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aumento capitale Mps

Tutti i travagli di Mps (non solo sull’aumento di capitale)

Ecco le ultime novità e tribolazioni di Mps. L’articolo di Emanuela Rossi

Nessuna pausa estiva per Montepaschi che si appresta a vivere un autunno decisamente importante per la sua storia. A settembre infatti l’assemblea degli azionisti sarà chiamata a votare l’aumento di capitale da 2,5 miliardi che, secondo le intenzioni del board, dovrebbe completarsi entro metà novembre.

Sull’entità della ricapitalizzazione, però, circolano alcuni dubbi. Intanto l’amministratore delegato, Luigi Lovaglio, è passato dal dire che “l’aumento di capitale è inscindibile e a condizioni di mercato” (12 luglio scorso, in occasione della presentazione della semestrale) alla più recente affermazione secondo cui l’operazione è “scindibile” e iperdiluitiva.

L’AUMENTO DI CAPITALE

Sulla data entro cui i vertici del Monte puntano a chiudere l’operazione occorre tornare alla relazione all’assemblea dei soci in cui si è chiarito che “ove le condizioni del mercato lo consentano” visto che “il contesto pone, in linea di principio, incertezze rilevanti” si ritiene che l’aumento di capitale “possa completarsi tra fine ottobre e inizio novembre 2022”. Nei giorni scorsi però riferisce l’Ansa che il consiglio d’amministrazione ha chiesto una delega

per eseguire la ricapitalizzazione “entro il 12 novembre”, confermando l’intenzione di andare avanti nonostante le fluttuazioni in Borsa. L’agenzia di stampa ricorda peraltro che 800 milioni dei 2,5 miliardi totali serviranno a finanziare le 3.500 uscite con cui Mps conta di far scendere di 270 milioni l’anno il costo del lavoro e che nella proposta di delibera che i soci andranno a votare il settembre si legge che – qualora l’aumento “non risulti integralmente sottoscritto” entro il 12 novembre – “il capitale sociale si intenderà aumentato per un importo pari alle sottoscrizioni raccolte a tale data”.

Sull’operazione, puntualizza La Repubblica, pende la spada di Damocle della capitalizzazione di Borsa, attualmente pari a 374 milioni. In base ai primi conteggi circolati tra le banche del consorzio di garanzia, non sarà possibile

offrire uno sconto sul Terp superiore al 13%, ovvero “una frazione di quello concesso in casi simili”. Si tratta di prezzi, rileva ancora il quotidiano, che comporterebbero multipli poco attraenti per i potenziali sottoscrittori visto che si arriverebbe a una valutazione superiore a quella di banche come Banco Bpm e Bper.

Non c’è da sorridere neppure con i conti arrivati a luglio: Montepaschi ha archiviato il primo semestre del 2022 con un calo dell’utile dell’86,5% su anno e con una flessione delle principali voci di bilancio (ricavi, commissioni e risultato operativo), cifre che hanno spaventato la Borsa tanto da portare il titolo a cedere oltre il 6% nel giorno della presentazione della semestrale.

Nel frattempo occorre registrare che Bruxelles ha concesso più tempo al Tesoro per dismettere la quota del Montepaschi acquisita con il salvataggio statale del 2017. Qualche settimana fa la Dg Comp ha infatti approvato la revisione degli impegni con cui il Mef, a luglio, ha chiesto più tempo per vendere la sua quota dopo che è slittata la deadline inizialmente fissata per fine 2021. In questo modo, si legge, la Rocca potrà “implementare certi disinvestimenti e continuare la ristrutturazione attraverso un’ulteriore riduzione del personale e dei costi operativi in rapporto ai ricavi”.

IL “ROAD SHOW” DI LOVAGLIO

Come fare dunque a invogliare gli azionisti del mercato? Il giornale diretto da Maurizio Molinari segnala che il ceo Lovaglio ha in agenda una serie di incontri all’estero con investitori istituzionali e che “un’ipotesi teorica, per invogliare i privati, potrebbe rivelarsi l’emissione di azioni a livelli tanto bassi da costituire in pratica un’opzione: con valori irrisori che diano titolo a un’opzione sul rilancio che il piano strategico programma (l’utile obiettivo pre-tasse nel 2024 è di 700 milioni)”.

La Repubblica ricorda il caso dell’aumento di Creval nel 2017, di cui in seguito Lovaglio è stato amministratore delegato, e afferma che “qualche fondo speculativo o altri ipotetici compratori potrebbero mettere un cip in vista di possibili sviluppi”. Comunque lo scenario dell’aumento “scindibile”, deciso a inizio mese da Siena, “potrebbe indurre ad accontentarsi del nucleo che si formerà attorno al 64%” in mano al Tesoro, già impegnato a mettere i suoi 1,6 miliardi.

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