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Trump, i maxi dazi annunciati anti Cina e le reazioni dei mercati. Fatti, numeri e trumpate

Ecco come borse e mercati hanno reagito all'annuncio di Trump su nuovi dazi contro la Cina. Il commento giornaliero ai mercati finanziari di Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr.

Doveva essere un inizio settimana tranquillo, con UK e ancora il Giappone chiusi per festività. Ci ha pensato Trump a movimentare l’apertura di ieri, cambiando bruscamente toni riguardo le trattative con la Cina.

Appena sabato i media avevano riportato le ennesime dichiarazioni costruttive del Presidente (“siamo molto vicini ad un accordo storico”), e nulla lasciava intendere la svolta.

E invece sono comparsi 2 tweet in cui Trump ha annunciato l’aumento dei dazi su 200 bln di merci importate dalla Cina dal 10% al 25%, e la possibile imposizione di dazi sul resto delle importazioni.

Il problema sarebbe che le trattative procedono a rilento e i Cinesi starebbero cercando di rinegoziare quanto già definito. Trump ha aggiunto che i dazi imposti finora sono in parte alla base degli “ottimi risultati macroeconomici”. Chissà cosa ne pensano i farmers?

Difficile farsi un idea precisa su cosa abbia scatenato il cambio di atteggiamento. E’ possibile, come ipotizzano alcuni, che effettivamente i Cinesi, confortati dai recenti toni positivi, abbiano fatto marcia indietro su alcune questioni. Oppure siamo di fronte a uno dei soliti “coup de theatre” del Presidente.

L’impressione personale, è che si tratti di una tattica per dare un giro di vite alla faccenda, e nel contempo restituire un po’ di drammaticità ad una questione che stava lentamente scivolando in secondo piano, in modo da ricavare un maggior vantaggio in termini di consenso da una soluzione. Di fatto, è nello stile di Trump di mettere pressione alle controparti nelle parti finali di una negoziazione.

Inoltre, recentemente la Casa Bianca era sembrata un po’ troppo ansiosa di chiudere, e la mossa di ieri potrebbe avere in parte il compito di rintuzzare le recenti critiche di “mollezza” giunte da alcuni ambienti. La forza di Wall Street e alcuni recenti dati macro devono aver fatto pensare al Presidente che economia e mercati fossero in grado di sopportare un po’ di stress sul fronte trade.

Su questo punto, a mio modo di vedere, Trump ha preso un po’ troppo alla lettera il GDP del primo trimestre, e i payrolls di aprile. In realtà il messaggio che arriva da indicatori con maggiori capacità previsive, come gli ISM, è meno confortante.

Da parte cinese, la reazione è stata composta. Le autorità hanno considerato se cancellare il viaggio a Washington del Vice premier Liu He, per poi decidere, a quanto pare, di confermarlo, ma con una durata ridotta a 1 solo giorno. La PBOC ha rapidamente annunciato un nuovo taglio della riserva obbligatoria bancaria per i piccoli istituti (non si sa se già previsto) accompagnato da un irrigidimento delle condizioni per l’identificazione dei non performing loans.

I mercati hanno accusato, ovviamente, aprendo pesanti ieri. Ma al di la degli asset cinesi, polverizzati dalla notizia, il resto degli indici per il momento ha avuto reazioni composte, segno che gli investitori condividono nella sostanza l’interpretazione secondo la quale si tratta di una tattica e non di un autentico irrigidimento.

Purtroppo, ho l’impressione che questo non sia sufficiente a permettere ai mercati una rapida archiviazione del problema. I motivi, a mio modo di vedere, sono i seguenti:

** Le autorità sono riuscite a produrre in Cina una qualche stabilizzazione ciclica, e quindi l’economia è meno vulnerabile ad un ritorno di fiamma delle frizioni commerciali. Negli USA, per contro, il settore manifatturiero ha iniziato a soffrire (l’ISM manufacturing ha segnato ad aprile i minimi da Ottobre 2016) anche a causa dell’impatto indiretto dei dazi. Su queste basi, le autorità cinesi saranno probabilmente (ancora) meno inclini a rincorrere gli USA sul loro terreno.

** Trump ha dichiarato che i dazi verranno aumentati venerdì, e assente una riconciliazione lampo (improbabile), o un passo indietro del Presidente (idem), questi aumenti avranno luogo. Ciò avrà ricadute macroeconomiche, e, presumibilmente, rinvierà di mesi il raggiungimento di un accordo che fino a sabato il mercato riteneva possibile entro venerdì questo, e probabile entro giugno.

** Questa improvvisa escalation coglie i mercati impreparati. La questione trade era da tempo considerata pressocché risolta. L’azionario globale ha messo a segno un robusto recupero, e nel breve è iperesteso e tratta su livelli di valutazione non più così cheap come a inizio anno. E i fattori di disturbo non mancano, dalla qualità “a macchia di leopardo” dei dati macro, ai focolai di crisi in alcuni emergenti.

Personalmente, già trovavo gli attuali livelli poco attraenti per investire, nel breve. Dopo queste news mi pare che una fase correttiva ci stia tutta. Vedremo.

Gli improvvisi sviluppi sul trade hanno coperto la pubblicazione dei PMI servizi e Composite di aprile in Asia ed Eurozone. Il dato cinese è stato un non-event: servizi +0.1 a 54.5, composite in calo a 52.7 per effetto del manifatturiero uscito scorsa settimana.

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