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Telefonate registrate e bancari sotto pressione, Sileoni (Fabi) attacca in diretta tv Rienzi (Codacons)

Continuano subbugli e polemiche su garanzie statali e prestiti bancari. Il caso dello scontro fra Sileoni (Fabi) e Rienzi (Codacons)

Nella baraonda del Coronavirus capita di tutto. Succede, a esempio, che il governo – con gli aiuti alle imprese – ha messo in moto una macchina col motore diesel quando, invece, sarebbe servito un turbo a iniezione. Un meccanismo farraginoso che non ha consentito di dare alle aziende e agli artigiani la liquidità di cui avevano bisogno per far fronte all’emergenza cagionata dal Covid-19. Poi, in questo caos dei decreti, accordi, convenzioni e circolari, ci si sono messe pure le banche, chiamate a erogare finanziamenti garantiti dallo Stato (e non a regalare denaro allo sportello, calpestando o cancellando le regole esistenti, come qualcuno vorrebbe lasciar intendere). Alcuni istituti ci hanno un po’ marciato e, dopo aver valutato poco convenienti soprattutto i miniprestiti, quelli fino a 25.000 euro, fanno melina, chiedono documenti ulteriori rispetto a quanto previsto dalle norme e dalle procedure, cercano di buttare la palla in corner.

In tutto questo caos, chi ci finisce in mezzo sono le lavoratrici e i lavoratori bancari che in prima linea, da quando è iniziato il lockdown del Paese, continuano ad andare nelle agenzie e nelle direzioni. Il lavoro dei bancari non si è mai fermato – il settore appartiene a uno dei servizi pubblici essenziali – e il virus ha fatto il suo nella categoria, con un migliaio di contagiati e 15 morti. I bancari sono l’ultimo pezzo della catena produttiva, ma qualcuno pensa che la colpa di questo caos sia proprio la loro. Il Codacons, per esempio, ha registrato un po’ di telefonate con gli addetti delle banche, contattati per informazioni su questi prestiti. Le risposte sono state in taluni casi non chiarissime, ma il motivo va cercato nell’assenza di indicazioni che arrivano dall’alto e pure dalla confusione innescata dai pasticci del governo. Ma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, preferisce evidentemente puntare il dito contro chi è più debole e non toccare né i vertici delle banche né l’esecutivo guidato dall’avvocato Giuseppe Conte.

Fatto sta che le telefonate sono state trasmesse in diretta tv su Rai Uno, ieri mattina, durante una puntata di Storie Italiane, una pacata trasmissione di intrattenimento, condotta da Eleonora Daniele, che per una volta si è trasformata in un ring. A sferrare i pugni (mediatici, per carità) stendendo al tappeto l’avversario è stato Lando Maria Sileoni. Il segretario generale della Fabi, prima sigla del settore con 110.000 iscritti, ha attaccato a muso duro Rienzi che voleva denunciare, con un’indagine ignorata da tutti i quotidiani in edicola oggi, ritardi e inefficienze, imputando il tutto su chi lavora allo sportello, come se la politica del credito o le procedure fossero decise dagli impiegati e non dagli amministratori delegati.

La storia delle telefonate rubacchiate e della successiva (controversa) messa in onda, ancorché legittima sul piano dei cavilli normativi, non è andata giù al leader della Fabi. Che non ha lasciato parlare Rienzi, il quale, fiaccato, si è prima arreso e poi ha cercato di tendere la mano a Sileoni chiedendo di lavorare insieme. «Stia zitto», ha però urlato via Skype Sileoni a Rienzi. «Lei è caduto male – ha detto furioso Sileoni – ha sbagliato personaggio. Io sono una persona con i piedi per terra e non mi metto in cattedra come sta facendo lei, rispetto tutti. I problemi ci sono stati principalmente per alcuni motivi fondamentali: una confusione normativa che non dipendeva dalle banche, ma da un decreto farraginoso del governo, bastava abrogare le norme precedenti e tutto sarebbe andato con estrema velocità. Tutta questa burocrazia ha portato ad un mese di stallo, noi abbiamo ora superato la fase di rodaggio». Quindi si è rivolto ancora a Rienzi: «Lei è una vergogna, non sa che per il coronavirus sono state chiuse molte filiali, e se i suoi adepti chiamano quando le filiali sono chiuse, con chi pensa di avere a che fare? Vengo io a fare le indagini a lei».

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