L’Ue e cinque Paesi si alleano per convincere il presidente Usa Donald Trump a non insistere su dazi riguardo aerei commerciali e componenti.
Al momento, Trump ha già imposto dazi del 10% su quasi tutte le importazioni di aeromobili e componenti. Tuttavia, Il 4 giugno, durante un’audizione al Senato, segretario al Commercio Howard Lutnick ha indicato che gli Stati Uniti dovrebbero imporre nuovi standard per i dazi sui componenti degli aeromobili entro la fine del mese. “È essenziale proteggere il nostro settore e garantire che chi commercia con noi ci tratti equamente” ha spiegato Lutnick.
Secondo nuovi documenti resi pubblici dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, l’Unione Europea, il Canada, la Cina, il Giappone, il Messico e la Svizzera e aziende del settore aeronautico e aerospaziale hanno esortato l’amministrazione statunitense a non imporre nuove tariffe legate alla sicurezza nazionale sulle importazioni di aeromobili commerciali e relativi componenti, riporta Reuters.
Ma anche negli Stati Uniti le compagnie aeree e i produttori aerospaziali sono preoccupati per i dazi proposti dall’amministrazione Trump, temendo per la competitività e per il settore, che gode di un sano surplus commerciale da oltre 70 anni.
Tutti i dettagli.
LE COMPAGNIE AEREE OGGI ALLE PRESE CON I DAZI
In realtà dazi doganali non sono quasi mai stati un problema per il settore aerospaziale.
Come ricordato dal Wall Street Journal, i nuovi dazi dell’amministrazione Trump pongono fine alle esenzioni che hanno permesso a Boeing, Airbus e altri produttori aerospaziali di costruire aeromobili e motori a reazione in gran parte senza dazi fin dagli anni ’80.
A parte una battaglia legale tra Airbus e Boeing nel 2020 e nel 2021 su ciò che ciascuna parte vede come sussidi fiscali ingiusti forniti dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Entrambe le parti sostenevano che l’altra abbia fornito aiuti di Stato alle due società aerospaziali in violazione degli accordi commerciali internazionali.
Dunque il settore ha operato in base a un trattato del 1979 che garantisce scambi commerciali senza dazi doganali, inclusi Stati Uniti e Canada, ma non il Messico.
Tuttavia, i frequenti annunci tariffari da parte del presidente Donald Trump comportano rischi sia per i costruttori di aerei che per le compagnie aeree.
LA POSIZIONE DI PECHINO
“Nessun paese o regione dovrebbe cercare di sostenere lo sviluppo della propria industria aeronautica nazionale sopprimendo i concorrenti stranieri”, ha scritto il governo cinese nel documento.
E QUELLA DI BRUXELLES
Da parte sua l’Ue ha sottolineato che “In qualità di partner commerciali affidabili, l’Unione europea e gli Stati Uniti dovrebbero rafforzare il commercio di aeromobili e pezzi di ricambio, anziché ostacolarlo imponendo restrizioni”. Pertanto, il blocco europeo esaminerà le sue opzioni “per garantire condizioni di parità”, ha aggiunto.
LE ISTANZE DI BOEING E AIRBUS
“Gli Stati Uniti dovrebbero garantire che gli aerei commerciali e le loro parti non siano soggetti a tariffe in nessun accordo commerciale negoziato, come è accaduto con il Regno Unito”, ha insistito anche Boeing.
Il rivale europeo Airbus ha evidenziato invece i rischi assunti da Trump che minacciano direttamente gli Stati Uniti. “Gli attuali dazi sull’aviazione negli Stati Uniti mettono a repentaglio la produzione nazionale di aerei commerciali”, ha affermato Robin Hayes, ceo di Airbus Americas, in un documento. “Non è né realistico né ragionevole oggi creare una filiera nazionale al 100% in nessun Paese”, ha aggiunto.
I TIMORI DELLE ASSOCIAZIONI DEI PRODUTTORI DI AEREI
Nel frattempo, lo scorso primo maggio è un’indagine, su richiesta del presidente Donald Trump, per determinare se imporre dazi – compresi tra il 10% e il 20% – su aerei civili e componenti, inclusi i motori. Le parti interessate avevano tempo fino al 3 giugno per presentare le proprie osservazioni.
“Imporre dazi generalizzati o barriere commerciali non tariffarie sull’importazione di tecnologia per l’aviazione civile rischierebbe di invertire decenni di progresso industriale e di danneggiare la catena di approvvigionamento nazionale’, ha avvertito l’Aerospace Industries Association (AIA) in una lettera al segretario al Commercio Howard Lutnick, inviata a inizio giugno ottenuta dall’AFP.
Tuttavia, per l’AIA, il settore non ha bisogno di questa misura, che potrebbe anzi avere l’effetto opposto a quello auspicato.
Hanno espresso critiche e preoccupazioni anche l’Airlines for America (A4A), l’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (IATA), oltre che Delta Airlines.
LA TESI DI DELTA AIRLINES
Già lo scorso aprile il ceo della compagnia americana Delta ha dichiarato che, piuttosto che pagare il prezzo dei dazi, avrebbe rinviato le consegne, nel tentativo di controllare i costi.
Ora Delta Air Lines sostiene il mantenimento dello status quo perché i dazi “ostacolerebbero la capacità di Delta di mantenere la sua traiettoria come gruppo globale”. Il vettore subirebbe uno “svantaggio competitivo” dovendo pagare di più per i pezzi di ricambio rispetto ai suoi concorrenti stranieri. Se questi dazi venissero imposti, ‘comporterebbero un’imposta inaspettata sugli acquisti di aeromobili di Delta conclusi nell’arco di diversi anni”.
Infine, Delta sarebbe probabilmente costretta ad annullare i contratti esistenti e a ritirarsi da quelli attualmente in fase di negoziazione, ha avvertito l’azienda nella sua lettera al Dipartimento Usa, sottolineando di avere attualmente ordinato 100 aeromobili a Boeing e di richiedere che i suoi Airbus A220 vengano prodotti principalmente a Mobile, in Alabama.