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Energia

Un affarone il costo dei titoli per il Sure?

Prestiti del Sure? Un affare per Ue e investitori. L’analisi di Liturri

Ieri la Commissione europea ha annunciato la quinta emissione di titoli con il programma Sure, per finanziare le spese aggiuntive di cassa integrazione ed altri sussidi ai lavoratori autonomi, causate dalle misure di contenimento dell’epidemia.

L’Italia ha ricevuto ulteriori 3,9 miliardi che, sommati alle precedenti erogazioni, portano a 25 miliardi quanto finora ricevuto dal nostro Paese.

Nel dettaglio la Commissione ha emesso un titolo con scadenza 2036 (15 anni) al tasso del 0,23% con un premio di 33 punti base sul Bund tedesco di pari durata.

Tale tasso verrà ribaltato sui Paesi debitori con l’aggiunta di spese e commissioni, stimate intorno al 0,20%. Quindi un tasso finito per il nostro Paese pari al 0,43% circa. Il Btp con pari scadenza, sempre ieri quotava sul mercato intorno al 1%, e l’ultima asta di gennaio aveva fatto registrare una richiesta “monstre” di 105 miliardi, soddisfatta per soli 10 miliardi al tasso del 0,99%.

Cosa c’è che non va? Molto, diremmo tutto.

  • L’enorme lentezza della reazione della Ue. C’è voluto quasi un anno, dall’annuncio di inizio aprile 2020, per organizzare un prestito, peraltro appesantito da un notevole carico di burocrazia e controlli, che porterà al nostro Paese una somma insignificante rispetto al fabbisogno di cassa manifestatosi nei picchi della crisi. Somme che il Tesoro italiano è in grado di raccogliere sui mercati nel giro di poche settimane. Se la sorte dei nostri lavoratori fosse stata legata alla tempestività delle erogazioni di Bruxelles, a quest’ora avremmo avuto le barricate per strada. Peraltro, affinché la Commissione potesse raccogliere quelle somme sui mercati, per poi prestarle agli Stati membri, questi ultimi hanno dovuto fornire consistenti garanzie (€ 3,2 miliardi la quota italiana). Il quadro è completato dalla abbondante liquidità giacente nelle casse del Mef: ben 102 miliardi al 28 febbraio. I prestiti di Bruxelles sono solo serviti ad alimentare la martellante propaganda a favore delle traballanti istituzioni unionali.
  • La convenienza specifica dell’operazione. Da un lato, i mercati gioiscono perché ricevono per un titolo a rischio equiparabile a quello del Bund tedesco un maggior rendimento pari a 33 punti base. Dall’altro noi paghiamo un tasso solo apparentemente più basso rispetto a quello del BTP pari scadenza: basterebbe calcolare il valore della garanzia prestata ed il carico di controlli e burocrazia che quel prestito si trascina dietro, per azzerare rapidamente la differenza tra 0,99% del BTP e 0,43% pagato alla Ue.

Si fa fatica a trovare un minimo di razionalità economica in tutto questo. Ma forse l’errore è proprio nel cercarla.

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