Il governo tedesco è rientrato in attività varando in tempi rapidi alcune riforme cui lavorava da tempo: quella per semplificare le possibilità per le persone transgender, intersessuali e non binarie di cambiare il proprio nome e il proprio genere nei documenti ufficiali, nota come legge sull’autodeterminazione del genere, quella sulla parziale legalizzazione della cannabis e quella per accelerare le procedure per ottenere la cittadinanza tedesca (legge per la cittadinanza). Quest’ultima ha tra gli obiettivi di contrastare il declino della natalità e di compensare il problema della carenza di manodopera rendendo per i lavoratori più attraente scegliere la Germania come nuova patria.
In più, l’Spd ha messo sul tavolo la proposta di congelamento degli affitti per un triennio, con la sola deroga di un aumento del 6% triennale nelle città dove c’è maggiore domanda. La legge attualmente in vigore consente aumenti massimi degli affitti del 20% in un triennio, ridotto al 15% in zone a maggior criticità abitativa, mentre gli accordi di maggioranza prevedono di ridurre l’aumento triennale massimo a 11%. Una proposta costosa ma popolare in un paese come la Germania dove quasi il 60% dei 41 milioni di famiglie tedesche vive in affitto.
Insomma il governo sembra aver rimesso il turbo, sebbene tutte queste leggi dovranno ora passare al vaglio del Bundestag, dove le opposizioni promettono battaglia, essendo proposte controverse. Ma per Scholz era importante dare un segnale di forte ripartenza dopo un’estate ricca di polemiche interne e qualche stop imposto agli alleati di governo. Specialmente ai Verdi, cui il cancelliere imputa (pur senza dirlo esplicitamente) il drammatico calo nel gradimento dell’esecutivo per la rigida politica sul clima e per la scarsa attenzione alle preoccupazioni di cittadini e imprese riguardo ai costi della transizione energetica.
Le leggi sull’autodeterminazione di genere e sulla parziale legalizzazione della cannabis potranno risollevare il morale dell’elettorato più di sinistra della coalizione, ma è sui temi economici ed energetici che l’esecutivo Scholz è chiamato a dare risposte convincenti il prossimo autunno. A partire dal varo della legge sul riscaldamento, quella che accelera la sostituzione delle caldaie a gas e petrolio con quelle a minore impatto climatico (soprattutto a pompe di calore), arenatasi per i contrasti interni alla maggioranza e per un intervento non nel merito ma nella prassi parlamentare della Corte costituzionale. Si riprende a discuterne al Bundestag a settembre, con l’opinione pubblica spaventata per le prospettive dei costi di una tale operazione e per l’opacità delle misure, riguardo alla tempistica e ai contributi statali. E nel governo non si sopiscono i contrasti fra liberali e Verdi: l’ultimo in ordine di tempo il veto posto (poi tolto) dalla ministra della Famiglia Lisa Paus a un pacchetto di stimoli economici proposto dal suo collega delle Finanze Christian Lindner, un progetto faro dei liberali.
A questo e ai tanti altri contrasti presenti all’interno della coalizione proverà a porre rimedio lo stesso cancelliere, che da oggi raduna i suoi ministri nel tradizionale seminario a porte chiuse nel castello di Meseberg, la residenza del governo alle porte di Berlino.
L’incontro si svolge nel clima ormai consolidato di depressione economica, con il paese che si interroga da mesi sulla qualità della crisi tedesca: passeggera, congiunturale o strutturale?
I sondaggi per l’esecutivo sono ormai catastrofici. L’ultimo in ordine di tempo, realizzato dall’istituto Insa per la Bild, rivela che il 64% dei tedeschi ritiene che un cambio di governo gioverebbe al paese, mentre addirittura il 70% è insoddisfatto dell’operato del cancelliere. Per Hermann Binkert, direttore di Insa, “ci sono tutti i segni di un tramonto della cancelleria”.
Il tonfo di Scholz nel gradimento degli elettori si riflette anche nel consenso per il suo partito, l’Spd, ormai stabilmente superato dall’estrema destra di Alternative für Deutschland (Afd) al secondo posto, mentre il primo è occupato dalla Cdu, il partito di Friedrich Merz, comunque ben lontano dalle soglie del 35% che mediamente si registravano negli anni di Angela Merkel.
Il calo dei partiti di governo (tutti, in particolare dei Verdi), è ancor più rilevante se si pensa che, se si esclude Afd, nessuna delle opposizioni sembra avvantaggiarsi in maniera particolare. Tanto che anche nella Cdu si è aperto il dibattito sulla qualità del suo nuovo leader e sulla sua reale capacità di rappresentare il partito alle prossime elezioni federali. E nel già citato sondaggio Insa, il derelitto Scholz è comunque sempre avanti nel gradimento rispetto sia a Merz che al leader della Csu bavarese Markus Söder.
Per il momento, nel mezzo di una crisi di fiducia che ormai si estende anche ad ampi settori del mondo imprenditoriale, i partiti di governo dovranno affrontare in autunno due elezioni regionali molto delicate. A metà ottobre si vota in Baviera e Assia, due Länder pilastri dell’Ovest, dove l’umore dei settori produttivi è nero. A Wiesbaden (la capitale dell’Assia, mentre il baricentro economico della regione è naturalmente Francoforte), per l’Spd correrà la ministra dell’Interno Nancy Faeser, l’autrice della riforma sulla cittadinanza, che nei giorni scorsi ha dovuto difendere la propria legge dalle critiche di un ex presidente socialdemocratico, Sigmar Gabriel. Ma nei sondaggi insegue il candidato della Cdu, che con il 29% ha un vantaggio rassicurante di 9 punti. Qui le bocce sembrano relativamente stabili rispetto a 5 anni fa, con lievi aumenti per Cdu e Afd (data al 15%) e lievi cali per Spd e Verdi. Sarà quindi molto probabilmente la Cdu a condurre il gioco, scegliendo di confermare l’alleanza uscente con i Verdi o di creare una “piccola” grande coalizione con i socialdemocratici.
In Baviera l’eterna Csu confermerà il primo posto, anche se il 38% assegnato dai sondaggi è ben lontano dai tempi d’oro in cui i cristiano-sociali bavaresi raccoglievano la maggioranza assoluta e anche al di sotto della soglia del 40%, nuova frontiera che divide un successo da una sconfitta. La lista civica dei Freie Wähler, stimata al 12%, potrebbe consentire il rinnovo dell’attuale governo, e la sua presenza, in qualche modo, contiene una rapida ascesa di Afd. E tuttavia è interessante osservare quel che accade a debita distanza dalla Csu, dove Verdi e Afd si contendono la seconda piazza con stime rispettivamente del 15 e del 13%. Anche in Baviera, dove con l’eccezione della capitale Monaco la presenza socialdemocratica è ridotta al minimo (10%), il calo dei Verdi è visibile: oltre 2 punti percentuali in meno rispetto a 5 anni fa e oltre 10 rispetto alle precedenti elezioni del 2013.
Così l’unica consolazione per i partiti storici è che il voto autunnale è confinato a due Länder dell’Ovest. Solo un antipasto del terremoto a favore di Afd che potrebbe avvenire nel prossimo anno, quando alle urne regionali andranno gli elettori di tre Länder orientali, Sassonia, Turingia e Brandeburgo, dove l’estrema destra è il primo partito con percentuali superiori al 30%. Ma fino ad allora Scholz e la sua maggioranza sperano di aver corretto la rotta.