Capitalismo infedele. È questo di cui parla il prof. Luigi Zingales, economista dell’University of Chicago, che introduce il tema del “Capitalismo malato”, non votato al progresso umano ma esclusivamente al profitto, attraverso alcuni “casi di scuola”, tra questi il crollo del Ponte Morandi “che alla fine ha portato profitto ai Benetton” alla truffa tedesca sulle emissioni dei motori diesel. “Un tempo le imprese erano radicate nella società. I lavoratori, gli azionisti e i dirigenti frequentavano gli stessi luoghi. Era più facile, rendere difficile comportarsi in maniera sociopatica. Oggi, invece, il mondo è globalizzato e i pochi dirigenti che vivono vicino alle fabbriche vivono in gated community in cui gli operai nemmeno li vedono. In questo mondo è difficile fare pressione sociale. E rende più facile comportarsi in maniera indecente”.
IL TEMA DELLA DISEGUAGLIANZA NEL CAPITALISMO
La correttezza dell’idea della separazione tra gli aspetti economici e quelli sociali, negli insegnamenti di Friedman, è messa in dubbio. “Molti di noi sentono preoccupazioni nei confronti dei sistemi economici – dice a Startmag la prof.ssa Piergiovanna Natale, docente di Economia politica, Università di Milano Bicocca e relatrice della conferenza -. Preoccupazioni che hanno origine diversa. Molti di noi sentono una mancanza di riconoscimento delle proprie potenzialità e legittime aspirazioni”. Il tema, dunque, è quello della diseguaglianza. “È il tema che si riconduce alla preoccupazione soggettiva di non avere possibilità di crescita e di sviluppo personale. Non sono solo percezioni, sono legate a dati di realtà”.
LE POLARIZZAZIONI POLITICHE DERIVANO DALLE TENSIONI SOCIALI
Se alziamo lo sguardo e passiamo dalla microeconomia alla macroeconomia anche le relazioni economiche tra gli stati sono afflitte dalla malattia dell’individualismo. “La globalizzazione, di fatto, ha ridotto le diseguaglianze tra i paesi e ha permesso di liberare da condizioni di povertà estrema milioni di persone – continua la professoressa Natale -. Questo stesso fenomeno ha comportato anche un aumento delle diseguaglianze nei paesi e, sicuramente, un aumento delle diseguaglianze nei paesi alla cui comunicazione noi siamo esposte, i paesi occidentali. Un fenomeno che ha fatto crescere le tensioni all’interno e tra i paesi”. Un esempio? “Il sovranismo o le esternazioni trumpiane, queste estreme polarizzazioni sono il frutto di queste tensioni sociali all’interno dei paesi”.
LE TENSIONI TRA PAESI FRUTTO AVVELENATO DELLE DISEGUAGLIANZE
“Le tensioni politiche, anche tra paesi, sono il frutto avvelenato della crescita di diseguaglianze che abbiamo visto all’interno dei paesi occidentali – aggiunge la docente della Bicocca -. Poi, se allarghiamo lo sguardo c’è un problema di ristabilire un equilibrio mondiale in cui la relazione tra i paesi sia più proficua. Guardiamo a quello che stanno facendo i Brics e al loro tentativo di proporre un’organizzazione mondiale alternativa”.
UN NUOVO ORDINE MONDIALE GUIDATO DALLE AUTOCRAZIE
Il problema, però, è che tanti di questi paesi che stanno lavorando a un ordine mondiale alternativo non sono paesi democratici. “È impossibile non essere preoccupati dal fatto che la stragrande maggioranza di questi nuovi paesi non siano regimi democratici bensì autocrazie”.
IL WELFARE STATE COME ANTIDOTO ALLE FASCINAZIONI AUTOCRATICHE
L’idea della professoressa Natale è di rendere attrattivi i regimi democratici attraverso il welfare state, dando sostanza economica al concetto di cura. “Pensare a sistemi nei quali la fiscalità generale si fa carico delle diseguaglianze mi sembra una prima potenziale risposta alle preoccupazioni di “essere lasciati indietro” – conclude la professoressa Natale -. Inoltre, ci consente di pensare a un mondo nel quale siamo più pronti a riconoscere il valore dei regimi democratici. Perché non possiamo ignorare che sia crescente l’attrazione per i regimi autocratici”. Una fascinazione che nasce dal fatto che “le persone hanno la percezione che i sistemi democratici non li hanno tutelati e difesi abbastanza, non vedono i vantaggi della democrazia”.