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Quota 100

Tutte le ultime demagogie sui vitalizi degli ex senatori

L'opinione di Giuliano Cazzola sulle contumelie per la decisione della Commissione Contenzioso del Senato a proposito dei criteri adottati per il c.d. ricalcolo dei vitalizi degli ex senatori

Torniamo di nuovo a spargere le feci col ventilatore. I commenti che vengono un po’ da tutti i partiti, compreso il Pd, sulla riapertura del caso vitalizi, sono disgustosi.

‘’Blitz notturno’’, ‘’scandalo’’, raccolta di firme ed altre contumelie. Il M5S si sente derubato della sua stessa ragione di esistere a causa della ‘’sentenza’’, emessa in primo grado, della Commissione Contenzioso del Senato a proposito dei criteri adottati per il c.d. ricalcolo dei vitalizi degli ex senatori (la delibera n.6 del 2018 dell’Ufficio di Presidenza del Senato).

Ma l’affermazione più disonesta è quella che mette in relazione la decisione della Commissione (in sede giurisdizionale) con le difficoltà in cui versa il Paese. Sarebbe molto più onesto chiedere agli ex senatori ricorrenti di compiere un ‘’beau geste’’: impegnarsi attraverso la loro associazione a versare i rimborsi arretrati (se il giudizio di secondo grado dovesse confermare quello del primo) alla Protezione civile o al Comune di Codogno o al Fondo per il reddito di cittadinanza o ad analoghe iniziative solidaristiche.

Ma qualsiasi cittadino ha diritto di adire il suo giudice naturale (articolo 25 Cost.), anche in regime di autodichia (il potere degli organi costituzionali di agire in autonomia deliberativa e giurisdizionale); e di ottenere giustizia se ha ragione.

Poi, queste iene hanno letto il dispositivo della sentenza (passata grazie al voto dei membri ‘’esterni’’ ovvero non senatori, membri della Commissione)? Vediamone i punti cruciali che accolgono parzialmente i ricorsi esaminati e di conseguenza annullano le disposizioni della deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica n. 6 del 16 ottobre 2018, limitatamente alle parti:

  • in cui prevedono il ricalcolo dell’ammontare degli importi mediante la moltiplicazione del montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del senatore alla data di decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata, anziché alla data di decorrenza dell’entrata in vigore della deliberazione n. 6 del 2018;

  • in cui prevedono dei coefficienti di trasformazione che determinano sensibili riduzioni, con incidenza sulla qualità della vita, degli importi di minore entità, senza alcun effetto su quelli di importo massimo;

In sostanza, secondo la Commissione, basterebbe correggere la deliberazione nei punti sopracitati. Prima di procedere oltre, tuttavia, occorre fare un passo indietro. Come funziona il calcolo contributivo di cui alla legge n.335/1995? Per ogni anno di servizio – come applicazione di questo regime – viene accreditato al lavoratore una quota pari al 33% della retribuzione, rivalutata secondo il Pil, che al momento della pensione diventa il c.d. montante contributivo da moltiplicare per dei coefficienti (ovvero delle percentuali) ragguagliati (e quindi periodicamente aggiornati ai nuovi dati) all’attesa di vita. Più cresce l’attesa di vita più il coefficiente si riduce e più conviene uscire dal lavoro più tardi, con un moltiplicatore più elevato.

Questo regime che agli italiani si applica, in tutto o in parte, solo a partire dal 1996 (poi esteso a tutti compresi i parlamentari, pro rata, dal 1° gennaio 2012) per i vitalizi percepiti dagli ex (su di loro si sono usate le più concenti offese) è scattato un ricalcolo retroattivo. Ciò premesso, passiamo agli aspetti di palese arbitrio, che vengono individuati come tali, anche nella sentenza: a) i criteri seguiti per il ricalcolo del trattamento non c’entrano nulla con i contributi versati. Nella fatwa di Roberto Fico (copiata dall’Ufficio di Presidenza di Palazzo Madama), per calcolare il montante contributivo derivante dalla trasformazione degli elementi costitutivi del vitalizio (ricordiamolo: abolito pro rata dal 2012) si è assunta l’indennità vigente alla cessazione del mandato e, alla maturazione degli altri requisiti, si è calcolata su di essa il 33% (con attribuzione delle dovute ripartizioni) e si è proceduto alle rivalutazioni previste.

Come è evidente si tratta di un montante contributivo solo virtuale, di un’astrazione; b) L’ammontare risultante è stato moltiplicato per i coefficienti di trasformazione (creati in vitro) e per gli anni di esercizio del mandato. Ne deriva che sono state bugiarde e farisaiche le modalità adottate: quelle di predisporre un algoritmo basato su dati inesistenti ed inventati. Innanzi tutto, un montante contributivo costruito a tavolino, assolutamente virtuale, per calcolare contributi soltanto teorici (l’amministrazione delle Camere, al pari di quella dello Stato, non versava i contributi spettanti al datore, perché provvedeva a pagare direttamente il vitalizio al momento dell’insorgenza del diritto, al pari di quanto previsto per i dipendenti statali fino al 1996). In parallelo sono stati definiti, a capocchia, coefficienti di trasformazione al di fuori della scala corrente (e cioè inferiori a 57 e superiori a 70 anni).

Ciò ha comportato che il coefficiente di trasformazione di un ex parlamentare ora ottantenne (e quindi con un’attesa di vita limitata) è stato quello vigente o reinventato al momento della riscossione dell’assegno. Ovvero il moltiplicatore immaginario di un montante contributivo anch’esso immaginario, è fatto risalire ad un momento anteriore quando l’attesa di vita era certamente maggiore di quella all’atto del ricalcolo (e quindi si è determinato un taglio ancor più consistente). Si tratta, alla fine, di un procedimento limitato ad alcune migliaia di cittadini italiani ed applicato soltanto a loro, in nome di un principio insussistente di eguaglianza, dal momento che, almeno per ora, nessun cittadino italiano – neppure i c.d. pensionati d’oro – è stato sottoposto, obbligatoriamente, ad un’operazione siffatta. Tale argomentazione critica si collega ad un’altra, altrettanto non corrispondente alla realtà: che il ricalcolo degli ex vitalizi interamente secondo il sistema contributivo (abbiamo dimostrato che si tratta di una manipolazione) renderebbe uniformi le regole previste per gli ex parlamentari a quelle in vigore per tutti gli italiani.

Non è vero. Il 96% dei trattamenti vigenti – vitalizi – è stato erogato sulla base del metodo retributivo e in piccola parte del misto. Le prime pensioni di conio unicamente contributivo ci saranno intorno al 2035 e solo trent’anni dopo i trattamenti saranno interamente regolati dal metodo introdotto dalla riforma Dini. Per ora interamente calcolate con il metodo contributivo, anche per i periodi pregressi, sono solo le prestazioni riferite alla c.d. opzione donna e, per un certo periodo, quelle derivanti da misure di totalizzazione. Ma si è trattato, sempre e comunque, di scelte volontarie compiute dagli interessati e riferite ai nuovi trattamenti, non modifiche forzate a quelli in vigore, apportate ora per allora. Quanto alle ‘’basi tecniche’’ si sono messi in fila dei moltiplicatori come se fossero numeri al lotto, senza alcun riferimento all’attesa di vita. La politica si arrese ancora una volta alla demagogia.

In definitiva, si è creato un regime pensionistico speciale (e punitivo) solo per gli ex parlamentari, i quali, tuttavia, ora corrono il rischio – avendo ottenuto giustizia – di essere prelevati a casa e portati in giro dalle guardie ‘’gialle’’ (in compagnia con quelle ‘’rosse’’, come ai tempi della famigerata Rivoluzione culturale cinese).

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