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Quota 100

Perché i sindacati coccolano tanto Conte?

Le ultime vicende sindacali analizzate dall’editorialista Giuliano Cazzola

“Il Conte II è migliore del Conte I: oggi col governo c’è un confronto che giudico molto positivo”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, in un’intervista a La Stampa. Il governo, afferma, ha ”certamente contribuito a realizzare una svolta a livello europeo”, ed ha saputo migliorare il rapporto con le organizzazioni sindacali. Oggi, prosegue, ”anche grazie all’emergenza sanitaria, c’è stato con l’esecutivo e con le imprese un confronto che ha portato risultati molto positivi. Che chiediamo possa continuare anche dopo il ritorno alla normalità”.

GLI APPREZZAMENTI DI LANDINI

Il fatto che la “seconda volta’’ di Conte sia meglio della prima è una considerazione sicuramente condivisibile. Ma il leader della Cgil non si è limitato a questo paragone. Nelle poche righe che gli sono attribuite Landini fa uso di sostantivi, verbi ed aggettivi che raramente un sindacalista rivolge ad un governo: giudizio “molto positivo’’; ‘’una svolta’’; un migliore rapporto con le organizzazioni sindacali; ‘’risultati molto positivi’’ da continuare.

Nella sua relazione al Consiglio generale della Cisl persino Annamaria Furlan non è stata da meno: “l’Italia ha necessità, adesso, di un cambio di passo condiviso, per la ricucitura del paese. Gli italiani ed il lavoro hanno necessità di un futuro differente”.

Landini non si limita ad apprezzamenti di carattere generale; quando il confronto scende su temi specifici le lodi si sprecano. Soprattutto quando il governo si dichiara disponibile a superare, in materia di pensioni, la riforma Fornero. “Ci auguriamo – ha dichiarato il leader della Cgil dopo l’incontro con il ministro Nunzia Catalfo – che il confronto possa portare dei risultati concreti nell’immediato e che possa, una volta terminata la sperimentazione di ‘Quota 100’, ridefinire un sistema pensionistico più equo. Un sistema che valorizzi il lavoro delle donne e di cura, che consideri i lavoratori discontinui e coloro che svolgono un lavoro gravoso o usurante, i lavoratori precoci, che promuova l’adesione alla previdenza complementare e introduca per i più giovani una pensione contributiva di garanzia”.

COS’È SUCCESSO TRA SINDACATI E I GOVERNI D’ALEMA, PRODI E RENZI

Chi scrive si interessa – in varie forme anche dirette – di questioni sindacali. E, frugando nella memoria, stento a trovare giudizi tanto rassicuranti – da parte soprattutto di un segretario della Cgil – nei confronti di un esecutivo. Forse si possono reperire opinioni così generose (ma più meritate) nei confronti del governo Ciampi, ai tempi del Protocollo del luglio 1993; o, andando più indietro, verso il governo Dini che realizzò una riforma delle pensioni (invero importante) sotto dettatura dei sindacati. Neppure il governo di Massimo D’Alema, il primo e l’ultimo ex Pci ad entrare a Palazzo Chigi, ebbe vita facile (sono note che dure polemiche pubbliche con Sergio Cofferati).

Lo stesso Romano Prodi – a quanto si disse allora – fu costretto a minacciare le dimissioni del suo secondo governo se Guglielmo Epifani non avesse sottoscritto l’accordo del settembre 2006 abilmente condotto in porto da Cesare Damiano, titolare del Lavoro. E l’onesto Piero Fassino si vide costretto a chiedere all’elettorato di astenersi nel referendum per l’estensione dell’artico 18 sostenuto dalla Cgil. Per non parlare del governo Renzi al quale fu negata da Landini la patente che consentiva di ritenersi di sinistra. E che dovette scontarsi più volte con Susanna Camusso dalla quale non venne mai una parola di conforto.

LA LINEA DEL SINDACATO

Ma la cosa che più preoccupa è la linea che il sindacato rivendica e che Conte concede. Nelle attuali condizioni, infatti, per i sindacati è prioritaria la proroga della cig e del blocco dei licenziamenti individuali per motivi economici e di quelli collettivi per riduzione di personale, almeno fino a tutto l’anno in corso. Della stessa sostanza le posizioni della Confindustria: il vice presidente Maurizio Stirpe con delega alle relazioni industriali ha sostenuto che in parallelo al blocco dei licenziamenti deve continuare l’intervento della cig e che, nel momento del ripristino della normalità dei rapporti, dovranno essere previsti nuovi ammortizzatori. Cosa significa, in pratica, tutto ciò? I sindacati ricordano al governo di aver promesso, quando infuriava la pandemia, che nessuno avrebbe perso il lavoro: pertanto, se non arriva lo stipendio è necessario che lo Stato supplisca.

LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA

La Confindustria, dal canto suo, mette le mani avanti: le aziende sono obbligate per legge a mantenere organici in surplus rispetto al ridimensionamento dell’attività produttiva e all’incertezza degli ordinativi (a fronte di una assai poco lusinghiera proroga dello stata d’emergenza)? Provveda lo Stato alla loro tutela. E’ chiaro che il problema dell’occupazione deve essere affrontato con equilibrio e cautela. Attenzione però ad infilarsi stabilmente in una situazione senza uscita. Perché il 1° gennaio dell’anno prossimo i sindacati saranno ancora lì a chiedere altri sei mesi di blocco e avranno gioco facile a muoversi così.

Il combinato disposto tra la proroga della cig e il blocco dei licenziamenti fino, per ora, per tutto l’anno in corso rischia di incanalare l’economia su di un binario morto, da cui sarà estremamente complicato tornare alla normalità. Ma questo è il modo per sprecare risorse importanti (circa 4 miliardi per ogni mese di proroga) nell’imbalsamazione di posti che non ci sono più, anziché utilizzarle per crearne di nuovi, investendo nelle politiche attive del lavoro e nella riconversione professionale. Invece, le confederazioni completano il quadro cercando di ottenere dal governo un ulteriore utilizzo del sistema pensionistico alla stregua di un ammortizzatore sociale privilegiato. Per loro non è importante l’equilibrio del sistema pensionistico, ma le possibilità di allargare il più possibile il ‘’rifugio’’ nel pensionamento anticipato.

L’INTERVISTA DI GHISELLI (CGIL)

In una intervista a ‘’Pensione per tutti’’ Roberto Ghiselli, il segretario confederale responsabile delle politiche sociali della Cgil ha messo le carte in tavola: ‘’Le nostre principali proposte sono in realtà note ai più e ricomprendono: possibilità di andare in pensione dopo 62 anni a scelta del lavoratore o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età (si noti che oggi i requisiti sono pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a un anno in meno per le donne fino a tutto il 2026, ndr). Teniamo conto che questa flessibilità in uscita è sempre più sostenibile finanziariamente perché da ora in poi i futuri pensionati o saranno integralmente nel sistema contributivo o comunque la componente contributiva sarà largamente prevalente nel loro paniere previdenziale. Poi crediamo che le donne e chi ha fatto lavori di cura, come anche chi ha fatto lavori più pesanti, debbano poter andare in pensione prima o, a loro scelta, possano contare – ha proseguito – su un sistema di calcolo che consenta loro una pensione più alta. Inoltre crediamo fondamentale pensare ai giovani e a chi ha condizioni di lavoro povero, discontinuo o con bassa contribuzione, ed in questo caso chiediamo una “pensione contributiva di garanzia” che aiuti, solidalmente, chi ha avuto più difficoltà nel suo percorso lavorativo affinché possa raggiungere ugualmente una pensione almeno dignitosa”.

Che dire? I giovani noi li tuteliamo da pensionati. Salvini non tornerà al governo per lungo tempo o – ci auguriamo – mai più. Ma c’è qualcuno che non disdegna di raccogliere dal fango le sue proposte in tema di pensioni.

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