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Smart working? Anticamera dell’outsourcing. Interessi negativi sui conti correnti? Una vergogna

Smart working? Anticamera dell'outsourcing. Interessi negativi sui conti correnti? Una vergogna. L'intervento di Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi

 

Smart working e digitale vengono pubblicizzati come dei totem, come delle ricchissime soluzioni a ogni problema, come degli obiettivi da raggiungere per dimostrare che si è voltato pagina, rispetto a un recente passato. Come se il passato non esistesse più perché il leitmotiv di guardare avanti nasconde la paura di essere analizzati, smascherati, individuati.

Smart working e digitale rappresentano il grande bandierone da sventolare in curva, durante i 90 minuti della partita, per dimostrare che si è moderni e pronti a gestire i cambiamenti organizzativi e di modello.

Smart working e digitale rappresentano, per alcuni, l’ideale soluzione, a portata di mano, per intestarsi cambiamenti solo di facciata; rappresentano le classiche dieci gocce di tranquillante per sedare l’ansia del momento, rappresentano la visione dell’albero e non della foresta.

Smart working e digitale riempiranno le tasche delle banche, degli azionisti, delle società di consulenza e di quegli addetti ai lavori che ne faranno una guerra di religione pur di strappare consenso, illudendo un po’ tutti, come fanno gli incantatori di serpenti, sulla bontà dell’operazione. Sarà sufficiente raschiare il fondo del barile, alzare una mattonella, sbirciare dal buco della serratura per trovare di tutto. Ma non bisognerà agitarsi più di tanto perché le informazioni sui costi, sui disagi dei lavoratori, sulle illusorie promesse alla clientela, queste informazioni ci arriveranno proprio da quei dirigenti che saranno esclusi dai prossimi cambiamenti organizzativi delle stesse banche.

Lo smart working, se mal utilizzato, può diventare l’anticamera dell’outsourcing con un impatto negativo sull’occupazione. Un’introduzione nel settore bancario misurata e mirata dei due argomenti, smart working e digitale, invece, potrebbe garantire dei positivi risultati se da un lato si rispettasse, nello smart working, la volontarietà del lavoratore, e se, dall’altro lato, nel digitale, si mantenesse un rapporto di assistenza e di consulenza della clientela tutto centrato sulla relazione personale, sul buon senso e sulla disponibilità.

La vera rivoluzione nel settore, il vero cambiamento, la vera e unica modernizzazione sarebbe rappresentata dall’utilizzo dello smart working e del digitale non per abbattere i costi a danno della qualità professionale e personale dei colleghi, non per far arricchire le società di consulenza – che si ricorderanno poi delle consulenze quando, a loro volta, ricambieranno i favori milionari ricevuti (questa è la storia del nostro settore) – ma soltanto quando diventeranno, smart working e digitale, uno strumento per migliorare il rapporto con la clientela e garantire, con lo smart working, gli attuali livelli occupazionali del settore

Prima di introdurre il digitale nel settore sarebbe opportuno e fondamentale estendere, ad esempio, una vera educazione finanziaria nelle scuole, nei giovani e a tutto il Paese. Sarebbe opportuna una radicale operazione chirurgica verso taluni dirigenti di banca che a parole, fiutando l’aria, cavalcano la presunta innovazione, ma nei fatti sono più vecchi e stantii di un vecchio computer anni 80: loro sarebbero i primi da rottamare perché rappresentano la vera zavorra culturale del cambiamento del settore. La volontarietà del lavoratore rispetto allo smart working deve diventare un mantra e va rafforzata negli accordi aziendali e di gruppo oltre che in quelli nazionali. Lo stesso contratto nazionale deve necessariamente riacquistare quel ruolo di garanzia competitiva dello stesso sistema bancario, regolamentando i rapporti tra banca e banca tutelando al massimo lavoratrici e lavoratori.

Infatti, una massiccia introduzione del digitale non può non essere concordata con il sindacato, nel rispetto delle condizioni sociali e individuali dei lavoratori bancari e a tutela della stessa clientela. Se ciò non avverrà, le banche non potranno poi lamentarsi se i clienti scappano negli uffici postali, se la politica e i partiti sparano ad alzo zero sul settore bancario, se la stessa Bce non le rispetta. E anche il tema degli interessi negativi per chi possiede conti correnti con saldo attivo rappresenta una vergogna al pari del recupero crediti gestito da società esterne che interessa 1,2 milioni di tra famiglie e imprese, al pari del tema delle pressioni commerciali e al pari dei premi in denaro anche superiori a un milione di euro per quei dirigenti di banca che raggiungono quegli obiettivi commerciali esasperati e anacronistici.

Ho l’impressione che stiamo andando sempre più velocemente verso un modello di società, dove viene considerato fondamentale apparire per quello che non si è mai stati. Ho l’impressione che stiamo scendendo sempre più in basso nonostante gli sforzi delle persone, di quei dirigenti e di qualche banchiere che, invece, vuole rispettare le persone deboli, le famiglie in difficoltà economiche, le imprese strozzate dal Covid.

Una banca di piccole e medie dimensioni o un grande gruppo bancario dovrebbero preoccuparsi maggiormente dei temi di carattere sociale, smettendola di occuparsene solo virtualmente, senza scatenare guerre commerciali fra bande e/o banche, senza distillare quotidianamente un esasperato e innaturale concetto di rapporto con la clientela, senza insistere in minacce, più o meno dirette, più o meno mascherate, a quei lavoratori a cui vengono imposte politiche e comportamenti anacronistici.

Insomma, con la scusa della crisi economico-finanziaria e della pandemia sta avvenendo di tutto e il settore sembra svincolato da ogni forma di buon senso e di buon comportamento. Un settore dove la schizofrenia sta prendendo purtroppo il sopravvento.

Il sindacato combatterà e si opporrà a ogni prevaricazione sia essa diretta o indiretta.

Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi

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