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Imprese

Sure, ecco fini e rischi dei prestiti

L'approfondimento di Giuseppe Liturri sui prestiti per il programma Sure

Avete mai visto un Ministro dell’Economia esultare per aver saputo della concessione di un prestito di cui non conosce le condizioni, perdipiù destinato a spese già stanziate ed in parte già finanziate con emissioni di titoli pubblici?

Ieri il nostro ministro dell’Economia si è fregiato anche di questo poco invidiabile primato, roba da far rivoltare Quintino Sella nella tomba.

Infatti la Commissione Ue ed il ministro Roberto Gualtieri hanno annunciato, con grandi squilli di fanfare inneggianti alla ritrovata solidarietà europea, la positiva conclusione della fase istruttoria che ha portato la Commissione a proporre al Consiglio la decisione di concedere all’Italia un prestito di € 27,4 miliardi. Accanto all’Italia, spicca la Spagna con 21,3 miliardi seguiti da altri 13 Paesi (tra cui non compare la Francia), per un totale di 81,4 miliardi su 100 complessivamente erogabili dal fondo Sure. Questo prestito finanzierà esclusivamente le 18 settimane di Cassa integrazione per tutti i lavoratori dipendenti, le indennità per i lavoratori autonomi di vario tipo, i collaboratori sportivi, i lavoratori domestici e quelli intermittenti, il fondo perduto per autonomi e imprese individuali il congedo parentale, il voucher baby sitter, le misure per i disabili, il credito di imposta sanificazione e quello Adeguamento Covid. Tutte misure contenute nei decreti legge 18 di marzo e 34 di maggio, entrambi già convertiti in legge, che il governo ha documentato alla Commissione per 28,8 miliardi. Quindi nessuna spesa aggiuntiva, ma solo una fonte di finanziamento alternativa rispetto all’emissione di titoli sul mercato.

“Grazie a questo finanziamento, realizzato attraverso l’emissione di titoli comuni europei, il risparmio per le casse dello Stato nell’arco dei 15 anni di maturità può essere stimato in oltre 5 miliardi e mezzo di euro”.

È stato il commento del Mef che è riuscito finalmente ad usare, sia pure solo al termine di un comunicato con toni da Istituto Luce, la parola “finanziamento”. Stendiamo un velo pietoso anche sullo sfregio alla lingua italiana portato dai “15 anni di maturità”, perché ci rifiutiamo di credere che il comunicato sia prima stato scritto in inglese a Bruxelles e poi tradotto con Google Translate.

Al netto di queste due note di colore, stupisce e diciamo pure offende la stima del risparmio di interessi rispetto al finanziamento con emissione di titoli pubblici. Calcoli che incorporano un risparmio medio di circa 370 milioni all’anno per 15 anni e che implicano una differenza di tasso, tra titoli di Stato e prestito della Commissione, intorno al 1,4% annuo. Considerato che a febbraio il BTP a 15 anni è andato a ruba con un rendimento lordo del 1,49% ed a giugno l’ultima asta ha fatto segnare un rendimento lordo del 1,91%, ne deduciamo che Gualtieri stimi un tasso di poco superiore allo zero.

Ma com’è possibile proiettare su 15 anni le attuali condizioni di mercato e considerarle immutabili? E se domani il BTP 15 anni scendesse, non scontando più quell’assurdo spread? Gualtieri rifarebbe i conti? E se un ministro dell’Economia degno di questo nome lanciasse un prestito sindacato rivolto agli investitori internazionali concedendo lo status di creditore privilegiato? È infatti noto che la Commissione gode di questo status, almeno di fatto. E se il Mef decidesse di correre il rischio tasso ed il rischio liquidità, in questo momento inesistenti, indebitandosi con Bot a 12 mesi al -0,20%, così come potrebbe peraltro fare anche la Commissione? E se la Bce comprasse quei titoli con costo marginale per lo Stato pari quasi a zero? Dove finirebbe il fantomatico risparmio?

Difficilmente leggerete altrove ciò che noi abbiamo letto studiando non i comunicati stampa, ma la proposta di decisione sottoposta dalla Commissione al Consiglio. Da cui abbiamo appreso che il prestito del Sure sarà disponibile non subito ma a rate (fino a 10), ciascuna delle quali sarà erogata anche in più quote. Inoltre, come disposto dall’art. 8(2) del regolamento 672/2020, le condizioni del prestito saranno contenute in un separato accordo tra Commissione e governo, da stipularsi prima del pagamento della prima rata. Gualtieri conosce già quelle condizioni?

Purtroppo per lui- poiché la Commissione non dispone di quelle somme da prestarci, ma dovrà raccoglierle sui mercati – quelle condizioni non sono note. La decisione del Consiglio in corso di adozione, all’articolo 2 (commi 5-6), dispone chiaramente che il nostro tasso dipenderà dal costo di raccolta sostenuto al momento dell’emissione dei titoli, “aumentato di commissioni, oneri e spese”. A quanto saranno pari, in modo da poter valutare l’effettiva convenienza del prestito? Non è dato sapere, ma Gualtieri si lancia ugualmente in stime quantomeno azzardate. Si guarda bene dallo specificare che, come recita il comma 6, sarà la Commissione a decidere l’entità ed il momento di erogazione delle rate. Insomma, siamo nelle loro mani, sperando siano munifiche.

Gualtieri dà tutto per acquisito ma, nell’ebbrezza dei festeggiamenti, non si accorge che un’adesione così massiccia ad un prestito di cui non si conoscono ancora le condizioni è l’indiretta e clamorosa conferma che il Mes è ciò che sosteniamo da tempo: uno strumento per chi ha perso l’accesso ai mercati, da cui tutti si tengono lontani. Altrimenti perché la Spagna si è lanciata sul Sure e non sul Mes, i cui tassi dovrebbero essere molto vicini a quelli del Sure e le cui condizioni sono anche già note? Ci sono altri problemi? Forse la severa sorveglianza disposta dallo specifico Trattato? Se il Sure è buono, allora il Mes non lo è. Tertium non datur.

(Versione integrata e aggiornata di un articolo pubblicato su La Verità)

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