SPORTELLATE SULLA TASSA CONTRO LE BANCHE
Tensioni e subbugli nel governo, nelle banche e fra gli analisti finanziari: la tassa sui cosiddetti extraprofitti (ma forse è più opportuno chiamarla sui cosiddetti extramargini) fa ancora discutere, anche alla luce delle delucidazioni giunte ieri sera dal ministero dell’Economia dopo oltre 24 ore di dichiarazioni altisonanti, spiegazioni non chiarissime e numeri e casaccio.
I DETTAGLI SULLA MISURA
I tecnici del Mef hanno lavorato tutta la giornata di ieri per definire l’impatto dell’imposta straordinaria sui profitti delle banche che, stando alle prime indicazioni, non dovrebbe superare i 2 miliardi di euro, scrive il Sole 24 Ore. L’introduzione del cap allo 0,1% dovrebbe mettere fine alla corsa ai calcoli che sono arrivati dal mondo degli intermediari finanziari. A cercare di fare chiarezza dopo un giorno caratterizzato da un certa confusione sul tema è un comunicato di ieri sera del dicastero dell’Economia retto da Giancarlo Giorgetti (Lega).
TASSA SULLE BANCHE, LA NOTA DEL MEF
“Ai fini della salvaguardia della stabilità degli istituti bancari, prevede anche un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo”, ha specificato il ministero dell’Economia: “A questo proposito si ricorda – prosegue la nota del Mef – che la base imponibile di tale imposta è determinata dal maggior valore tra l’ammontare del margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2023 che eccede per almeno il 5 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2022 e l’ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2022”.
La formulazione dell’imposta straordinaria del 40% si applicherà dunque sul più alto dei due valori determinati così: uno dalla differenza tra il margine di interessi iscritti alla voce 30 del conto economico relativi all’esercizio 2022 che eccede per almeno il 5% il margine di interessi del 2021; l’altro dalla differenza dello stesso margine di interesse relativo all’esercizio 2023 rispetto al 2021 e che eccede la soglia del 10 per cento. Rispetto alla bozza entrata lunedì in Consiglio dei ministri si è passati, infatti, dal 3% al 5% per il calcolo del differenziale del margine degli interessi tra il 2022 e il 2021, e dal 6% al 10% per il differenziale tra gli anni 2023 e 2021.
L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE
“Prima dei chiarimenti sulla nuova formulazione il tam tam di analisti e operatori del mondo bancario avevano provato a quantificare l’impatto per le casse degli istituti – ha sottolineato il quotidiano Sole 24 ore – Ad esempio gli analisti di Mediobanca Securities hanno stimato un impatto che va oltre i tre miliardi. Mentre altri operatori, ipotizzando margini di interesse attesi per il 2023 superiori a 63 miliardi di euro, sono arrivate a calcolare un’incidenza del contributo straordinario fino a 9,1 miliardi di euro. A conti fatti, però, l’introduzione del cap dovrebbe rivelarsi davvero calmieratrice. Se si considerano, infatti, gli ultimi dati della Banca d’Italia, gli attivi patrimoniali di banche e gruppi non supera i 3.200 miliardi di euro. In un’ipotesi massima, il tetto conterrebbe l’imposta entro i 3,2 miliardi”.
LA SOTTOLINEATURA DEL CORRIERE DELLA SERA
La misura entrata in Consiglio lunedì sera, in ogni caso, era molto più dura, ha rimarcato il Corriere della sera: “La tassa si applicava ai margini degli interessi 2022 superiori del 3% a quelli del 2021, e a quelli del 2023 superiori del 6% a quelli dell’anno precedente. Percentuali che, dopo un confronto con i tecnici della Ragioneria, sono state ritoccate nel corso della riunione al 5% e al 10%, rendendo il boccone meno amaro per gli istituti di credito”.
IL PUNTO DEL QUOTIDIANO REPUBBLICA
Ha scritto Repubblica: “In serata, con la paura che iniziava a diffondersi nei contatti tra istituti, investitori e Tesoro, quest’ultimo ha diffuso una nota che, nel chiarire alcuni aspetti della legge in fieri, l’ha mitigata: «La misura, ai fini della salvaguardia della stabilità degli istituti, prevede anche un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo». Detto che ogni banca pagherà, a metà 2024, in base al suo attivo, Banca d’Italia a maggio censiva attivi aggregati per 3.952 miliardi. Il tetto posto dal Tesoro, nel complesso, limita dunque a 3,95 miliardi la tassa sugli extraprofitti (che è semmai sugli “extramargini”). Nella nota si legge anche che «gli istituti che hanno già adeguato i tassi sulla raccolta, come raccomandato il 15 febbraio con specifica nota di Bankitalia, e dal ministro Giorgetti lo scorso 5 luglio, non avranno impatti significativi come conseguenza della norma approvata ieri»”.
A COSA SERVIRA’ IL GETTITO DELLA TASSA SULLE BANCHE
Il gettito della tassa , secondo il governo, dovrebbe servire sia per finanziare il taglio delle tasse e rimpinguare il Fondo mutui prima casa, che paga gli interessi sulle rate sospese per difficoltà, e concede garanzie fino all’80% sui mutui dei giovani fino a 36 anni. Solo che il Fondo è già pieno di soldi: dal 2007 quando venne creato è stato finanziato per 480 milioni di euro, ma alla fine del 2022, nel Fondo, c’erano ancora 330 milioni di euro.
LE FRASI DI FAZZOLARI ANTI BANCHE
C’è “un grosso squilibrio”, ha spiegato all’Ansa da Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari, proprio perché oggi ci sono “due tassi di riferimento molto distanti tra loro: quelli di accesso al credito e quelli riconosciuti quando si versa”. Quindi il governo fa “una operazione giustizia” e insieme “riduce una stortura” del mercato. Ed era l’unico a poterlo fare, che poteva “avere la forza di tassare le banche”, sottolinea uno dei più stretti collaboratori della premier, perché “è l’unico governo che non ha rapporti privilegiati col sistema bancario”. Un concetto che la premier, raccontano, avrebbe espresso anche in Cdm, puntando il dito contro il circolo vizioso dei rapporti con il sistema bancario. Altro che “adesso ci ascoltano…”, la stoccata di Fazzolari rivolta a Giuseppe Conte e al Pd che, il ragionamento del sottosegretario, con il Superbonus e la cessione dei crediti hanno invece fatto un regalo miliardario alle banche.
IL DIBATTITO NELLA MAGGIORANZA
Ma qualche dubbio – se non altro di metodo – si registra dalle parti di Forza Italia che, con il suo capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, ha sostenuto a Rainews 24 che, forse, il governo avrebbe dovuto “valutare meglio” una mossa del genere. Anche alla luce del tonfo dei bancari in borsa. Un unico distinguo poi ridimensionato dal deputato azzurro con l’invito alle banche a fare “la loro parte” alzando i tassi sui depositi. Nell’attesa che la norma sia definita e arrivi al Colle per la firma (il governo sarebbe intenzionato a farlo in tempo per annunciare il decreto in Aula alla Camera già questa settimana), le banche hanno bruciato 8,96 miliardi, rappresentando quasi un terzo delle perdite di Piazza Affari, maglia nera in Europa, che ha ceduto a fine seduta il 2,12% a 27.942 punti.
I TITOLI DELLE BANCHE SPROFONDANO A PIAZZA AFFARI
Il calo maggiore lo hanno subito ieri Bper e Mps, rispettivamente -10.94% e -10.83%, ma è andata male anche per Fineco (cede il 9,91%) Banco Bpm (-9,09%), Intesa l’8,67% , Mediolanum il 5,96% e Unicredit il 5,94%. Più caute Banca Generali (-3,14%), Mediobanca (-2,48%) e Banca Sistema (-1,55%), che prevede un effetto “quasi nullo” della tassa. Ha perso ancora meno Poste (-1,4%), che effettua anche servizi bancari.