Fino a ieri sui giornali si era letto che Vivendi ha opposto una sorta di no comment al piano del fondo Merlyn per la rete Tim in contrapposizione con l’offerta degli americani di Kkr.
Anche se, come rimarcato nei giorni scorsi da Start Magazine, per diverse ragioni i francesi di Vivendi non potevano giudicare negativamente in camera caritatis la mossa di Alessandro Barnaba e di Stefano Siragusa.
Oggi sono arrivate le parole di Siragusa, che per giorni si è lasciato definire ex vicedirettore generale di Tim, una carica non prevista né dallo statuto né nell’organigramma dell’ex Telecom Italia, a far trasparire le convergenze parallele di fatto fra Merlyn e Vivendi:
In sostanza i francesi in una missiva inviata anche alla Consob dicono in sostanza che il consiglio di amministrazione di Tim deve al più presto esaminare la proposta di Merlyn alternativa a quella di Kkr, anche avvalendosi di advisor non solo finanziari, prima di valutare l’offerta di Kkr.
I no comment di Vivendi, dunque, erano fuffa per gonzi.
E c’è anche chi svela un croccantissimo retroscena sulle convergenze…
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SINTESI DELLE DICHIARAZIONI DI SIRAGUSA AL SOLE 24 ORE:
Il nostro piano è allineato alla visione del Governo e a tutte le dichiarazioni ufficiali fatte. Non seguiamo le veline. Prima non c’erano opzioni per Tim. L’unico racconto era: o si vende la rete o l’azienda fallisce. È chiaro che senza alternative l’unica strada era la vendita della rete a Kkr. Il Governo è intervenuto. Ora, però, c’è una soluzione alternativa, concreta e soprattutto industriale, che risponde alle esigenze del Paese e facilita la creazione della rete unica a guida Cdp, salvaguardando l’occupazione. Inoltre, come ha scritto anche il vostro giornale, Tim ha ufficialmente dichiarato che Kkr avrà il controllo totale della rete e per questo non serve il parere del comitato parti correlate. Ma, allora, perché chiedere al Paese il sacrificio di investire 2,2 miliardi se poi il management ha già deciso che il controllo non è del Paese?
Siamo intenzionati a presentare al mercato la nostra visione. Ma vorremmo farlo contemporaneamente alla proposta di Kkr che non è ancora nota. Per questo, riteniamo che il cda debba convocare l’assemblea per far scegliere agli azionisti quale futuro di Tim vogliano. Se il cda decidesse diversamente, nel rispetto della legge, chiederemo noi di convocarla e allora presenteremo la nostra proposta al mercato. Il management dovrà fare lo stesso in merito alla proposta di Kkr. In assemblea ci conteremo.
La rete non si vende e si preserva nella sua interezza inclusa Sparkle. Si accelera sul Pnrr. Si crea la rete unica a guida Cdp, ma senza spendere 2,2 miliardi. La consumer va venduta. La vogliamo snellire e, poi, valorizzeremo separatamente le sue anime per ottenere non meno di 9 miliardi. Il Brasile non è strategico. Ci aspettiamo non meno di 7 miliardi dalla vendita.
Abbiamo una quota sotto il 3% perché tanto ci permette la golden power. Siamo determinati a salire, se servisse, sopra il 5% per chiamare l’assemblea. Quanto alle azioni e ai derivati, contano i diritti di voto. La nostra posizione, ad ora, è tutta in equity.