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Spread Recovery Fund

Tutte le bufale allarmistiche su spread, tassi, Btp e liquidità delle banche

L'articolo di Giuseppe Liturri

Sono passati circa 2 mesi da quando, a reti unificate, è cominciato il bombardamento mediatico dello ‘spread che fa aumentare i tassi sui mutui’. Una perfetta clava mediatica usata senza scrupoli a fini di lotta politica. Niente di nuovo e di male, se non fosse per il fatto che i numeri, pur prestandosi a qualche lettura parziale ad usum delphini, nel nostro caso lasciano poco spazio al dubbio, e minano la credibilità di chi, parlando di ‘costo dei prestiti alle imprese aumentato del 50%’, si è lanciato in previsioni o constatazioni non supportate dai dati.

E sono circa 2 mesi che i dati non ne vogliono sapere di adeguarsi alla narrazione che, per la verità, comincia a perdere qualche sostenitore.

Dopo il rapporto mensile ABI dello scorso 20 novembre, oggi arriva anche il rapporto  della Banca d’Italia che conferma, quando già noto da qualche settimana circa l’andamento dei tassi ed aggiunge qualche ulteriore e preziosa informazione.

LIVELLO DEI TASSI

Osservando i tassi relativi a prestiti (nuove operazioni) alle società non finanziarie, ad ottobre si attestano ad 1,52% contro 1,45% di settembre ed 1,50% di ottobre 2017. Comunque sotto i massimi dell’anno (toccati ad agosto con 1,55%, dopo 1,54% di febbraio e marzo). In ogni caso variazioni in linea con le oscillazioni congiunturali normalmente osservate negli ultimi 12 mesi.

Osservando i tassi relativi a prestiti (nuove operazioni) alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, ad ottobre il TAEG sale a 2,24% (livello già visto a marzo, in salita da 2,16% di settembre e comunque inferiore al 2,37% di ottobre 2017).

Anche in questo caso, solo modeste oscillazioni congiunturali e nulla a che vedere rispetto ad improbabili ‘stangate’ da 30 punti base annunciate a caratteri cubitali già da molte settimane.

LIQUIDITÀ IN ECCESSO

Ma l’informazione più interessante si nasconde a pagina 42 di quel rapporto, dove si riporta il dato della liquidità in eccesso (rispetto a quella obbligatoria) depositata dale banche presso la Banca d’Italia. Si tratta di ben €71 miliardi (in eccesso rispetto ai €15 obbligatori), in salita rispetto ai 57 di settembre ma inferiori rispetto agli 86 di ottobre 2017. Cosa significa questo dato? Che le nostre banche hanno ‘munizioni’ sufficienti per comprare BTP e per far prestiti, insomma il loro mestiere. Significa anche, con ragionevole probabilità, che le tensioni sullo spread sui BTP tardano a trasmettersi ai costi di raccolta ed ai tassi attivi sui prestiti, proprio perché le banche hanno sufficiente liquidità per continuare a fare prestiti, a differenza di quanto accadde nel 2011/12, senza essere costrette a ridurre i volumi e/o aumentare i tassi.

SALDO TARGET 2 STABILE

Il peggioramento di tale voce, esposta tra le passività nel bilancio della nostra Banca Centrale e che registra il saldo di tutte le operazioni contabili con l’estero (per scambi di merci, servizi e capitali), è da guardare con molta attenzione. L’aumento di questa voce segnala, tra le cause più importanti, un peggioramento della bilancia commerciale oppure una eccedenza di investimenti finanziari all’estero degli italiani o una eccedenza di disinvestimenti finanziari in Italia da parte degli stranieri (le famose ‘fughe’, tanto amate dai titolisti dei giornali). La nostra Banca Centrale finanzia questo disavanzo, indebitandosi presso la Bce. A fine novembre, per il quarto mese consecutivo, tale saldo è rimasto stabile a circa €492 miliardi.

In attesa di conoscere il segno e l’entità degli addendi che lo hanno determinato, si può ragionevolmente concludere che non ci sono stati scossoni particolari nei flussi finanziari da e verso l’estero riguardanti il nostro Paese.

TITOLI DI STATO DETENUTI DALLE BANCHE

Tornano ad aumentare, attestandosi a €373 miliardi, dopo aver toccato il livello minimo degli ultimi 12 mesi a dicembre 2017 con €324 miliardi, comunque ben al di sotto dei €389 miliardi di fine 2015. Le nostre banche hanno ancora spazio sufficiente in bilancio per assorbire le emissioni nette di titoli del prossimo anno, incassare buoni rendimenti e, probabilmente, se terminasse questa stucchevole e dannosa disputa sui decimali con Bruxelles, beneficiare anche di guadagni in conto capitale, come sottolineava l’AD di Ubibanca qualche giorno fa e si ripeteva anche sul FT.

 

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