’Ue ha fatto segnare un surplus commerciale verso gli Stati Uniti di 18,4 miliardi di euro. Di questi, circa 6,5 miliardi di euro sono surplus della sola Germania, che negli USA ha esportato merci per 14,2 miliardi (importandone 7,7).

Nel complesso la Germania da sola ha registrato un surplus di 17 miliardi nel mese di settembre, esportando nel mondo merci per 128,2 miliardi di euro. Da gennaio a settembre la Germania raggiunge la bella cifretta di 1.175,5 miliardi, con un surplus pazzesco: 186,9 miliardi, e alla fine dell’anno nelle statistiche mancano ancora tre mesi!

La Germania ha però un deficit con la Cina di 7 miliardi di euro a settembre.

Come potrà reggere l’Ue ai dazi di Trump, che, ricordiamolo, ha detto che “l’Ue è una mini-Cina”?

Innanzitutto con la svalutazione dell’euro. Sì, quella “svalutazione competitiva” sbandierata come uno dei difetti dell’italietta della liretta. Dal giorno della vittoria di Trump la valuta europea è scesa del 4% rispetto al dollaro, ed ora viaggia attorno a 1,055.

Non sarebbe affatto strano se l’euro scendesse verso la parità con il dollaro ed anche sotto, per recuperare almeno in parte la competitività ridotta dai dazi.

La stessa cosa ha già fatto la Cina ai tempi del primo round di dazi della prima amministrazione Trump: il renmimbi era sceso di circa il 10% durante la prima ondata di dazi dell’amministrazione Trump 2017-2020.

Con un dazio sulle merci Ue del 10%, come annunciato da Trump, l’Euro non dovrebbe svalutarsi ancora molto. È possibile però che gli USA vogliano penalizzare di più l’export della Germania, che ha il secondo surplus nei confronti degli USA dopo la Cina (terza è…l’Italia). In questo caso, l’euro dovrebbe svalutarsi molto di più.

L’altro modo in cui l’eurozona potrà resistere ai dazi è diminuire i profitti delle aziende, abbassando i prezzi per restare competitiva. Questo non piacerà a molte aziende, ma internalizzare il costo dei dazi serve a mantenere quote in un mercato, quello USA, comunque ricchissimo. Infine, gli incassi dei dazi, ha detto Trump, saranno destinati a sgravi fiscali, il che significa maggiore potere d’acquisto per gli americani, che quindi potrebbero continuare a comprare le merci europee anche con un prezzo più alto. Almeno, in teoria.

Dall’altra parte, l’Ue potrà usare come arma negoziale l’acquisto di LNG americano al posto di quello russo: sino ad ottobre, nel 2024 l’Ue ha acquistato ben 17 miliardi di metri cubi di LNG dalla Russia (saranno 22 miliardi a fine anno, circa), a prezzi di mercato, dunque senza particolari vantaggi. Poiché la Commissione non ha il potere di ordinare di comprare LNG americano, ci vorrebbe un divieto europeo di importare LNG russo, che potrebbe anche essere deciso, se inserito nella trattativa sui dazi di Trump (che non ci sono ancora).

Infine, per i marchi tedeschi dell’automobile potrebbe andare meno peggio di quanto si pensa: esse potrebbero aumentare la propria presenza con stabilimenti produttivi direttamente negli USA, che poi è quello che Trump vuole. Per sopravvivere, è ragionevole pensare che case come BMW, Mercedes e Volkswagen (che hanno già grosse fabbriche negli USA) faranno degli USA il loro centro produttivo per l’America, anziché esportare dalla Germania. Il che è esattamente quello che vuole Trump. Ma alla fine, ai Consigli di Amministrazione interessa l’ultimo numero in fondo al bilancio, e che sia in nero.

Certo, serviranno parecchi investimenti: i tedeschi esportano dall’Europa agli USA circa 580.000 autovetture all’anno, più altri 343.000 veicoli prodotti in Messico, la maggior parte delle quali con prezzi alti.

In questo caso però andrebbe molto male per i lavoratori tedeschi, che vedrebbero una perdita secca di posti di lavoro. Butta malissimo per Porsche, che produce in Germania tutti i veicoli esportati in USA. Anche per Audi sarà dura: la casa autmobilistica tedesca, che fa parte del gruppo Volkswagen, ha stabilimenti in Messico e da lì esporta negli USA. Ma Trump intende applicare dazi al 200% sulle auto provenienti dal Messico.

Quanto all’Italia, queste sono le categorie merceologiche esportate negli USA nel 2023, con relativi valori:

Difficile immaginare dazi sui farmaci, che alzerebbero il prezzo per il pubblico su merci molto sensibili, mentre non sono impossibili dazi sugli alimentari, già colpiti dal round Trump 1 (i formaggi in particolare). Possibili dazi su macchinari, che è la voce più sostanziosa, e mezzi di trasporto+autoveicoli, che assieme fanno 11 miliardi di export. In definitiva, molto dipenderà dal cambio euro/dollaro e dalla capacità delle imprese italiane di adattarsi.

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