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Autostrade Spostamenti

Tutte le cantonate del governo su Autostrade, Alitalia, Ilva e non solo

Il commento di Gianfranco Polillo sui maggiori dossier a cavallo fra economia, industria, finanza e Stato come Autostrade, Alitalia e Ilva 

Minacciare la revoca della concessione ad Autostrade d’Italia e poi tornare indietro non è stato solo un errore di comunicazione. Ma il riflesso condizionato della propria “falsa” coscienza. Il ritenere, cioè, che qualsiasi infrastruttura sia, in definitiva, sterco del demonio. Deturpa l’ambiente. Genera inquinamento. E, cosa ancora più grave, produce profitti per i gestori dell’opera. Che poi, a volte, questi profitti, possano generare posizioni di rendita è un’altra storia. Ma per impedire che questo avvenga, esistono strumenti in grado di evitarlo. Basta prevederli e, soprattutto, attivarli.

Ugualmente errata la comunicazione di Autostrade. Di fronte ad un dramma, come quello di Genova, la prima reazione doveva essere il grande rammarico per la perdita di vite innocenti. Poi ci sarebbe stato tutto il tempo necessario per le giustificazioni. Sempre che ve ne siano. Accompagnate dall’assicurazione che, in ogni caso, a seguito delle necessarie verifiche tecniche, la società si sarebbe assunta tutte le proprie responsabilità. Ma così non è stato.

All’assalto all’arma bianca da parte di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, ha corrisposto, invece, la levata di scudi da parte della società Autostrade per l’Italia. All’approssimazione giuridica del governo, il richiamo a regole contrattuali tutte da verificare. Quando saranno più chiare le cause del disastro. Nel frattempo lo sconcerto della grande stampa internazionale che non capisce più cosa il nostro Paese sia diventato. Se governo e vertici di una delle sue più importanti società, per giunta concessionario di servizi pubblici (sottoposto a pubblici controlli), si comportano in questo modo, è evidente che qualcosa, nel profondo, è cambiato. Ma si è definitivamente sgretolato nella contrapposizione sempre più faziosa tra popolo ed establishment. Due mondi sempre più lontani ed incomunicabili.

Ma ammettiamo pure che le responsabilità di Autostrade per l’Italia siano tali da giustificare la revoca della concessione, chi garantirà la continuazione del servizio? Sarà gestito da Anas? Dal ministero delle Infrastrutture? Da Cassa depositi e prestiti, come nell’eventualità di una ri-nazionalizzazione di Alitalia? È l’idea di una statalizzazione integrale dell’economia – c’è poco da dire – quella a cui i 5 stelle stanno pensando. Quindi non solo l’acqua pubblica, ma l’Atac pubblica, l’Ilva pubblica. E via dicendo. Il tutto accompagnato dal piatto forte delle rinunce: la TAV (Torino-Lione), la TAP, la Pedemontana, la variante di Gronda (che chissà quando vedrà la luce) nella presunzione che le traballanti infrastrutture esistenti possano durare, come il Ponte Morandi, altri 100 anni.

Se poi la realtà di tutti i giorni sfugge, com’è inevitabile, a questo schema si può provvedere, come avviene continuamente a Roma, nel mettere il limite di velocità a 30 km l’ora sulle strade più dissestante. E se tutto ciò impedisce al Paese di crescere, come sarebbe necessario, nessun problema. C’è sempre il salario di cittadinanza in grado di ripartire la miseria, in modo equo, tra gli abitanti del Bel Paese. Che tale deve rimanere miracolato dal buon Dio e, quindi, esentato da ogni necessità del provvedere. Perché, come lascia intendere Beppe Grillo, il lavoro stanca.

Coerenza estrema di una prospettiva politica. Per gonzi: si deve subito aggiungere. Su quelle dichiarazioni improvvide, qualcuno ci ha guadagnato. In un solo giorno il titolo Atlantia, l’holding che controlla Autostrade d’Italia, aveva azzerato i guadagni maturati dell’ottobre del 2014. Quasi 5 miliardi di erosione. Contagiando, nuovamente, l’intero listino di borsa già sofferente per conto suo.

I più lesti, si sono, tuttavia, affrettati a compare sull’onda di questo improvviso ribasso, prevedendo l’inevitabile ripensamento del governo, a causa della fragilità intrinseca delle posizioni assunte. Guadagno immediato di oltre 5 punti, nello spazio di un mattino. A dimostrazione che quando si tratta di società quotate in borsa, il silenzio è d’obbligo. Pena il rischio di aggiotaggio. Si dirà: effetto né ricercato, né voluto. Ma questo è il bello dei dilettanti allo sbaraglio.

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