Continuano le discussioni, le trattative e i colloqui dietro le quinte nel sempre più vasto perimetro del risiko bancario italiano. La finanza internazionale è divisa sull’Ops del Monte dei Paschi di Siena (Mps) su Mediobanca. L’Ops di Unicredit su Banco Bpm sembra complicarsi ancora, mentre tra alcuni soci di Generali emergono dubbi sull’operazione con il gruppo francese di Natixis.
Ecco tutti i dettagli.
IL NO DI BLACKROCK, UBS, GOLDMAN SACHS ALL’OPS DI MPS SU MEDIOBANCA
I verbali della votazione dell’assemblea di Mps, avvenuta il 17 aprile, lo hanno messo nero su bianco. I grandi investitori internazionali, pur con quote minori, sono divisi sull’operazione di Rocca Salimbeni su Piazzetta Cuccia. Il voto sull’aumento di capitale al servizio dell’Ops è stato indicativo. Tra i contrari infatti ci sono Dimensional, Ubs, Bnp Paribas, State Street, Hsbc, Goldman Sachs. Anche il colosso statunitense BlackRock ha votato contro, e se in Mps ha solo lo 0,3%, in Mediobanca il fondo con a capo Larry Fink ha un più sostanzioso 3,5%. Il suo “no” assume quindi un significato più importante. Anche altri soci internazionali hanno bocciato l’offerta del ceo di Mps Luigi Lovaglio. Tra questi Two Sigma Investments, Deka Investment, Morgan Stanley, Lazard Asset Management e Santander. I fondi di Jp Morgan, invece, si sono astenuti.
CHI HA VOTATO A FAVORE DELL’OPS SU MEDIOBANCA
Dall’altro lato della “barricata”, oltre ai soci maggiori e promotori dell’operazione, come il Gruppo Caltagirone, il Ministero di Economia e Finanza e Delfin, holding della famiglia Del Vecchio, ci sono altri piccoli grandi soci internazionali. Molti avevano annunciato già settimane prima dell’assemblea il loro voto a favore. Tra questi Algebris, Fidelity, Amundi, Pimco, Vanguard, Norges Bank, Marshall Vace e Axa.
IL CASO ENASARCO TRA MEDIOBANCA E MPS
L’Ops di Siena su Mediobanca, poi, è sostenuta da diverse fondazioni. Tra cui Enasarco. Come ricordato da La Stampa, l’ente previdenziale degli agenti e dei rappresentanti di commercio “avrebbe costruito una posizione vicina al 2% nella banca guidata da Alberto Nagel. Con l’idea di sostenere la scalata di Siena, d’altra parte la stessa cassa con il suo 3% del capitale ha sostenuto l’ad del Monte, Luigi Lovaglio, nell’assemblea che ha varato l’aumento di capitale a favore dell’ops e non ha intenzione di consegnare a Unicredit il proprio 1,5% in Banco Bpm”. Tutte iniziative che “senza dubbio incontrano il favore del governo”, sottolinea ancora il quotidiano piemontese. Che poi evidenzia i quasi contemporanei viaggi nella stessa città, Londra, da parte di Lovaglio e Nagel per incontrare investitori internazionali e convincerli della bontà dei loro progetti.
GLI OSTACOLI PER UNICREDIT SU BANCO BPM
Intanto per Unicredit la strada che porta a Banco Bpm sarebbe sempre più in salita. Secondo indiscrezioni, la banca guidata da Andrea Orcel avrebbe fatto richiesta alla Consob di sospendere l’Ops su Banco Bpm, in modo da poter negoziare con il governo i paletti del Golden Power. Ma, a meno di colpi di scena, come riportato da Il Giornale, si prevede una risposta negativa da parte della Commissione, che può prendersi fino a 15 giorni di tempo. Dai negoziati con il governo, si capirà se Unicredit ritirerà la sua offerta su Piazza Meda. La scadenza per farlo è fine giugno. Mentre un’altra scadenza, quella dell’esame dell’Antitrust Ue, è stata posticipata dal 4 al 19 giugno.
I DUBBI DEI SOCI DI GENERALI SU NATIXIS
L’altra partita è quella di Generali, di cui domani si riunirà il consiglio di amministrazione per approvare i conti del primo trimestre dell’anno. Secondo Il Sole 24 Ore, sul tavolo ci sarà anche la nomina degli advisor “per la valutazione della proposta di Mediobanca per Banca Generali”. Dovrebbe servire, infatti, sia consulenza legale sia consulenza finanziaria. Ma seppur non prevista in agenda, ci sarà un elefante nella stanza nella riunione di domani: l’accordo con Natixis. Il Sole 24 Ore riporta il pensiero di molti azionisti (senza citarli) della compagnia assicurativa, che non vogliono “in alcun modo forzare la mano” e chiedono cautela per “evitare di andare a sbattere contro il muro del Golden Power”. Tanto da chiedersi “se valga la pena correre il rischio di incappare in paletti insormontabili, visti quelli imposti sull’operazione bancaria” di Unicredit-Banco Bpm. I dubbi crescono.
L’APPELLO DI PATUELLI (ABI) PRO GRANDI GRUPPI, QUINDI PRO UNICREDIT-BPM…
In tutto ciò, nei vari intrecci del risiko bancario, si erge l’intervento del presidente dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana), Antonio Patuelli. In un’intervista di apertura della cerimonia del Premio BancaFinanza 2025, Patuelli ha fatto un simil appello: “Negli Stati Uniti e in Asia ci sono dei colossi, in Europa abbiamo varie tipologie di banche ed è un bene, ma se vogliano essere competitivi a livello internazionale bisogna che si creino anche grandi gruppi competitivi con i principali nel mondo. L’Italia ha attraversato una crisi bancaria dal 2015 al 2021, ma non abbiamo mai alzato nessuna barriera contro l’ingresso di capitali stranieri nelle nostre banche. Penso che sarebbe un errore da parte delle istituzioni europee ostacolare i capitali esteri, anche perché significherebbe violare il pilastro fondamentale dell’Unione Europea: il libero mercato”. Quindi, in pratica, viva i grandi gruppi bancari, viva il risiko bancario, viva le Ops.