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Tutti i compensi decisi dal cda della Popolare di Bari prima di essere commissariata

Nomi, numeri e approfondimenti. Con il caso delle consulenze del presidente Giannelli

Si accavallano rumors e fatti sulle vicende giudiziarie sul passato della Banca Popolare di Bari, mentre oggi Repubblica spiattella gli emolumenti lievitati che il consiglio di amministrazione della banca presieduta fino a pochi giorni fa presieduta da Gianvito Giannelli e guidata dall’ad, Vincenzo De Bustis, poi rottamati dalla Banca d’Italia che ha commissariato l’istituto di credito pugliese ha deciso mentre la banca era sull’orlo del baratro.

LA NOTIZIA SU MARCO JACOBINI

L’ex presidente della Banca popolare di Bari, Marco Jacobini, sarebbe indagato per corruzione nell’ambito dei suoi rapporti con la Vigilanza della Banca d’Italia. La notizia è stata pubblicata ieri da Repubblica secondo cui la vicenda sarebbe collegata in qualche maniera all’acquisizione della Banca Tercas. Il quotidiano precisa che Jacobini, al quale è stato notificato un avviso di proroga delle indagini nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte irregolarità nella gestione dell’istituto di credito barese, è indagato da giugno scorso. Nell’atto, precisa il quotidiano, non è indicato il destinatario della corruzione o in cosa si sarebbe concretizzata. Repubblica però sostiene di poter affermare che gli elementi, al momento indiziari, per i quali Jacobini è indagato, riguardano i rapporti avuti nel tempo con la Vigilanza della Banca d’Italia.

L’INCHIESTA DI BARI

Non solo. Concorso in bancarotta fraudolenta è il nuovo reato contestato all’ex amministratore delegato e a due ex dirigenti della Banca Popolare di Bari. La vicenda nella quale la Procura ipotizza il coinvolgimento dell’ex amministratore delegato Giorgio Papa, di Gianluca Jacobini, ex condirettore generale dell’istituto di credito barese e figlio dell’ex presidente Marco Jacobini, e di Nicola Loperfido, ex responsabile della direzione crediti, è quello delle società del gruppo Fusillo di Noci (Bari) attivo nell’ediliza alberghiera e residenziale.

IL CASO DEGLI EMOLUMENTI

Ma oggi emerge altro. Mentre la nave bancaria di Bari affondava, i capitani sulla tolda della banca pensavano ad aumentare i compensi, in modo generalizzato per il cda e per tutti i dirigenti della prima linea, svela Andrea Greco di Repubblica: “A partire dai manager addetti ai controlli interni e alla compliance (la conformità alle direttive di vigilanza): le due aree nevralgiche da cui dipendeva il flusso di comunicazioni sia con i magistrati che indagavano sulla banca, ipotizzando i principali reati societari, sia con i controllori della Banca d’Italia”.

ECCO BREVI ESTRATTI DELL’ARTICOLO DI REPUBBLICA RIPUBBLICATO INTEGRALMENTE QUI

L’assemblea infuocata chiamata a votare il bilancio 2018, chiuso con 420 milioni di perdita netta a causa di ingenti svalutazioni su crediti, doveva discutere al punto 5 anche le “Politiche di remunerazione ed incentivazione per l’ esercizio 2019”. Un punto che passò al voto dei soci infuriati, forse più intenti a contestare i vertici nel timore di non rivedere i loro investimenti. Come dovessero essere tali “politiche di remunerazione e incentivazione” lo si capì due mesi dopo, il 24 settembre. Quando il cda della banca approvò il nuovo pacchetto dei compensi. Il gettone per tutti i consiglieri di amministrazione saliva da 40 mila a 70 mila euro annui. Il compenso fisso per l’ ad Vincenzo De Bustis fu stabilito a 1 milione di euro, e di 450 mila euro per il presidente Gianvito Giannelli, che tre giorni dopo l’ assemblea del 21 luglio aveva sostituito il patron Jacobini (suo zio).

Sempre in quel cda si era ben pensato di aumentare anche gli stipendi ad alcuni dirigenti chiave, con retrodatazione di qualche mese. Così fu per il capo dei controlli interni Giuseppe Marella (da 170 mila a 220 mila euro) e il responsabile della contabilità Elio Circelli (da 170 a 220 mila euro). Due perni del funzionamento della banca; ed entrambi tra i 10 dirigenti indagati dalla procura di Bari. Simili incrementi ebbero Giorgio Scupola, a capo dell’ufficio legale, e il numero uno della compliance Francesco Nardulli.

L’avvocato Giannelli, presidente lampo da luglio al commissariamento di metà dicembre, ha avuto per anni dalla banca altre forme di compenso, per le attività di consulenza pluridecennali riconosciute allo studio omonimo, fin da quando lo guidava suo padre. La stessa Banca d’ Italia, nella relazione ispettiva del 2010, citava l’ esposizione verso lo studio Giannelli – allora stimata in circa 3 milioni – come di un rischio potenziale, perché l’ eccesso di incarichi allo studio poteva ripercuotersi sull’ operatività. Negli anni successivi non pare che le consulenze siano diminuite, sia per l’ attività di recupero crediti e contenzioso che per le principali questioni di diritto societario e trasformazione strategica della banca.

Dal 2015 al 2018 risulta che lo studio Giannelli abbia fatturato oltre 3 milioni di euro complessivi, con quote annue fisse fino a 150 mila euro e residue parti variabili. Per evitare un conflitto di interesse più grande le consulenze si sono interrotte lo scorso luglio, dopo l’ entrata di Giannelli nel cda a Bari. Anche il capoazienda De Bustis aveva fatturato: poche ore prima di entrare in cda, per diventare amministratore delegato, si fece pagare una consulenza da 125 mila euro per una consulenza sull’industria creditizia.

VERITA’ E BUGIE SULLA POPOLARE DI BARI

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