Unicredit ha avviato un’Offerta pubblica di scambio mirata a integrare Banco Bpm, scambiando azioni Unicredit con quelle della controparte. Al di là delle analisi di convenienza economica per gli azionisti di entrambe le banche – su cui scorreranno fiumi d’inchiostro e si intaseranno i server di Gigabyte di dati – l’operazione fa emergere diversi aspetti strategici e di politica economica che meritano attenzione:
1. Una rarità nel panorama borsistico: l’offerta “carta contro carta”
L’operazione proposta si configura come uno scambio di azioni, una tecnica che non veniva utilizzata in Borsa a Milano da oltre vent’anni. Ciò impone agli azionisti di Banco Bpm di valutare il progetto strategico proposto da Unicredit e decidere se credere nella capacità delle azioni Unicredit di crescere nel medio termine di più come gruppo integrato rispetto alle singole banche separate. Quindi ci sarà da studiare il progetto che dovrà essere molto convincente.
2. Liquidità elevata ma invariata
Le azioni di Banco Bpm e Unicredit sono entrambe altamente liquide grazie alla granularità dei loro azionariati:
- Banco Bpm: il maggiore azionista è Crédit Agricole (9,18%), seguito da Fondazione Enasarco (circa 3%), Norges (2,99%), una società di gestione inglese (2,22%) ed Enpam (1,99%).
- Unicredit: BlackRock è il principale azionista con il 5% distribuito su 13 fondi d’investimento, seguito da Allianz (3%), con partecipazioni sia dirette sia gestite da fondi del gruppo.
Queste basi azionarie così frammentate consentono agli investitori istituzionali e professionali di acquistare o vendere pacchetti da 3-4 milioni di euro con esecuzione immediata (come si dice in gergo borsistico), senza causare fluttuazioni significative sul prezzo.
Pertanto, in questo contesto, lo scambio azionario proposto nell’Ops non offre alcun vantaggio diretto agli azionisti Bpm, poiché il titolo è già altamente liquido.
3. Asset strategici: i gioielli di Banco Bpm
Banco Bpm vanta due asset di eccellenza che spiccano nel panorama bancario italiano:
- Anima Holding, leader nell’asset management, di cui Bpm è prossima a detenere il 100%. Questa società ha storicamente generato risultati di rilievo per azionisti, dipendenti e clienti.
- Il comparto assicurativo, che comprende BPM Vita e Bpm Assicurazioni, frutto di una tradizione consolidata nel settore sin dagli anni ’90. La recente integrazione delle joint venture con Crédit Agricole e il Gruppo Cattolica ha ulteriormente rafforzato questa posizione, con stime – non recentissime – che valutano questo segmento oltre 1,5 miliardi di euro.
Anche Banca Akros, l’investment bank di Banco Bpm (focalizzata – e ottimamente reputata – verso le Pmi e verso la clientela “private” di alto profilo) è sicuramente un asset di attenzione per Unicredit, visto che l’investment banking del gruppo guidato da Orcel è quasi esclusivamente rivolto alle imprese di grandi dimensioni.
Questi segmenti, quasi del tutto assenti nel portafoglio Unicredit dopo le gigantesche dismissioni dell’era Mustier (Pioneer, Fineco, etc.), rappresentano opportunità strategiche per diversificare e ottimizzare la struttura del gruppo. Una banca di grandi dimensioni priva di asset management o prodotti assicurativo-finanziari è oggi considerata meno competitiva e meno efficiente perché non sfrutta appieno la propria base di clientela, lasciando appannaggio, ad altri, segmenti di business molto redditizi.
4. Impatti sui rischi creditizi e sulle imprese
Un’aggregazione bancaria di questa portata comporta inevitabili conseguenze sul fronte dei crediti. L’accorpamento dei rischi ridurrà sicuramente i fidi complessivi (non si è mai vista in un’aggregazione bancaria in cui i fidi non venissero ridotti, anzi dimezzati) e potrebbe portare ad un irrigidimento dei criteri di concessione dei fidi.
5. Politica economica e credito alle PMI
Unicredit, storicamente, è focalizzata sui grandi clienti. Questo orientamento è radicato nel suo dna, fin dai tempi in cui operava come Credito Italiano, e si è mantenuto anche dopo le numerose acquisizioni fatte dal 1998 in poi, includendo banche territoriali come Credito Romagnolo, Cassa di Risp. di Verona, Banca di Roma, Banco di Sicilia Cassa di Risp. di Torino (Banca CRT) e molte altre. Nonostante queste aggregazioni, la cultura dominante è rimasta quella del “Credito Italiano”: supportare prevalentemente imprese di grandi dimensioni, lasciando alle banche locali il segmento delle PMI. Questa continuità strategica solleva dubbi sulla capacità di Unicredit di modificare il proprio approccio storico, anche in seguito all’integrazione di Banco Bpm.
Inoltre, Banco Bpm ha una forte presenza nelle regioni del Nord Italia, dove le PMI tendono a essere più grandi rispetto al resto del Paese; ciò permetterebbe a Bpm di allinearsi facilmente alla strategia Unicredit, e quindi il rischio di concentrazione degli sforzi sui clienti grandi, riducendo l’attenzione verso le PMI con fidi più piccoli e rapporti più frammentati, è molto concreto.
6. Trasparenza e valutazioni di mercato
L’OPS di Unicredit su Banco Bpm introduce un elemento nuovo nel panorama della finanza italiana: la trasparenza con cui è condotta; tutti gli azionisti hanno accesso agli stessi dati e alle stesse informazioni, consentendo un’analisi equa e informata.
La novità, quindi, risiede nel fatto che saranno gli azionisti – e solo loro – a disegnare il futuro strategico del settore bancario e a determinare le relative implicazioni per il tessuto economico italiano.
Staremo a vedere.