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Tutte le frottole sul no dell’Italia al Mes

Dopo che la Camera ha respinto la ratifica della riforma del Trattato del Mes, si sono lette e sentite molte reazioni livorose e scomposte. Ecco quelle pronunciate da personalità istituzionali o considerate autorevoli.

Non credevamo fosse possibile assistere ad una sequenza di reazioni così scomposte, a tratti livorose, a proposito del voto con il quale la Camera ha respinto la ratifica della riforma del Trattato del Mes.

Eppure, da mercoledì 21, è un bombardamento ininterrotto. Allora cogliamo fior da fiore (si fa per dire) e ci addentriamo nella galleria degli orrori.

Il posto d’onore spetta al Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni che, sul Corriere della Sera di sabato 23, ha dimostrato di avere qualche difficoltà con l’articolo 80 della nostra Costituzione e con le procedure di negoziazione dei trattati internazionali. “Certo il Parlamento è sovrano, ma è consuetudine che gli accordi sui trattati internazionali contratti dai governi vengano rispettati” è la frase incriminata.

Da qui derivano due considerazioni. La prima è che, secondo Gentiloni, il diritto internazionale sia basato su consuetudini e non su norme. Insomma, qualcosa di simile al mercato ortofrutticolo. Allora a Gentiloni vorremmo ricordare che i Trattati internazionali seguono una procedura complessa, in cui i governi negoziano ed i Parlamenti approvano. Un iter a formazione progressiva in cui non esiste alcun vincolo reciproco fino alla ratifica dei Parlamenti nazionali. Quando il governo Conte 1 (che ha vissuto la fase iniziale dei negoziati) e il governo Conte 2 (che ha terminato quella fase) ha consentito all’ambasciatore plenipotenziario presso la Ue, Maurizio Massari, di apporre la firma sotto il testo definitivo della riforma, ha semplicemente sancito il termine della fase negoziale sul testo. Altrimenti cosa avrebbero dovuto portare alla ratifica?

È così difficile comprendere che il governo non “sottoscrive” alcun trattato internazionale (come pure ci è toccato leggere) almeno in forma vincolante, ma gestisce soltanto una fase che porta all’esistenza di un Trattato?

È pure vero che, spesso ma non sempre, i governi che negoziano sono espressione della stessa maggioranza parlamentare, e che è quindi ragionevole attendersi un voto favorevole dal Parlamento. Ma il fatto stesso che i Padri Costituenti abbiano previsto la ratifica con l’articolo 80, è indice segnalatore del luogo e dell’organo incaricato di manifestare la volontà di concludere un negoziato ed accettarne le conseguenze. Ed è inequivocabilmente il Parlamento. Tutto il resto è eversione costituzionale, altro che “consuetudine”.

In questo specifico caso, il Parlamento aveva chiaramente, sin dalla precedente legislatura, manifestato una posizione di ostilità verso il Trattato perché vecchio, inutile e perfino dannoso, da riformare in direzione ben diversa da quella indicata con la riforma di cui è stata respinta la ratifica. Perfino Giuseppe Conte e la sua maggioranza parlamentare giallo-rossa del 2021 avevano deciso di firmare il testo tra mille se e mille ma, demandando comunque alla volontà parlamentare l’ultima parola. Che è arrivata. Piaccia o no.

In contemporanea, abbiamo percepito, sempre sul Corriere, il moto sussultorio del ministro Giancarlo Giorgetti che “scuoteva la maggioranza”. Cos’era accaduto? Che Giorgetti, ha scambiato quattro battute con i cronisti al volo per strada, ed ha affermato la banalità “che il ministro aveva interesse che il Mes fosse approvato per motivazioni di tipo economico finanziario”. Normalissimo, per la comprensibile ragione che, su quel piano, sarebbe stata una leva di trattativa con i colleghi di Bruxelles. Ma la ratifica della riforma del Mes, non è nella disponibilità né di Giorgetti, né del Governo, e quindi sono subentrate “motivazioni non sono economiche” come ha correttamente aggiunto Giorgetti e l’esito è stato diverso. Cosa ci sarebbe di così destabilizzante? Nulla, a nostro parere, a parte la disperata volontà di arrampicarsi sugli specchi alla ricerca di qualsiasi appiglio per giustificare una decisione che, per la prima volta in 30 anni, ha visto l’Italia non seguire il carro franco-tedesco, sul quale evidentemente viaggiano in molti e da tempo, soprattutto a sinistra.

Non trascurabile l’uscita di Lorenzo Bini Smaghi su La Repubblica. Si chiede: “come facciamo a chiedere la solidarietà se siamo i primi a negarla? Non ci sorprendiamo poi che altri, in particolare Francia e Germania, si mettano d’accordo prima tra di loro senza coinvolgerci”.

Qui siamo proprio allo stravolgimento della realtà. Bini Smaghi infatti – dopo 30 anni durante i quali l’Italia ha pedissequamente approvato senza quasi toccare palla qualsiasi cosa proveniente dell’asse franco-tedesco – teme che il rifiuto di ratificare il Mes sia una mancanza di solidarietà che porti così alla nostra emarginazione nelle decisioni che contano. Cioè proprio la condizione in cui versiamo da 30 anni. Noi diciamo sempre di sì e, nonostante ciò, l’asse franco-tedesco non ci coinvolge. Volete una prova freschissima? Martedì 19 dicembre, il ministro tedesco Christian Lindner è volato dal suo omologo francese Bruno Le Maire per cenare e definire “un accordo al 100%” sulla riforma del Patto di Stabilità. E Giorgetti a Roma. E pensare che, fino a quel momento, l’Italia avrebbe potuto ben vantarsi di una affidabilità assoluta, non avendo mai messo in discussione alcunché delle decisioni prese nelle istituzioni europee. Invece siamo rimasti alla porta. Allora quali sono i pericoli paventati da Bini Smaghi, se pur dicendo sempre di sì, siamo sempre stati trattati da outsider?

Nelle varie ed eventuali, segnaliamo che Fubini sul Corriere prevede che lo “scenario più plausibile sul Mes prevede una ratifica (dietro qualche foglia di fico) subito dopo le elezioni europee di giugno”. È un’affermazione che impacchettiamo insieme alle tante previsioni di imminente ratifica che abbiamo letto nell’ultimo anno. A partire dall’ormai famoso “prima o poi l’odiato Mes bisognerà firmarlo. O meglio trangugiarlo” di fine ottobre scorso.

E chiudiamo con l’abituale testa di cavallo mozzata nel letto. Che ci ricorda che “nei prossimi mesi con Bruxelles occorrerà gestire anche la stretta sui conti […] e bloccare il Mes, aiuta meno”.

Non vorremmo essere nei panni di chi affermava che il governo stesse usando il Mes come leva di ricatto per ammorbidire le trattative sulla riforma del Patto di Stabilità. Ci pare accadrà il contrario e cioè il Mes (che serviva e servirà a poco e andrebbe liquidato o trasformato) era un’arma di ricatto di Bruxelles per ammorbidirsi sul Patto di Stabilità. Voi ratificate e noi vi concediamo qualcosa. Con il prevedibile esito che avremmo ratificato e non avremmo comunque ottenuto nulla (perché il Patto sarà sempre e comunque in varia misura dannoso per l’Italia), come decenni di storia della Ue insegnano.

Ora vorrebbero vendicarsi. Un ambientino davvero edificante.

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