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Turchia

Tutte le cose turche di Erdogan nella Banca centrale

Erdogan caccia tre membri del comitato di politica monetaria della Banca centrale, gli effetti negativi sulla lira turca, le reazioni dei mercati, i commenti degli analisti

 

Nuove tensioni sul mercato dei cambi per la lira turca. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, secondo la Gazzetta Ufficiale della Turchia, ha sollevato dall’incarico tre membri del comitato della Banca centrale che si occupa della politica monetaria (MPC) e la notizia ha portato scompiglio nei mercati.

COSA È SUCCESSO

Erdogan ha licenziato, con un decreto, i tre membri del MPC che si opponevano al taglio dei tassi di interesse richiesto dal Presidente. Si tratta di Abdullah Yavas e dei vice governatori Semih Tumen e Ugur Namik Kucuk.

Contestualmente ai licenziamenti, Erdogan ha nominato Taha Cakmak vice governatore della Banca centrale e Yusuf Tuna membro del MPC.

IL RAPPORTO TRA ERDOGAN E KAVCIOGLU

Ieri sera Erdogan ha incontrato il governatore della Banca centrale turca, Sahap Kavcioglu, noto per assecondare le richieste del Presidente. Infatti, ricorda Milano Finanza, Kavcioglu aveva già ceduto alle pressioni del leader turco il mese scorso quando la Banca centrale aveva inaspettatamente tagliato i tassi al 18%.

Tuttavia, il quotidiano riferisce che la fiducia del Presidente nei confronti di Kavcioglu starebbe venendo meno.

LE REAZIONI DEI MERCATI

A seguito della notizia, la moneta del Paese ha toccato nuovi minimi storici contro euro e dollaro provocando turbolenze nei mercati. Come riporta Teleborsa, il cambio lira turca vs dollaro è arrivato a 9,1843, per poi assestarsi a 9,1425 a metà mattina.

Da inizio anno la valuta ha perso quasi un quinto del proprio valore contro il dollaro e i mercati sono preoccupati dalle tensioni attorno alla politica monetaria e dalle interferenze di Erdogan che non solo ha ripetutamente chiesto di tagliare i tassi di interesse, provocando il crollo della lira, ma negli ultimi 2 anni e mezzo ha anche licenziato tre governatori della Banca centrale per disaccordi politici.

LA SITUAZIONE GEOPOLITICA

I mercati, infatti, scrive InvestireOggi, risentono del nuovo intervento militare della Turchia in Siria contro l’organizzazione curda YPG, che le autorità anatoliche considerano un’estensione del gruppo terroristico interno PKK.

Anche la relativa pace che sembrava esserci con la Russia, non è affatto scontata e non è chiaro come si muoveranno i due Paesi: divisi su Siria, Libia e Caucaso.

I BOND TURCHI

Il contraccolpo si è registrato anche per i bond sovrani. La scadenza a 2 anni, prosegue il quotidiano, offre un rendimento del 18,11%, mentre quella a 10 anni del 19,49%.

“Prima del licenziamento del governatore centrale Naci Agbal, avvenuto il 19 marzo scorso, il titolo biennale offriva il 15,75% e quello decennale il 13,60%. Allora, la curva delle scadenze era profondamente invertita (spread 10/2 anni a -215 punti base), mentre oggi si mostra nettamente ripida, con lo spread 10/2 anni in area 140 punti”.

L’INFLAZIONE E IL PENSIERO ECONOMICO DI ERDOGAN

Erdogan, andando controcorrente rispetto al pensiero della maggior parte dei banchieri del mondo, ha sempre sostenuto che l’inflazione verrebbe rallentata e non accelerata dal taglio del costo del denaro.

L’andamento dei prezzi in Turchia però ha sistematicamente smentito le valutazioni del Presidente, come dimostrano le misure straordinarie restrittive a cui spesso ha dovuto ricorrere Ankara per frenare la corsa dell’inflazione. Basti pensare che in Turchia l’inflazione negli ultimi 2 anni e mezzo ha raggiunto il picco di 19,58% a settembre scorso.

I COMMENTI DEGLI ESPERTI

I licenziamenti, scrive Bloomberg, sono stati probabilmente “motivati da un Erdogan irritato dal fatto che i tassi di interesse non stanno scendendo abbastanza velocemente”, ha detto Henrik Gullberg di Coex Partners. “I mercati ora si aspettano sicuramente un ulteriore allentamento” alla prossima decisione sui tassi prevista per il 21 ottobre.

Secondo Piotr Matys, analista valutario senior di InTouch Capital Markets Ltd, con quest’ultima mossa la Banca centrale turca ha reso la lira ancora più vulnerabile, spianando la strada per un’altra svendita.

“La Banca centrale ha già iniziato il ciclo di allentamento in un momento in cui le Banche centrali nelle economie sviluppate si stanno muovendo nella direzione opposta”, ha affermato James Lord, strategist forex di Morgan Stanley ripreso da MF. “L’aumento dei prezzi del greggio mette ulteriore pressione sulla lira, dato che la Turchia è un grande importatore di petrolio”, ha aggiunto Lord.

QUALI POSSIBILI VIE D’USCITA DALLA CRISI?

Come aveva spiegato a Policy Maker il professor Gaetano Sabatini, direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea (ISEM) del CNR, la Turchia potrebbe uscire dalla crisi valutaria proprio intervenendo sulla politica monetaria: “Nonostante gli sforzi della Banca centrale, che ha per questo bruciato una parte importante delle sue riserve, la lira turca si è deprezzata sempre di più”.

Per questo, fa notare il Professore, “Erdoğan sta mettendo in campo tutti gli strumenti di negoziazione che ha a sua disposizione per avere forme di sostegno dalla finanza internazionale. Ma il rischio di fallire è alto: Fmi e Ue non sembrano essere particolarmente solerti nel venire in soccorso del presidente e i rapporti con gli Stati Uniti sono, come detto, incerti non meno di quelli con la Russia e la Cina”.

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