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Wagner

Tutti i progetti dell’Ue per recuperare terreno in Africa contro la Cina

Per rispondere alla penetrazione cinese in Africa, l'Unione europea vuole realizzare un lungo cavo digitale per collegare Algeria, Marocco, Tunisia ed Egitto al continente. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi.

Chiudere la stalla quando i buoi sono scappati è un antico detto contadino, ma sempre attuale: significa prendere provvedimenti quando il danno è stato fatto. Piaccia o meno, è la fotografia della politica seguita per decenni dall’Unione europea nei confronti dell’Africa. Molti annunci di cooperazione, volta a superare l’epoca del colonialismo, durato in alcuni casi fino agli anni Settanta, ma pochi fatti.

Risultato: più di 50 anni persi in chiacchiere, mentre la Cina, che nel Duemila era il primo importatore di merci in appena quattro paesi (Sudan, Gambia, Benin e Gibuti), vent’anni dopo è il primo partner commerciale di 30 paesi africani su 54. Un gap forse incolmabile, anche se a Bruxelles sono convinti di potercela fare: così, dopo un anno e mezzo dall’annuncio di Ursula von der Leyen, nei prossimi giorni saranno resi noti i 70 progetti del Global Gateway, il piano “ambizioso” con il quale l’Europa intende sfidare la Cina non solo in Africa, ma anche in Asia e nell’America del Sud.

IL PRIMATO ECONOMICO CINESE IN AFRICA

Il primato cinese nell’economia africana è ben riassunto in un grafico (fonte: Oec, Worl Bank) che mette in evidenza l’enorme avanzata dell’influenza commerciale cinese in 20 anni a scapito della Francia e del Sud Africa. In questo periodo le esportazioni della Cina in Africa sono salite da cinque a 110 miliardi di dollari l’anno. Le importazioni cinesi, nello stesso periodo, sono aumentate, fino a raggiungere nel 2020 i 64 miliardi di dollari, di cui 14 miliardi per le materie prime. Una penetrazione commerciale agevolata dal fatto che il 25% di tutti gli investimenti in Africa fanno ormai capo alla Cina, che secondo alcuni studi ha investito finora ben 2,3 trilioni di dollari nella Nuova via della seta, realizzando 4mila progetti, di cui una buona parte in Africa, il resto in Asia e in Europa.

I LIMITI DELLA RISPOSTA EUROPEA

La risposta dell’Unione europea, al confronto, appare “ambiziosa” solo a parole.

Secondo le bozze del Global Gateway discusse venerdì scorso in una riunione riservata dei diplomatici Ue, con l’obiettivo di definirla entro la prossima settimana, l’Ue punta a mobilitare 300 miliardi di euro, tra fondi pubblici e privati, per finanziare una serie di progetti entro il 2027. Non è chiaro, al momento, come saranno reperiti in fondi pubblici Ue, quasi certamente di minore entità rispetto a quelli privati, dei quali dovranno farsi carico le grandi imprese che, sulla carta, potrebbero trarre i maggiori guadagni dai progetti.

IL PROGETTO SUI CAVI SOTTOMARINI DI INTERNET

Un esempio, sotto questo profilo, è il “progetto Medusa”, un maxi-cavo digitale di 7.100 chilometri destinato a collegare Algeria, Marocco, Tunisia ed Egitto da un lato, e dall’altro Francia, Spagna, Portogallo, Italia e Cipro, con un investimento di 342 milioni di euro. A guidare l’operazione sarà la Spagna, con un consorzio costituito da Afr-Ix Telecom, gruppo che ha sede a Barcellona, insieme ad aziende e università locali. La costruzione del cavo sarà affidata alla francese Alcatel e l’infrastruttura inizierà ad essere operativa nel 2025 con la prima connessione tra Barcellona, Lisbona e Marsiglia. Il resto sarà costruito in una seconda fase, con un ruolo del tutto secondario dell’Italia, che tuttavia beneficerà dell’iniziativa, rendendo più solidi i rapporti via cavo digitale con Algeria, Tunisia ed Egitto.

L’importanza geostrategica dei grandi cavi digitali, secondo un studio Ispi, è data dal fatto che il 97% del traffico internet mondiale passa attraverso i cavi sottomarini. In questo settore, la Cina ha lanciato da tempo la sfida al resto del mondo, in primo luogo agli Stati Uniti, leader nel settore, che controllano la metà dei 426 maxi-cavi sottomarini per la trasmissione dati nel mondo. Pechino, precisa Europa Today, punta a scalzare il primato Usa, raggiungendo il 60% del settore entro il 2025 con investimenti per 95 miliardi di dollari nell’ambito della Nuova via della seta. Un programma che, a differenza di quello Ue, ha registrato più fatti che annunci. Sottolinea uno studio Ispi: «Le due principali aziende cinese del settore, Hentong e Huawei Marine, hanno costruito uno dei più importanti cavi a livello internazionale, il cavo sottomarino Peace, lungo 12 mila chilometri, che connette l’Europa, in particolare la Francia, con il Pakistan, passando per il Golfo e il Corno d’Africa».

Benché tardivo, il “progetto Medusa” è quanto mai opportuno. Come lo sono altri progetti per ampliare i collegamenti digitali dell’Europa previsti dal Global Gateway: un nuovo cavo digitale attraverso il Mar Nero; il prolungamento al Cile e all’America centrale del cavo Bella, inaugurato di recente, che collega il Portogallo al Brasile. Oltre che nel digitale, i 70 progetti del piano Ue prevedono investimenti in settori strategici, quali energia, trasporti, sanità e istruzione. Per grandi linee, 36 progetti riguardano l’Africa,14 l’America del Sud e i Caraibi, 13 l’Asia-Pacifico, 7 alcune aree vicine all’Europa.

Sono programmi che vanno oltre la scadenza del mandato della attuale Commissione Ue (nel 2024 si voterà per il nuovo parlamento europeo), per cui nei prossimi mesi diventeranno uno dei temi della campagna elettorale europea, oltre a quelli già evidenti: guerra in Ucraina, costi dell’energia, inflazione e vincoli del Patto di stabilità, aiuti di Stato, sacrifici generali e, purtroppo, impoverimento continuo del ceto medio, specialmente in Italia.

Il tutto a seguito di massicci prestiti e investimenti di Pechino in Africa per costruire infrastrutture chiave, come porti, aeroporti, ferrovie e centrali elettriche, nell’ambito della strategia Belt and road iniziative, nota come Nuova via della seta.

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