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Lanvin Group

Si realizzerà il sogno cinese di sbarcare nel mondo del lusso?

Mentre il fast fashion dell’e-commerce cinese Shein vola e punta agli Stati Uniti, il sogno del Lanvin Group di competere con i giganti del lusso Lvmh e Kering sembra sempre più sfumato. Fatti, dubbi e numeri

 

Il sogno della Cina di passare dall’essere il primo consumatore al mondo di beni di lusso a uno dei principali venditori è storia nota agli investitori.

L’ambizione non tanto segreta, infatti, è quella di competere un giorno con multinazionali del calibro di Lvmh e Kering, quotandosi finalmente in Borsa. Ma, come scrive Quartz, “il lusso è un settore sfuggente che [la Cina, ndr] non è ancora riuscita a decifrare” e poi ci sono svariate ragioni per cui la strada è tutta in salita.

Intanto, però, Shein, il gigante cinese del fast fashion che piace tanto ai giovanissimi, è stato valutato 100 miliardi di dollari e, grazie ai suoi profitti (non resi noti), intende espandersi negli Stati Uniti, che rappresentano circa un quarto del valore lordo della merce dell’azienda.

L’OSSESSIONE PER IL LUSSO

La Cina ha in mente già da tempo di entrare nell’Olimpo del lusso. Lvmh e Kering, due tra i 10 marchi di lusso più potenti del mondo, sono i rivali con cui Lanvin Group (ex Fosun Fashion Group, ramo del conglomerato cinese Fosun International) vorrebbe competere alla Borsa di New York.

L’ossessione dei consumatori cinesi per il lusso la dimostra il fatto che, secondo Bain & Co. citato da Quartz, questi “dovrebbero rappresentare la metà di tutta la spesa per il lusso entro il 2025”.

Tuttavia, una serie di ostacoli rischia di rimandare ancora la realizzazione del sogno cinese.

IL NO DI PECHINO

La speranza si era riaccesa con l’annuncio di Lanvin Group all’inizio dell’anno di volersi quotare a Wall Street, ma la decisione del governo cinese di bloccare le IPO sul mercato azionario americano ha subito raffreddato gli animi.

Adesso, invece, i piani sono vaghi e la presidentessa e Ceo del gruppo, Joann Cheng, ha dichiarato a Quartz il 13 settembre che non c’era ancora una data fissata.

I NUMERI DI LANVIN GROUP

Nella presentazione della sua quotazione, riferisce Quartz, il gruppo ha comunicato che il suo marchio di punta, l’omonimo brand parigino, è cresciuto del 103% rispetto all’anno precedente nei primi nove mesi del 2021. Per quanto riguarda il gruppo nel suo complesso, però, non ha condiviso i dati GAAP, elencando invece un numero proforma che valutava l’attività (per il valore d’impresa) a 1,5 miliardi di dollari, utilizzando cifre essenzialmente selezionate.

PERCHÉ (PER ORA) LANVIN GROUP NON CE LA PUÒ FARE

Ma se anche Lanvin Group superasse il no di Pechino gli interrogativi sulla sua capacità di realizzare i propri obiettivi abbondano, secondo Quartz.

All’innegabile mancanza di esperienza sia di Fosun International, conglomerato farmaceutico, immobiliare e turistico, e dello stesso Lanvin Group (né il Ceo né il Coo provengono dal settore fashion) si aggiungono i dubbi sulla posizione finanziaria proprio della società madre.

I DUBBI SU FOSUN

“Il mese scorso, – ricorda Quartz – l’agenzia di rating Moody’s ha declassato Fosun a causa dei suoi 40 miliardi di dollari di debito e dell’inasprimento delle condizioni economiche che complicherebbero la sua capacità di vendere attività per generare liquidità”.

“E questa settimana – prosegue l’articolo – le azioni di Fosun hanno subito un forte calo in seguito a una notizia di Bloomberg secondo cui le autorità di regolamentazione cinesi avrebbero dato istruzioni alle banche di esaminare attentamente la loro esposizione a Fosun, cosa che il direttore finanziario di Fosun ha definito ‘completamente falsa’”.

IL MOMENTO D’ORO DI SHEIN

Sta vivendo invece un momento d’oro, un altro gigante cinese, che però con il lusso ha ben poco a che fare. Shein, azienda privata di vendita online di fast fashion, fondata nel 2008 da Chris Xu a Nachino, non ha reso noti i dati di vendita recenti, riferisce il Wsj, ma è stata valutata 100 miliardi di dollari in un round di finanziamento all’inizio dell’anno, dopo aver raccolto fondi da investitori globali.

“Simon Irwin, analista del settore retail del Credit Suisse con sede a Londra, ha recentemente stimato che Shein ha realizzato vendite per circa 16 miliardi di dollari l’anno scorso”, si legge sul quotidiano.

Per fare un paragone con un altro colosso del fast fashion, Zara – secondo la società madre Inditex – ha generato un fatturato netto di 19,6 miliardi di euro. Shein, però, vende esclusivamente online e attualmente spedisce i suoi prodotti in oltre 150 Paesi.

I PROGETTI DI SHEIN NEGLI STATES

Gli Stati Uniti, afferma il Wsj, sono uno dei mercati più importanti per Shein e rappresentano circa un quarto del valore lordo della merce dell’azienda. Motivo per cui ha intenzione di espandersi proprio lì costruendo tre grandi centri di distribuzione per ridurre i tempi di spedizione.

Attualmente, infatti, i clienti devono attendere dai 10 ai 15 giorni per la consegna dei loro ordini. Un tempo infinito se confrontato con quello dei competitor Zara ed H&M, che hanno puntato sui loro negozi fisici per aiutare a evadere rapidamente gli ordini degli e-commerce. E questo, rischia di generare frustrazione nei giovani clienti assetati di abbigliamento e impazienti di sfidarsi a colpi di sfide su TikTok per mostrare i loro acquisti.

Inoltre, stando a quanto dichiarato al Wsj da George Chiao, presidente delle attività statunitensi di Shein, sono previste anche una serie di assunzioni nel Paese nei prossimi anni: “Entro il 2025 dovremmo avere ben più di diverse migliaia di dipendenti negli Stati Uniti”, ha detto.

A oggi la società conta più di 400 dipendenti negli Usa. Nel 2019 erano 15.

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