Si è concluso ieri a Samarcanda il summit dell’Organizzazione della Cooperazione di Shangai (SCO), l’organismo regionale creato dalla Cina ventun anni fa per rafforzare la partnership con i Paesi dell’Asia centrale.
L’alto profilo del vertice è desumibile dal livello dei partecipanti : quindici capi di stato e di governo a rappresentare gli otto Paesi membri della SCO, quelli con lo status di osservatori e quelli presenti a titolo di ospiti.
Ma a dare rilievo all’evento è stata soprattutto la partecipazione di Xi Jinping , che sceglie Samarcanda per il suo primo viaggio all’estero dall’inizio della pandemia.
È legittimo chiedersi, in considerazione del fatto che è una sua creatura, quale sia la visione di Pechino sul ruolo della SCO. Come si declina, dal punto di vista della Cina, la cooperazione tra i suoi membri? E quali sono l’ agenda , le priorità e gli obiettivi da perseguire per un blocco che vuole porsi in antitesi alle istituzioni guidate dall’Occidente e contrastare in particolare la supremazia politica ed economica degli Usa e dei loro alleati?
A queste domande fornisce risposta un interessante articolo del Global Times , l’edizione in lingua inglese del Quotidiano del Popolo che veicola abitualmente la linea della dirigenza del PCC.
Cooperazione economica e commerciale
Come di consueto il Global Times snocciola le sue argomentazioni appoggiandosi sulle dichiarazioni di anonimi analisti chiamati a svolgere il ruolo di fornitori di pareri esperti.
Gli analisti in questione sottolineano innanzitutto come una delle priorità del vertice sia stato discutere della “cooperazione economica tra gli Stati membri e altri partner in un’ampia gamma di aree, dall’energia al food e alle infrastrutture”.
L’impronta cinese emerge chiaramente quando si sottolinea come ci sia “una crescente urgenza” per la cooperazione economica e commerciale tra i membri SCO alla luce delle “multiple sfide” poste dall’attuale quadro economico globale, una delle quali rappresentata dalle “crescenti sanzioni economiche imposte dagli Usa”.
Gli analisti chiamati in causa dal Global Times rimarcano poi i numerosi passi in avanti fatti dalla SCO per promuovere la reciproca cooperazione. Come risultato tangibile viene citato il fatto che la China Development Bank ha implementato 63 progetti di cooperazione nel quadro della SCO che hanno implicato la concessione di prestiti alle banche dei membri per un valore di 14,6 miliardi di dollari.
Ulteriori sviluppi sono attesi nel campo della manifattura avanzata, delle nuove tecnologie, della logistica, della medicina e della salute.
Il ruolo dello yuan
Gli interessi della Cina e quelli della SCO vengono indicati come coincidenti anche in materia di finanza.
In quest’ambito si sottolinea come risulti ormai conveniente adottare lo yuan per le transazioni commerciali reciproche in particolare in materia di scambi relativi all’energia e alla sicurezza alimentare.
È chiaro qui il riferimento alla necessità di contrastare l’egemonia del dollaro quale valuta di riferimento per i pagamenti internazionali, ma anche di eludere i sistemi interdittivi posti in essere dalle sanzioni elevate dagli Usa. Si deve fare in modo, è il suggerimento degli analisti, di liberare dalla morsa americana tre grandi produttori di energia che sono anche membri SCO quali Russia, Uzbekistan e Kazakistan e rendere indipendenti dai circuiti occidentali le esportazioni di prodotti alimentari di un grande produttore come la Russia.
Cooperazione energetica
Per discutere dei fondamentali aspetti dell’energia il Global Times ha consultato un’altra fonte, Xu Qinhua, direttore del Centre for International Energy and Environment Strategy Studies della Renmin University of China.
Anche questo esperto si spende in favore dell’adozione dello yuan come “scelta naturale” per i pagamenti in materia di energia. Ciò in considerazione della “profonda integrazione” che si registra nel settore tra i membri SCO, “dalla produzione upstream al trasporto e alla raffinazione”.
La centralità della Belt and Road
Una “precondizione” per la cooperazione additata dagli analisti cinesi non poteva che essere lo sviluppo della “connettività infrastrutturale”, da tradurre nei termini della realizzazione di autostrade, ferrovie e oleodotti.
E qui gli esperti hanno buon gioco nel sottolineare come questa priorità sia “in linea con gli obiettivi di sviluppo” proposti dalla Cina attraverso il suo progetto delle nuove Vie della Seta.
Si evidenziano i numerosi traguardi già raggiunti dal progetto nell’area della SCO, citando come esempi il tunnel sulla linea ferroviaria Angen-Pap, che rappresenta il più lungo tunnel dell’Asia Centrale, l’estensione dell’autostrada che collega Cina, Kirghizistan e Uzbekistan e i progressi registrati sul fronte dei lavori preliminari per la costruzione di una ferrovia che collegherà quei tre Paesi.
A propria immagine e somiglianza
Dalle dichiarazioni degli analisti emerge chiaramente la volontà di Pechino di far coincidere gli interessi della SCO con i propri.
In particolare le pressioni per l’adozione dello yuan e per l’allargamento degli obiettivi da perseguire con la Belt and Road mettono in chiaro l’idea che la Cina nutre della SCO: una creatura generata a propria immagine e somiglianza per favorire una strategia che pone il Dragone al centro di un sistema che si vuole finalmente affrancato dalla tirannia dell’Occidente.