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Banca D'Italia

Ecco verità e bufale sul signoraggio. Parola di ex Bankitalia

L'analisi dell'editorialista Angelo De Mattia, per 40 anni in Bankitalia dove è stato anche segretario particolare del governatore Antonio Fazio

 

Nel contesto della crescita di informazioni tipiche dello sviluppo di «post-verità», è tornato in discussione, dopo una trasmissione televisiva su Rai 2 e a motivo di una scheda presentata in tale trasmissione, il tema del cosiddetto «signoraggio», come se non bastassero le gravissime approssimazioni di carattere complottistico sul franco Cfa, pronunciate dal vicepremier Luigi Di Maio. Come si può leggere nel sito della Banca d’Italia il «signoraggio» consiste nel flusso degli interessi che è generato dalle attività possedute in contropartita della messa in circolazione delle banconote e, più in generale, della base monetaria che comprende altre forme di emissione di moneta. Esercitando le funzioni di politica monetaria, le Banche centrali conseguono un reddito detto, appunto, monetario.

Originariamente, il «signoraggio» era dato dalla remunerazione del servizio che lo Stato prestava a chi portava dell’oro alla Zecca, per esempio, per far coniare una moneta. Con l’affermazione della carta-moneta e dell’attribuzione alle Banche centrali delle attribuzioni in materia di emissione, circolazione e distruzione delle banconote, il «signoraggio», nei termini anzidetti che vedono, da un lato, il costo di produzione delle banconote e, dall’altro, gli interessi come sopra generati, è di spettanza delle stesse Banche centrali.

La funzione di emissione è stata conferita a esse, proprio perché non può stare nelle mani del «principe» la decisione sulla spesa, sull’entrata e sulla creazione di banconote: deve sussistere, come la storia ha insegnato, un rapporto istituzionale di dialettica tra i suddetti soggetti. Nei bilanci, le Banche centrali hanno al passivo il valore delle banconote e all’attivo le attività che fruttano interessi (per esempio, per i prestiti erogati alle banche ordinarie, per l’acquisto di attività finanziarie, titoli e valute estere, etc.). Nel nostro caso, il reddito monetario, in base al Trattato Ue, viene conferito al Sistema europeo di banche centrali, con alla testa la Bce la quale, a sua volta, lo ridistribuisce alle Banche centrali nazionali secondo la percentuale della loro partecipazione alla stessa Bce.

Il reddito in questione è fondamentale per l’autonomia e indipendenza di questi Istituti e per l’attività svolta per la tutela del valore della moneta, nonché, più in generale, per la stabilità monetaria. Ma relativamente a tale introito, come agli altri redditi derivanti da investimenti non connessi alle funzioni di politica monetaria, la Banca (nel nostro caso Bankitalia) è soggetta al pagamento di imposte sulla base del bilancio annuale. Più in particolare, per quel che riguarda gli utili annuali, detratti, al massimo, il 20% per la riserva ordinaria, nonché una quota fino alla misura massima del 6% per i partecipanti al capitale e, fino al massimo del 20%, per la riserva straordinaria ed eventuali altri fondi speciali, l’ammontare restante è devoluto alla Stato (in generale, a seconda degli esercizi, l’introito complessivo del Tesoro può variare, come fin qui si è verificato, tra i 3 e i 4 miliardi).

Ciò rappresenta il bilanciamento di un reddito (monetario) che mira a soddisfare una pluralità di esigenze, tutte rispondenti a un interesse pubblico, da ultimo sulla base anche dell’accennata disciplina europea, come riconosciuto dalla Cassazione, sulla quale lo Stato è impegnato. Non è negativo, dunque, parlare di «signoraggio», né si può pretendere che le Banche centrali non siano criticabili: tutt’altro. Un’interlocuzione dialettica può essere anche utile. Bisogna, però, farlo, se si ritiene di svolgere questa funzione critica, con argomentazioni serie, avendo approfondito la materia. Naturalmente, il tema del ruolo delle Banche centrali è molto più ampio. Si tornerà, a breve, sul divorzio consensuale Tesoro-Banca d’Italia, che pure viene richiamato, impropriamente, nel dibattito confuso sul «signoraggio».

(articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

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