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Tutto su Gaza Cola: fatti, numeri e polemiche (per la mossa della Coop)

“Gaza Cola”, in vendita anche in Italia, è un’alternativa alla Coca-Cola diventata simbolo di sostegno alla popolazione palestinese, i cui ricavati finanziano la ricostruzione di un ospedale nella Striscia di Gaza distrutto dai bombardamenti israeliani. Ecco chi c'è dietro

 

Già alla fine del 2024, secondo l’Onu, la sanità di Gaza era sull’orlo del “collasso totale” a causa del sistematico bombardamento degli ospedali da parte di Israele. Sebbene la distruzione continui tuttora e sia impossibile stimare con precisione tempi e costi per la ricostruzione, Osama Qashoo ha deciso di provare a ricomporre almeno una piccola parte di quel che è andato distrutto – con l’aiuto di una bibita.

Gaza Cola, questo il suo nome, come spiega il suo ideatore, “è nata dall’esigenza di offrire alle persone una scelta – una scelta che celebrasse la vita, in contrapposizione alla morte”.

Oggi poi è finita sotto i riflettori perché Coop Alleanza 3.0, la più grande catena di supermercati che fa parte del consorzio Coop Italia, dove già era in vendita Gaza Cola, ha annunciato che toglierà dai suoi scaffali i prodotti israeliani come gesto simbolico di solidarietà verso la popolazione palestinese.

CHI È OSAMA QASHOO

Quarantatré anni, regista, attivista e da meno di due anni imprenditore, Osama Qashoo è la mente dietro Gaza Cola (e pensare che nemmeno ama le bibite gassate). Palestinese rifugiato a Londra è un sostenitore del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), secondo quanto riportato a gennaio dal Guardian.

Nel 2001 ha co-fondato l’International Solidarity Movement e nel 2007 il Free Gaza Movement. Tre anni dopo è stato tra i partecipanti alla Freedom Flotilla per Gaza.

Originario di Nablus, in Cisgiordania, vive nel Regno Unito da oltre 18 anni, da quando è stato costretto a fuggire dalla Palestina dopo essere stato colpito da arma da fuoco, imprigionato e torturato dalle forze di occupazione.

Nel 2023 ha aperto a Londra la Palestine House, uno spazio politico e culturale dedicato ai palestinesi e ai loro sostenitori. Il suo obiettivo è promuovere l’indipendenza economica palestinese attraverso un prodotto che rappresenti un esempio di “commercio e non di aiuto”.

LA STORIA DI GAZA COLA

Ed ecco che nel novembre 2023 è arrivata l’idea di Gaza Cola. La lattina rossa presenta la bandiera palestinese, la scritta “Gaza Cola” in calligrafia araba e un motivo che richiama il disegno della kefiah, il tradizionale copricapo palestinese simbolo di resistenza.

“È un atto di accusa contro tutte quelle multinazionali che investono nel commercio delle armi – ha spiegato al quotidiano britannico -. Vogliamo porre loro una domanda sulla dignità: vedete cosa sta facendo il vostro denaro? Sta distruggendo case, ambiente e vite… devono svegliarsi e capire che la loro avidità sta causando il nostro genocidio”.

IL SUCCESSO INASPETTATO

L’imprenditore ha confessato di essere rimasto sorpreso dal successo globale ottenuto dal prodotto. “La risposta della gente per strada e durante le manifestazioni a Londra nel 2024 è stata seguita da un’ondata di email da ogni parte del mondo – Irlanda, Scozia, Italia, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, India, Pakistan, Spagna, Stati Uniti, Canada… l’elenco continua. La gente parlava. La gente chiedeva. La gente pretendeva”, ha scritto sul sito del progetto.

Alla fine dello scorso anno, stando al Guardian, Gaza Cola aveva venduto oltre 500.000 lattine. Online, un pacco da 24 lattine costa 32 euro, spedizione inclusa.

L’OBIETTIVO È RICOSTRUIRE

“Gaza Cola – prosegue Qashoo – è sempre stata dalla parte della gente comune, di coloro che volevano fare qualcosa di straordinario. Tendersi la mano da qualunque luogo si trovassero per costruire un ospedale a Gaza. E poi un altro. E poi ricostruire la Palestina. Con una sola lattina di Gaza Cola, con il 100% dei profitti destinati a tornare a casa, è proprio questo che stiamo già facendo. Gaza Cola è uno strumento di cambiamento, un cavallo con le ali che dà potere a ogni uomo, donna e bambino per dire no al genocidio, no all’apartheid, no all’occupazione. Vogliamo libertà, vita e giustizia”.

Secondo quanto riferito a gennaio dal Guardian, il gruppo era riuscito a costruire un ospedale da campo in un’altra zona di Gaza, utilizzando i paracadute lasciati dagli aiuti umanitari lanciati dall’alto come tetto provvisorio.

L’OSPEDALE DI AL-KARAMA

Nonostante parlare di ricostruzione ora sia impensabile, dati gli attacchi senza sosta da parte di Israele, il sogno di Qashoo è finanziare con i profitti di Gaza Cola la ricostruzione dell’ospedale Al-Karama dell’Associazione Benefica per la Cura del Paziente della Striscia di Gaza, che sorgeva nel nord della Striscia. “È stato raso al suolo senza alcuna giustificazione, come tanti altri ospedali di Gaza”, aveva detto al Guardian, spiegando che la scelta era ricaduta proprio su quell’ospedale perché, a confronto con altre strutture, “è piccolo, gestibile, e non richiede enormi fondi”.

Secondo il sito del progetto, il costo stimato è di 4 milioni di dollari così suddivisi: 1.469.040 dollari per costruzione e rifiniture; 2.500.000 di dollari per attrezzature e dispositivi medici; 22.200 dollari per arredi e impianti tecnici; e 8.750 per spese amministrative e logistiche.

“L’Ospedale Al-Karama – si legge – era un punto di riferimento essenziale per la comunità, offrendo servizi cruciali come maternità, chirurgia generale, cure pediatriche e ortopediche”.

Secondo l’organizzazione, i beneficiari dell’ospedale sarebbero oltre 300.000 residenti dell’area nord di Gaza, oltre che il personale medico e sanitario che riavrà una struttura operativa in cui lavorare.

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