E se la vera meta di Andrea Orcel non fosse Banco Bpm? Tra gli osservatori dell’ultima mossa del risiko bancario italiano comincia a serpeggiare l’idea che in realtà Unicredit punti – tramite Piazza Meda, principale azionista – ad arrivare ad Anima, gruppo attivo nella gestione del risparmio che ha in pancia 192 miliardi. Il 6 novembre scorso, ricordiamo, Banco Bpm aveva lanciato un’Opa da 1,6 miliardi per arrivare al controllo totale della holding, di cui attualmente detiene il 22,5%.
Intanto, come riporta oggi MF, mentre gli investitori – dopo l’annuncio dell’Ops – vendevano il titolo Unicredit per il timore di un futuro rilancio, Orcel ha comprato azioni del gruppo. Secondo le comunicazioni di internal dealing, mercoledì 27 novembre il banchiere romano ha messo in portafoglio 385 titoli Unicredit al prezzo unitario di 35,815 euro per un controvalore totale di poco meno di 14 mila euro. Già il 7 novembre il ceo si era messo in tasca un pacchetto di 3.600 azioni a 40 euro, investendo 144 mila euro. Pare comunque che non si debba vedere nulla di strano in questi acquisti: secondo regolamenti interni di piazza Gae Aulenti, Orcel ha a disposizione solo alcune finestre nell’anno – stabilite ex ante – per acquistare o vendere azioni, fuori dai periodi che precedono presentazioni di trimestrali o assemblee.
ANIMA: COSA FA. QUALCHE NUMERO
La capogruppo AnimaA Holding è una public company quotata alla Borsa di Milano dal 2014, che controlla la società operativa Anima Sgr e la società focalizzata sugli investimenti di private market Anima Alternative Sgr, creata nel 2020. Nel 2023 Anima Holding ha acquistato l’80% del capitale di Castello Sgr S.p.a., società leader nella promozione e gestione di prodotti di investimento alternativi prevalentemente real estate, e nel 2024 ha completato l’acquisizione di Kairos Partners Sgr, operatore nel mondo dell’Asset Management e del Wealth Management per la clientela ad alto potenziale Private e Istituzionale. Dal 2020 è ceo del gruppo Alessandro Melzi d’Eril.
Al 31 dicembre scorso Anima aveva 192 miliardi di patrimonio in gestione, oltre 1 milione di clienti e 300 professionisti degli investimenti. Al momento è il terzo operatore nazionale dietro Generali e Intesa Sanpaolo.
Quasi il 50% del capitale di Anima è nelle mani di soci forti: Banco Bpm con il 22,5%, Poste con quasi il 12%, il fondo FSI guidato da Maurizio Tamagnini con il 9,8%, Gamma di Francesco Gaetano Caltagirone che ha quasi il 3,5% cui occorre sommare circa il 3% di azioni proprie.
COSA C’È DIETRO LE MOSSE DI ORCEL
Proprio guardando alla compagine azionaria di Anima si può ritenere che Orcel abbia agito per evitare che altri si pappassero un bocconcino niente male. Secondo il Giornale, ci sarebbe più di un indizio, a cominciare dalla tempistica dell’Ops, neppure tre settimane dopo l’annuncio dell’Opa di Bpm;
“Unicredit – scrive il quotidiano diretto Alessandro Sallusti – ha bisogno di generare più commissioni essendo rimasta orfana di Pioneer, ceduta nel 2017 ad Amundi a un prezzo di saldo (3,5 miliardi) dal suo predecessore Jean Pierre Mustier”. Contestualmente Unicredit firmò un accordo decennale di distribuzione con Amundi e Orcel ha già dichiarato che potrebbe non rinnovarlo alla scadenza (nel 2027). Peraltro Amundi è controllata proprio dai francesi di Crédit Agricole, primo azionista di piazza Meda con il 9,18%.
Peraltro, scrive ancora il Giornale, “dagli ambienti finanziari filtra chiaro il sentore che Orcel temesse fortemente che i francesi muovessero sullo stesso obiettivo andando a creare un super polo del risparmio gestito con Amundi”.
Anche per il Fatto la presenza di Crédit Agricole ha messo in allarme l’ad di Unicredit: se Bpm avesse acquistato il 100% di Anima, infatti, ne sarebbe derivato un rafforzamento importante della presenza francese nella gestione del risparmio gestito italiano. “Un fattore non indifferente, l’italianità, perché gestire il risparmio significa anche decidere se incanalarlo verso le imprese italiane o su altre all’estero”.
LE POSSIBILI CONTROMOSSE DI BANCO BPM
A prescindere da cosa abbia turbato i sonni di Orcel, tanto da spingerlo a un’operazione “ostile” – come pleonasticamente affermato dall’ad di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, – ora a piazza Meda si sta studiando come fermare l’Ops di Unicredit. Secondo quanto scrivo su la Repubblica Andrea Greco e Giovanni Pons, “Castagna e i suoi vengono descritti come preoccupati, ma impegnati ventre a terra a trovare qualsiasi strada che possa sventare i piani di Orcel”. Fra le eventuali contromosse, si starebbe pensando a un’Opa su Mps o una contro Opa su Banco Bpm da parte proprio del Crédit Agricole. Addirittura starebbe circolando l’ipotesi che Montepaschi, “forte del sostegno governativo”, potrebbe lanciare una contro Opa su piazza Meda, per arrivare all’extrema ratio: Palazzo Chigi potrebbe chiedere a Intesa Sanpaolo di entrare in campo. Al momento, comunque, “nessuno al Mef, a Palazzo Chigi o in via Nazionale, sembra avere le idee chiare su cosa fare. La mossa di Unicredit ha scompaginato un difficile equilibrio che era da poco stato trovato intorno a Mps, e ora si deve ripartire da capo”.